I risultati 2016 e le prospettive tracciate dal nuovo piano industriale 2017-2021 di Leonardo (l’ex Finmeccanica) piacciono ad analisti e investitori, tanto che il titolo, in una seduta in cui la borsa di Milano ha perso oltre un punto percentuale, è riuscito a sfiorare il 4% di guadagno chiudendo a 12,25 euro per azione, con una capitalizzazione che torna sopra i 6,8 miliardi di euro, comunque una frazione rispetto a colossi come Boeing ( 109,6 miliardi di dollari), Northrop Grumman (43,4 miliardi di dollari), Airbus (52,8 miliardi di euro), Thales (18,9 miliardi di euro) o Bae Systems (19,5 miliardi di sterline).
I risultati raggiunti dal gruppo, che potrebbe avvantaggiarsi del possibile incremento delle spese per la difesa in Europa che alcuni analisti prevedono nel caso di un mutamento del ruolo della Nato e di nascita di un vero e proprio esercito europeo, sono comunque incoraggianti: l’esercizio 2016 si è chiuso con ricavi in calo dell’8% circa a 12 miliardi di euro, ma con un Ebita (margine operativo netto) positivo per 1,25 miliardi di euro circa (+4% su base annua) e un risultato netto ordinario superiore ai 500 milioni di euro, circa doppio rispetto ai 253 milioni del 2015, flussi di cassa operativi per circa 700 milioni di euro (contro i 307 milioni dell’anno prima) ed un indebitamento netto sceso da 3,3 a 2,8 miliardi.
Ancora più importante, nel corso dell’anno il gruppo ha acquisito circa 20 miliardi di nuovi ordini, portando il portafoglio ordini a 35 miliardi di euro, pari a quasi 3 anni di produzione. Risultati più che confortanti se si tiene conto che nell’anno si sono scontati impatti “significativamente negativi” del cambio euro/sterlina (la valuta britannica si è svalutata di circa un 20% dopo il referendum pro-Brexit di giugno, ndr) e un difficile contesto di alcuni mercati di riferimento in particolare a causa del “perdurare delle difficoltà nel segmento dell’Oil&Gas e in altri mercati dell’elicotteristica civile che hanno pesato in particolare sui ricavi”.
Col nuovo piano industriale approvato dal Cda, il gruppo guidato da Mauro Moretti (che potrebbe essere sostituito da Francesco Caio, attualmente ai vertici di Poste Italiane, con l’assemblea di bilancio prevista ai primi di maggio) punta a far crescere nuovamente i ricavi tra il 3% e il 5% medio annuo e arrivare ad un Ros (return on sales, redditività delle vendite) dell’11% contro il 10,4% attuale già a fine 2019. Per riuscirci il gruppo punterà ad aumentare ulteriormente l’efficienza industriale, anche attraverso l’unificazione dei sistemi informatici e una politica di “procurement” sempre più centralizzata.
Per le attività “core” Leonardo punta sulla crescita organica, grazie allo sviluppo “in ottica multi-purpose” dei propri centri di eccellenza, mentre per le attività “non core” si prevede un mix di partnership e acquisizioni (negli ultimi mesi Moretti aveva detto che sarebbero state concentrate in particolare Europa, “in vista del consolidamento della difesa europea”), in grado di garantire lo sviluppo a medio-lungo termine. In attesa di fare shopping, Leonardo non molla la presa sulla maxi-commessa canadese da 2,4 miliardi di dollari (estendibile fino a 4,7 miliardi) per la fornitura di 16 aerei per operazioni di ricerca e soccorso, vinta in dicembre da Airbus col C295W.
Il consorzio Spartan di cui il gruppo italiano fa parte e che proponeva il C-27J FWSAR ha infatti presentato alla corte federale canadese una domanda di revisione giudiziaria, chiedendo in sostanza che la decisione venga ribaltata a proprio favore, dato che il C295W sarebbe “inadatto a svolgere in sicurezza alcuni compiti di ricerca e soccorso e missioni chiave specificatamente richieste dal Canada stesso e avrebbe dovuto essere, quindi, squalificato”. La richiesta non sembra del tutto campata per aria e quindi una svolta positiva non è da escludere.
Nel frattempo, in vista di un anno di transizione che dovrebbe registrare ricavi sostanzialmente in linea con quelli del 2016, Leonardo potrebbe a breve ottenere un nuovo ordine in Cina per 46 elicotteri, che in aggiunta ai 52 già commissionati nel 2016 porterebbe a 98 il numero di velivoli acquistati da Pechino in pochi mesi. Un segnale incoraggiante anche perché, secondo gli analisti, il nuovo ordine dovrebbe riguardare in prevalenza macchine di media dimensione come l’AW139, con prezzi attorno ai 10-12 milioni di euro l’uno, per un valore vicino ai 500 milioni a fronte dei 3,1-3,2 miliardi che gli analisti prevedono possa fatturare la divisione elicotteristica nel corso dell’anno.