video suggerito
video suggerito
Pensioni

Manovra 2025, cosa vuole fare Meloni su pensioni minime e Quota 41

Tra i dossier sul tavolo della prossima legge di Bilancio c’è il nodo pensioni. “La manovra aiuterà imprese e famiglie”, ha detto Meloni. Ma se le pensioni minime sono “una priorità del governo”, resta ancora da capire cosa si deciderà su Quota 41, su cui pesano ancora molte incognite.
A cura di Giulia Casula
0 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Da quando i lavori per la prossima legge di Bilancio sono cominciati, si è tornati a discutere del dossier pensioni. All'interno della maggioranza, la Lega è tornata a invocare Quota 41, l'uscita anticipata con 41 anni di contributi, mentre da Forza Italia è ripreso il pressing sulle pensioni minime.

Nel corso dell'intervista andata in onda su Rete 4 ieri sera, Giorgia Meloni ha ribadito che quella delle pensioni minime è "una delle priorità" del governo. "In generale le pensioni basse", ha precisato. "In questi due anni noi abbiamo lavorato per una rivalutazione piena di tutte le pensioni che arrivavano fino a 2.270 euro, garantendo che fossero adeguate pienamente al costo della vita, ma abbiamo fatto una rivalutazione al 120% per le pensioni minime, che sono cresciute in modo significativo. L'abbiamo fatto facendo crescere di meno le pensioni che erano molto alte, un'opera secondo me equa, che continueremo a fare perché sicuramente queste persone sono quelle che hanno maggiore bisogno di aiuto da parte dello Stato", ha aggiunto.

Palazzo Chigi però, si trova a dover fare i conti con la realtà dei fatti. Le nuove regole previste dal Patto di stabilità sul contenimento della spesa restringono i margini di manovra del governo che dovrà valutare come allocare le poche risorse disponibili.

Sembra confermato infatti, che la prossima legge di Bilancio potrà contare sui 20-25 miliardi. La gran parte di questi soldi sarà destinata a rinnovare le misure cardine della scorsa manovra, e cioè taglio del cuneo fiscale e Irpef a tre aliquote. "Noi avevamo poche risorse, le abbiamo concentrate su poche cose veramente importanti", ha sottolineato Meloni. "Basta con i bonus a pioggia, basta con i soldi gettati dalla finestra. Per noi era importante aiutare le imprese che assumevano, aiutare le imprese che assumono, aiutare i salari dei laboratori, i redditi delle famiglie, la salute dei cittadini".

Risultati che per la premier sono stati raggiunti come confermerebbero gli indicatori economici. "Noi siamo stati abituati per molti anni a un'Italia che era sempre un po' fanalino di coda nelle classifiche europee e macroeconomiche. Non è più questa la situazione oggi: noi vediamo un'Italia che cresce, secondo le stime della Commissione europea, più di quanto cresca l'Eurozona, più della Francia e più della Germania", ha detto la premier, sebbene l'Ufficio parlamentare di bilancio abbia attestato una crescita pari a quella francese e dell'area euro e comunque inferiore a quella spagnola.

Ad ogni modo, il governo pare intenzionato a proseguire secondo la linea intrapresa nella precedente sessione di bilancio e a dedicare le risorse a disposizione "nel sostegno alle imprese che assumono e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori", ha dichiarato Meloni.

Tuttavia, i soldi non basteranno per tutto, specie se si considera tutti gli altri interventi da finanziare, come ad esempio gli incentivi previsti per la Zes unica per tutto il Mezzogiorno. O ancora, l'Assegno unico su cui Meloni ha smentito le voci di una possibile cancellazione.

"Non solo io non ho alcuna intenzione di abolire l'Assegno unico, tutt'altro, lo sto difendendo, il governo lo sta difendendo. Noi l'abbiamo aumentato, 3 miliardi in più sull'assegno unico in questi anni, riguarda 6 milioni di famiglie", ha detto.

La coperta è corta e qualcosa sembra destinato a rimanere fuori. Secondo alcuni potrebbe trattarsi proprio della riforma del sistema pensionistico, nonostante l'apertura del Carroccio a una versione ‘light' di Quota 41. Oltre al ricalcolo dell'assegno interamente col contributivo, i tecnici del Mef starebbero valutando infatti di consentire l'uscita anticipata dal lavoro a condizione che si siano versati almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni.

Questi paletti renderebbero la misura sostenibile per le casse dello Stato, ma poco attraente per i potenziali destinatari, scoraggiati da criteri così ristrettivi. Com'è già accaduto con Quota 103, penalizzata dalle modifiche apportate,  alcuni potrebbero decidere di aspettare direttamente la pensione di anzianità, con un assegno più alto.

Finora, va detto, si tratta solamente di ipotesi, ma è indubbio che i prossimi saranno mesi frenetici per chi si muove tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre.

0 CONDIVISIONI
253 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views