L’Italia è il terzo Paese al mondo per debito pubblico pro capite: 62.700 dollari a testa
È una fotografia in gran parte già vista quella scattata dall'Ocse al nostro Paese nel rapporto "Uno Sguardo al Governo". I protagonisti noti sono il debito pubblico, la scarsa soddisfazione dei cittadini e la lentezza del sistema giudiziario. Ma sulla scena appaiono anche elementi positivi, come un sistema tra i più avanzati per il controllo degli appalti, una buona gestione delle risorse umane nella P.A e un miglioramento nella valutazione dell’impatto normativo.
Ciò che salta immediatamente agli occhi nel rapporto però, è il debito pro capite degli italiani, che ammonta a 62.667 dollari. A parità di potere d’acquisto con altri paesi, siamo il terzo paese più indebitato al mondo, dopo il Giappone (oltre 90mila dollari) e gli Usa (65mila circa) e contro una media Ocse di 53.600 dollari. La crescita di questo dato, che nel 2007 era di 37.441 dollari, procede da allora al passo di una media del +2,4% all'anno. Il debito è composto per l’81% da titoli di debito. Il deficit dei conti pubblici nel 2017 era al 2,4%, un po’ sopra la media Ocse (2,2%), ma nel 2018 era sceso al 2,1%.
Anche per quanto riguarda il debito pubblico l'Italia si posizione al terzo posto nel ranking internazionale, in questo caso pari al 152,9% nel 2017 e al 148% nel 2018 in base ai criteri Ocse (più ampi di quelli di Maastricht a cui siamo generalmente abituati), dopo il Giappone e la Grecia. La media dei Paesi industrializzati in questo caso è del 110%.
Gli italiani senza più fiducia nella democrazia
Tra i cittadini scarseggia la fiducia nella classe politica e nel suo operato, sono dati che l'Ocse segnala e che vanno oltre ogni colore politico dei governi. La fiducia nella classe politica è, in media, al 21% circa. Un livello considerato "minimo" secondo l'Ocse e che, insieme alla Grecia, ci distanzia ampiamente dalla media Ocse del 45%, con un calo di dieci punti rispetto al 2007. Su questo dato pesa anche la forte correlazione con la percezione della corruzione. Il nostro Paese è poi all'ultimo posto per la percezione della reattività del governo alle necessità delle persone. Solo il 10% dei cittadini pensa che le sue opinioni e i suoi bisogni incidano sulle decisioni prese dalle istituzioni. Questa percezione, inevitabilmente, si traduce in una scarsa fiducia nella democrazia e nel Parlamento.
L'Ocse fa notare che gli italiani, in media, sono meno soddisfatti rispetto ai agli altri cittadini di Stati Ocse per quanto riguarda i prioritari servizi pubblici: solo il 45% è contento della sanità (la media Ocse è al 70%), il 58% di noi apprezza il sistema di istruzione (la media Ocse è al 66%) e infine il sistema giudiziario è promosso solo dal 31% di noi contro il 56% medio Ocse.
La lentezza del sistema giudiziario
Capitolo giustizia: i tempi per attendere la conclusione di un processo si accorciano, ma i tempi sono ancora biblici. I giorni di attesa per la chiusura di una causa civile senza contenzioso sono in media 400, in Danimarca (che eccelle nella classifica) sono 21. Nel caso di un contenzioso tra le parti i tempi si allungano oltre i 500 giorni. Rispetto al 2016 però, si registra un miglioramento di 76 giorni. Per i casi amministrativi i tempi raggiungono invece un record: due anni e mezzo e in questo caso solo la Grecia fa peggio.
Il ruolo delle donne, tra luci e ombre
Nel nostro Parlamento la rappresentanza femminile è del 35,7%, un dato superiore alla media Ocse che invece è del 30,1%. Il dato scende sotto la media però, quando si parla di posizioni ministeriali: il 27,8% dei ministri in Italia è donna contro il 31% dell'Ocse. Se si guarda al "bilancio di genere", un dato che valuta la parità di genere in relazione alle decisioni in materia di bilancio, il punteggio italiano è molto basso: 0,24 contro 0,53 Ocse (1 è il livello massimo). Su quest'ultimo dato occorre però fare una precisazione: solo la metà dei Paesi Ocse ha introdotto la valutazione di questo dato e quindi mancano all'appello i dati di molti Paesi.
I dati positivi segnalati dall'Ocse
"Negli appalti l'Italia ha pratiche all'avanguardia per migliorarne la performance", scrive l’Ocse, sottolineando che l’Italia è uno dei cinque Paesi che ha un sistema di misurazione per paragonare il risultato delle aste pubbliche rispetto agli obiettivi. Il dato poco confortante del capitolo appalti è però la spesa pubblica, che è pari al 21% del totale contro il 29,1% Ocse.
Un miglioramento considerevole del nostro Paese è quello fatto in merito all'attuazione del Ria (il Regulatory Impact Assestment), che valuta l'impatto normativo di ogni Paese. Il punteggio dell'Italia è aumentato passando da 1,69 nel 2014 a 2,49 per la legislazione primaria e da 1,45 a 2,30 per la normativa subordinata.