Lo spread? Che sarà mai, son tutte frottole! Peccato che lo spread (o sovra rendimento) è una misura di quanto più costoso sia il credito in Italia a causa dell’incertezza del quadro politico e della perdurante assenza di crescita a sua volta dovuta da un lato al continuo rinvio di qualsivoglia riforma strutturale e dall’altro al progressivo invecchiamento del paese. La borsa? Non dobbiamo farci condizionare dai mercati e dagli “speculatori”. Ma quando un paese sembra impegnato più a scambiarsi insulti, accuse e sberleffi che a proporre concrete alternative per far ripartire la crescita secondo voi cosa fanno degli investitori razionali? Si mettono alla finestra, ossia vendono tutto il vendibile. E infatti anche questo inizio di settimana vede Piazza Affari segnare un nuovo pesante calo, con l’indice Ftse Mib, calcolato sui 40 maggiori titoli del listino di Milano, che ha ceduto oggi il 4,5% mentre l’Ftse Italia All-Share (calcolato su tutti i titoli) ha chiuso a -4,27%.
Purtroppo ancora tre settimane ci separano dal voto del 24 e 25 febbraio e i sondaggi non invitano all’ottimismo, disegnando ogni giorno che passa una sorta di “Vietnam” in cui ogni parte scarica colpi contro gli avversari senza troppo curarsi dei “danni collaterali”, a partire da colui che per motivi anagrafici (76 anni suonati) e di coerenza (è dal 1994 che dice di voler cambiare l’Italia, di ridar spazio alle imprese, dal 1999 che ripete, a cadenza annua, di voler tagliare le tasse) avrebbe potuto astenersi dal partecipare nuovamente alla contesa, il padre-padrone del Pdl, nonché fondatore e proprietario del gruppo Fininvest-Mediaset, Silvio Berlusconi. Che sulla “abolizione” dell’Imu sulla prima casa (con tanto di “restituzione” di quanto pagato nel 2012) prova a giocarsi le ultime speranze di recuperare una parte del voto “di protesta” che sembra sempre più orientato verso il Movimento 5 stelle di Grillo (e in parte il raggruppamento “arancione” di Ingroia).
L’Imu non è in realtà restituibile ma al leader del Centrodestra italiano non interessa, in fondo, ricorda, lui l’Ici l’aveva abolita (prima di dover introdure proprio l’Imu per cercare di chiudere la falla nei conti pubblici che questa decisione aveva provocato). E poi basterebbe un bel condono “tombale”, idea in verità non originalissima visto che di condoni “tombali” è piena la recente storia fiscale di questo disgraziato paese troppo incline a credere alle favole e con una memoria da pesce rosso, che si resetta ogni 4 secondi. E ancora: Silvio Berlusconi propone “di vendere a prezzi contenuti case popolari alle famiglie che le abitano”, si opporrà “in tutti i modi” alla vendita di Alitalia ad Air France “perché l’Italia non perda la sua compagnia di bandiera” (ma non si era già opposto nel 2008 facendo saltare l’ingresso del gruppo francese e favorendo la discesa in campo della cordata di “imprenditori coraggiosi” organizzata da Intesa Sanpaolo che con quella mossa salvò, a detta di molti operatori, più Air One e i prestiti a lei concessi che la “compagnia di bandiera”?).
No, così non se ne esce: per far ripartire il paese (e magari recuperare la fiducia dei mercati finanziari, utili più come termometro della prevedibile salute economica del paese che come giudizio di valore assoluto) occorre lasciare da parte le battute ad effetto, dimenticarsi le favole, non inseguire le mille caste e lobbies in cui è diviso il paese e cercare semmai di far maturare l’elettorato, rinnovare il sistema produttivo incapace di assicurare lavoro ai nostri migliori laureati (nonostante l’Italia sia il paese che meno laureati riesce a produrre in tutta Europa e che anzi più di altri ne ha visto calare il numero in quest’ultimo decennio assistendo a una crescente fuga all'estero dei nostri migliori cervelli), ridare speranza alla generazione attuale e a quelle future. Per avere speranza occorre non avere paura, non rimanere attaccati al vecchio, non limitarsi a difendere gli “insider” e i loro “diritti inviolabili” e aprirsi al nuovo per cercare di governarlo.
A chi è abituato a ragionare continuando a guardare il passato sembreranno parole incomprensibili. A chi non vuole arrendersi né come investitore né come contribuente e cittadino italiano dovrebbe suonare come la sola ricetta a cui prestare ascolto. Sempre che qualcuno la proponga, prima che ad imporcela siano nuovamente i partner europei e i mercati finanziari, col rischio che ancora una volta vengano adottate, la prossima primavera, nuove misure “d’emergenza” destinate a pesare sui “soliti noti” e a risparmiare amici, clienti e parenti. Una storia vista troppe volte per non essere ricordata, persino da elettori italiani con la memoria da pesce rosso. Si spera.