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Mario Monti e lo spread dispettoso

Monti ricorda al Wall Street Journal che con Berlusconi al governo lo spread tra Btp e Bund decennali sarebbe al 12%. Apriti cielo, Pdl in rivolta ma la Spending Review è legge: agosto si conferma un mese “caldo”…
A cura di Luca Spoldi
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Camera, fiducia al Governo Monti

Strano paese l’Italia e strano mercato: un paese storicamente diviso tra Guelfi e Ghibellini, tra Savonarola e la chiesa “unica, santa, cattolica e apostolica”, tra sostenitori del libero mercato e nostalgici dei “salotti buoni”, dove spesso si possono impunemente raccontar frottole per decenni promettendo milioni di posti di lavoro e “più pilu per tutti” per citare un noto comico (che a differenza di altri colleghi non scende per ora in politica) senza destare eccessivo scandalo, dove le verità possono essere taciute per anni per quieto vivere, ma se ti togli qualche sassolino dalle scarpe apriti cielo, inizia il processo alle intenzioni e le analisi “dietrologiche” tra opposte tifoserie e cori da stadio.

Chissà se lo avrà pensato anche Mario Monti, che in un’intervista senza peli sulla lingua al Wall Stret Journal ha ricordato che se ci fosse ancora al suo posto Silvio Berlusconi lo spread tra i rendimenti dei Btp e dei Bund non sarebbe come stasera di poco sotto il 4,5% (con un rendimento lordo per il titolo italiano del 5,97%), ma attorno al 12%. Una precisazione che fa indisporre un’ottantina di deputati del Pdl che votano contro la conversione in legge del decreto sulla Spending Review (che comunque viene approvato definitivamente con un’ampia maggioranza: 371 sì su 403 votanti) nonostante una nota della Presidenza del consiglio si affretti a precisare che “nella dichiarazione del premier Monti sullo spread, non c'era alcun riferimento diretto o polemico nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi” e che “si tratta di una stima fornita da Monti sullo spread a 1.200 derivante da una proiezione sul lungo periodo degli effetti della speculazione sul nostro paese se non si fossero dati segni di discontinuità”.

Del resto, per chi avesse la memoria corta, la nota di Palazzo Chigi ricorda come “da aprile a novembre 2011, lo spread passò da 150 punti a 550. Per questo motivo si ricorse a un esecutivo tecnico”. Intanto però qualcuno parla di “campagna elettorale lunga” che sarebbe già partita e che rischia di far ballare non poco i mercati finanziari italiani per i prossimi 6-9 mesi. Per questo si spera che la Bce trovi l’escamotage (il pretesto potrebbe essere fornito dalla richiesta ufficiale di aiuti comunitari non limitati al settore bancario da parte della Spagna, in cambio dell’adesione ad un a nuova serie di impegni che peraltro rischierebbero di allontanare ulteriormente la ripresa economica iberica) per tornare ad acquistare titoli di stato, anche solo a breve termine (dunque non oltre i 2 anni, poco meno dell’orizzonte residuo prima del previsto rientro dei fondi erogati alle banche con le due Ltro a 3 anni del novembre e febbraio scorso).

In verità di motivi per intervenire tanto la Bce quanto i singoli governi, ciascuno nel proprio ambito di competenza, ne avrebbero in abbondanza: ancora oggi l’Istat ha certificato che nel secondo trimestre il Pil italiano ha ceduto il 2,5% su base annua e che la riduzione acquisita (ossia se nel secondo semestre la variazione del Pil sarà nulla) è ora pari all’1,9% (ma ormai in molti prevedono che a fine anno il calo possa superare anche il 2%), mentre a giugno gli ordini alle industrie tedesche hanno registrato un calo dell’1,7% con in particolare gli ordini provenienti dall’Eurozona in calo del 4,9%. Col che forse le reazioni critiche alle parole di Monti dello scorso fine settimana nell’intervista su Der Spiegel che oggi riporta un'altra “autorevole testata” tedesca, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, potrebbero essere messe a tacere visto che è ormai evidente non solo che la Germania molto teme (anche a ragione) ma poco paga per il momento in questa crisi del debito, ma che continuando a rinviare una soluzione sistemica la crisi non potrà che peggiorare e intaccare anche le “virtù” dell’economia teutonica.

Mal comune nessun gaudio in questo caso e dunque c’è da sperare che i mercati vedano bene e che la Bce stia davvero per assumere quel ruolo di “pilota unico” che potrebbe conseguirle dall’assumere anche il controllo della futura unione bancaria europea (al posto dell’Eba, in cui molto più forte è, incidentalmente, l’influenza della Germania che l’unione bancaria per ora non ha alcun interesse ad ottenere dovendo prima sistemare i conti in casa delle proprie banche e casse rurali). Nel frattempo agosto sembra destinato a rimanere un mese con volumi di scambio minimi e volatilità alle stelle, più ideale per chi ha la capacità e possibilità di effettuare operazioni di trading o si diletta nel leggere i gossip finanziari di casa nostra, in questo momento concentrati sul destino di Mediobanca (attorno a cui sembrano essere riprese in grande stile schermaglie mai del tutto sopite tra i sostenitori del “mercato” e i beneficiari di rendite di posizione legate alla vecchia concezione “cucciana” del capitalismo familiare italiano in cui le azioni si pesano e non si contano), che non per chi vorrebbe capire che cosa il futuro riserverà a noi e ai nostri figli in ambito economico (e politico). Meglio forse staccare per qualche giorno e andare tutti in vacanza, in attesa dell’autunno e delle novità che arriveranno, come minimo dall’Europa e dagli Stati Uniti.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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