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La Ue parla ad Atene perchè Roma capisca

Sarkozy, Merkel e Draghi convocano Papandreou per cercare di far mantenere alla Grecia i suoi impegni. Ma gli occhi di tutti sono puntati su Roma e Madrid.
A cura di Luca Spoldi
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Papandreou Merkel Sarkozy

La crisi del debito sovrano sembra un vecchio film su pellicola, di cui ogni giorno scorra un fotogramma: il problema è capire quale fotogramma potrà seguire l’ultimo. Se la scorsa settimana l’intesa raggiunta dai capi di governo Ue sembrava aver messo tutti più o meno d’accordo, con nuovi sacrifici chiesti alla Grecia che però in cambio vedeva alleviati di 100 miliardi di euro il peso dei suoi debiti, l’Italia e la Spagna osservate speciali e invitate a realizzare nel concreto le loro eterne promesse di riforma economica ma comunque rassicurate che gli acquisti di Btp e Bono sarebbero proseguiti da parte della Bce e tra Francia, Germania e Bce stessa sembrava essersi raggiungo un sostanziale accordo sul futuro ruolo dell’Efsf per gestire la crisi, con le banche del vecchio continente chiamate a ricapitalizzare per una cifra importante (106 miliardi) ma largamente inferiore alle previsioni delle principali banche d’affari (tra i 200 e i 300 miliardi), dopo solo pochi giorni i dubbi sembrano aver già corroso ogni speranza e a questo punto il rischio che il G20 che sta per iniziare a Cannes domani possa trasformarsi in una Waterloo per Eurolandia è concreto anche se non sono da escludere ulteriori colpi di scena.

Veniamo subito agli aspetti concreti: ieri Piazza Affari ha lasciato sul terreno tra il 6,13% e il 6,80% a livello di indici principali, ma per le blue chip del listino è andata molto peggio, con  i titoli finanziari letteralmente colati a picco (Intesa Sanpaolo ha perso il 15,8%, UniCredit il 12,44%, Fondiaria-Sai l’11,50%, Mps il 10,20% segnando un nuovo minimo storico, così come il Banco Popolare, terminato a -8,89%). E’ il caso di investire in questi titoli? Direi di no, se non per rapide operazioni di trading che vista la volatilità presente sui mercati andranno seguite letteralmente con l’occhio incollato agli schermi e chiuse rigorosamente in giornata, perché se si ha un guadagno meglio portarlo subito a casa e se si iniziano ad accumulare perdite meglio tagliarle immediatamente (ognuno potrà fissare una propria soglia obiettivo e chiudere le singole operazioni una volta superata tale soglia al rialzo o al ribasso, a seconda della propria capacità di sopportazione del rischio).

Si noti che data la forte esposizione sono state peraltro banche e assicurazioni francesi, olandesi e tedesche a segnare ieri alcuni dei risultati in assoluto peggiori, con Axa a -12,5%, Bnp Paribas a -12,9%, ING Groep a -14,4%, Societe Generale a -16,7% e Deutsche Bank a -8% messe molto peggio delle spagnole Banco Santander (-4,8%) e Bbva (-4%). Il che sembra significare che il mercato si fidi a questo punto della Spagna più che dell’Italia e forse della stessa Francia (e sicuramente più della Germania che della Francia).

Se le borse hanno pianto i titoli di stato non hanno certo riso: nonostante ulteriori acquisti della Bce tutti i titoli governativi dei “periferici” hanno visto quotazioni in calo, rendimenti in rialzo e spread che sono tornati ad allargarsi rispetto sia ai Bund tedeschi sia soprattutto ai T-bond americani (tornati ad essere percepiti come un “porto sicuro” e che quindi ieri hanno corso, col titolo a 10 anni che ormai rende solo l’1,98% e quello a trent’anni il 2,99%. Al contrario un Btp italiano rende sui 2 anni il 5,66% (un titolo greco di pari scadenza, che ormai vale meno della carta su cui è stampato, rende un teorico 91,3%, come dire che si pensa che non sarà rimborsato se non per una minima frazione, ben inferiore al 50% previsto dall’haircut proposto alle banche solo 8 giorni fa), sui 10 anni il 6,26%, sui trent’anni il 6,92% (l’Irlanda ha dovuto ricorrere agli aiuti Ue-Fmi-Bce quando il suo decennale era arrivato a offrire un rendimento al livello “insostenibile” del 7%). E’ il caso di investire in questi titoli? Forse sì, perché a differenza della Grecia che con 350 miliardi circa di debito pubblico sembra aver scelto di staccare autonomamente la spina e andare verso il default più rapidamente di quanto stavano cercando di “pilotarla” Francia e Germania (cosa che verosimilmente farà salire le perdite per le banche di questi due paesi ma non solo), l’Italia con 1.980 miliardi di debito non può essere lasciata fallire senza provocare a catena nell’ordine: un declassamento del rating sovrano della Francia (che in Italia ha interessi fortissimi e in crescita), una disintegrazione dell’euro, una nuova recessione mondiale che avrebbe effetti pesanti anche in Asia e in America (dove infatti i mercati azionari sono tornati ugualmente a perdere colpi).

Quindi chi ha coraggio potrebbe investire una porzione dei propri soldini in Btp italiani con scadenza tra i 2 e i 5 anni, garantendosi un interesse in termini reali (visto che l’inflazione è al 3% e che le prospettive macroeconomiche non portano a prevedere una forte accelerazione dell’economia) piuttosto interessante con un rischio che non è nullo ma è certamente minore che non investire in azioni o anche in obbligazioni bancarie o societarie (anche se molti analisti iniziano a guardare con interesse anche ai bond bancari in quanto generalmente offrono rendimenti superiori ai titoli di stato di pari durata). Da evitare ancora di esporsi su scadenze più lunghe data l’eccessiva volatilità.

Cosa potrà accadere ora? Non ho la sfera di cristallo ma immagino che oggi nell’incontro tra Papandreu, Merkel, Sarkozy e Mario Draghi (appena insediatosi ai vertici della Bce) i toni saranno accesi e si potrà arrivare alla minaccia del “tanto peggio, tanto meglio”, ossia ad un blocco degli aiuti Ue che a sua volta innescherebbe il default pressochè automaticamente. Non presente all'incontro, l'Italia sarà tuttavia una presenza fantasma ma a cui tutti penseranno proprio perchè il Belpaese è "too big to fail" ma deve fare qualcosa per evitare di correre rischi inutili e dannosi (tanto più con un'economia che sta già decellerando, come si è visto dai dati dell'Istat sulla disoccupazione di settembre). La prudenza degli investitori (banche in testa), più volte criticati per non aver offerto “spontaneamente” il proprio sostegno sembra aver avuto ancora una volta ragione, così non aspettatevi che per la Spagna e soprattutto l’Italia i problemi di Atene servano come scusa per evitare di prendere provvedimenti. L’attuale situazione è insostenibile, dovrebbe essere chiaro a tutti, e richiederà comunque dei cambiamenti: che questi passino per la rimozione dell’attuale classe dirigente e la sua sostituzione con volti ed idee nuove o attraverso il tentativo di cambiare tutto perché nulla cambi dipende da mille fattori, a partire dalla cultura di ciascun popolo. Di certo in questi giorni si deciderà molto più che il destino della piccola Grecia.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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