Marchionne: “Italia non è in grado di reagire, prenda esempio da Fiat”
“Non sopporto più di vedere gente con il gelato, barchette e cavolate. Voglio essere orgoglioso di essere italiano, di poter dire che siamo veramente bravi come gli altri perché lo siamo”. E’ duro il commento a dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che al Meeting di Cl di Rimini replica così agli attacchi all'Italia di questi ultimi giorni. Il riferimento è alla copertina dell’Economist, a cui anche Matteo Renzi ha risposto ieri a suo modo a margine del Cdm su giustizia e Sblocca-Italia. Dal manager arriva anche un giudizio sull’esecutivo. “Riponiamo massima fiducia nel governo, anche se fino a ora chi ha guidato il Paese si è scontrato con un muro di gomma. Risultati concreti se ne sono visti molto pochi, compromessi tanti”, dice Marchionne. E aggiunge: “Il presidente Renzi ha di fronte un ruolo arduo e ingrato. Appare coraggioso e determinato a fare le riforme e io l'ho incoraggiato a proseguire l'intento riformatore senza curarsi degli attacchi". Il numero uno del Lingotto afferma di appoggiarlo come già fatto con i suoi due predecessori Letta e Monti. “Se la sua agenda è di riforme per spingere il Paese avanti sono il primo ad appoggiarlo”.
L'analisi spietata di Marchionne
Ma l’analisi di Marchionne alla situazione economica attuale del Paese è spietata. “Saranno almeno 10 anni che dico che abbiamo bisogno di riforme e trasformazioni strutturali per recuperare il livello competitivo del Paese. Ma l’Italia non sembra capace di reagire”. E ancora: “Guardare un paese immobile e incapace di avviare un anche piccolo cambiamento è qualcosa di inconcepibile”, dice l’ad della Fiat. L'Italia vive "una recessione prolungata in condizioni che non sono più in grado di garantire competitività". Insomma, dice Marchionne, dal 2010 ad oggi "quello che non è cambiato è la misura della crisi che ha colpito l'Italia e l'Europa".
L'esempio Fiat
Secondo Marchionne, l’Italia dovrebbe prendere esempio dalla Fiat. Nello stesso periodo, infatti, è “cambiato radicalmente il gruppo Fiat, portando avanti il progetto di "integrazione industriale ma anche culturale" con Chrysler. "Quello che abbiamo fatto noi – ribadisce l’ad – è uno dei tanti esempi" di come reagire "ma dobbiamo avere la consapevolezza che abbiamo di fronte un Paese tutto da ricostruire". C’è bisogno di una "nuova fase di ricostruzione e rilancio nazionale", continua: le risorse per farlo, come "le qualità umane e culturali", non mancano.
Gli stabilimenti Fiat non chiudono
L’ad del Lingotto garantisce poi sul futuro degli stabilimenti italiani del Gruppo: “Lo abbiamo detto e lo ribadiamo ancora oggi che non intendiamo chiudere nessuno stabilimento in Italia accollandoci tutti i costi di una realtà operativa in perdita. Ci siamo impegnati a rivedere in modo radicale la strategia del gruppo puntando sull'alto di gamma per cui l'Italia può essere la base per la diffusione di veicoli in tutto il mondo. Quando abbiamo deciso di intrecciare il nostro destino con Chrysler, un'azienda in bancarotta, ci siamo giocati tutto: credibilità reputazione e io personalmente anche la carriera. Abbiamo rischiato di evidenziare in modo chiaro la fragilità della Fiat, senza nemmeno la sicurezza di una poltrona su cui atterrare se il progetto fosse fallito. E anche in Italia, se avessimo aspettato le condizioni di un sistema competitivo, non avremmo fatto assolutamente nulla. E invece abbiamo deciso di assumerci la nostra parte di rischio e responsabilità, abbiamo fatto delle scelte coraggiose di rottura con il passato, compresa quella di uscire da Confindustria per stabilire un rapporto negoziale diretto, siamo andati avanti, incuranti delle accuse e degli sgambetti, e da quasi 5 anni che stiamo progettando la rete industriale in Italia”.