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La ripresa sarà lenta, ecco come approfittarne

La liquidità pompata nel sistema dalla Bce di Mario Draghi ha portato le aziende non a investire ma a riacquistare azioni e rinegoziare il debito. Una strategia che vale la pena di imitare se siete titolari di un mutuo a lunga scadenza…
A cura di Luca Spoldi
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Contrordine cari investitori: le mosse della Bce, pur avendo portato un fiume di liquidità sul mercato e apparentemente favorito una crescita degli utili trimestrali delle maggiori aziende europee (ed italiane) sopra le attese, non si è tradotta ancora in nuovi investimenti, se non frazionalmente, quanto piuttosto in riacquisti di azioni e debito da parte delle grandi corporation, che ancora scottate da quanto accadde nel 2009 approfittano dei tassi vicini o sotto zero (l’Euribor è negativo sia a un mese sia a tre mesi, nel primo caso avendo oggi toccato il -0,052%, nel secondo il -0,012%) per rinegoziare e allungare il proprio debito, che comunque continuano a tagliare.

Meno azioni vuol dire meno dividendi, meno debito e a condizioni più vantaggiose vuol ugualmente dire minori esborsi per interessi: in entrambi i casi dunque si preferisce ancora tagliare i costi (in questo caso finanziari) e rafforzare la struttura del capitale che non cercare di aumentare i ricavi per far crescere gli utili. Il perché le aziende siano così restie non è poi un segreto: nonostante tecnicamente la ripresa sia finalmente partita, anche in Italia, stiamo parlando di frazioni di Pil su base annua. La crisi della domanda, in Italia e in tutto il Sud Europa soffocata anche dall’inasprimento fiscale dovuto alla “cura tedesca”, perdura e le aziende preferiscono rinviare ancora, di trimestre in trimestre, ogni investimento produttivo.

Anche perché, come nota Alessandro Fugnoli di Kairos Partners nell’ultimo Il Rosso e il Nero, c’eravamo “tutti convinti, negli ultimi mesi, che l’euro debole avrebbe favorito la crescita delle esportazioni con tutte le conseguenze positive del caso”, ma a conti fatti non è avvenuto se non marginalmente. Anzi, eravamo “talmente convinti che siamo diventati ottimisti e abbiamo iniziato a consumare di più. Consumando di più abbiamo anche importato di più” mentre “le esportazioni, dal canto loro, non sono aumentate”. Il risultato, che a prima vista potrebbe apparire surreale, “è che, per adesso, abbiamo festeggiato una cosa che non si è verificata”.

Insomma, neanche il tempo di annunciarla che sulla ripresa è già calato il sipario? Non siamo così drastici: il secondo trimestre probabilmente apparirà anch’esso debole e magari “qualcuno comincerà a parlare di stagnazione. In realtà, smaltite le scorte, la situazione tornerà in equilibrio e l’ottimismo prevarrà di nuovo” scrive Fugnoli prevedendo che “se l’America, come è probabile, si riprenderà nella seconda parte dell’anno e se la Cina, come è verosimile, riaccelererà anch’essa, allora vedremo le esportazioni europee crescere sul serio” nel secondo semestre. Nel frattempo che, campa cavallo, la ripresa si faccia sentire concretamente anche in Italia, il suggerimento è, se potete, di imitare le grandi, medie e piccole aziende italiane e non e rinegoziare eventuali mutui o prestiti a lunga scadenza che abbiate sottoscritto.

L’ideale sarebbe poterli rinegoziare a tasso fisso, o con un tasso variabile con uno spread non troppo elevato e se possibile un “cap” per proteggersi da eventuali risalite dei tassi, che per ora appaiono probabili non prima dei prossimi 3-6 mesi se appunto la ripresa inizierà a manifestarsi in modo meno che evanescente dopo l’estate. Facendo qualche prova grazie ai più noti comparatori sul web, nel caso voleste accendere un nuovo mutuo a tasso fisso come surroga di un contratto esistente, per un immobile del valore di 200 mila euro a fronte del quale sia stato acceso un mutuo del valore di 100 mila euro paghereste attualmente tra il 2,5% e il 3,5% se sceglieste una scadenza a 10 anni, ovvero attorno al 2,7% se sceglieste una durata di 20 anni o di 30 anni.

Tutto sommato un’ottima soluzione visto che nel primo caso le vostre rate oscillerebbero tra i 940 e i 990 euro al mese, mentre a 20 anni si ridurrebbe attorno ai 540 euro al mese e su 30 anni la rata mensile calerebbe a poco più di 400 euro mensili. Il tutto ipotizzando come benchmark il tasso Irs di pari durata e uno spread attorno al 2%. Ovviamente optando per un tasso variabile le cose andrebbero ancora meglio, anche se il rischio sarebbe maggiore. Sui 10 anni paghereste tra l’1,8% e il 2,2% circa con rate tra i 910 e i 915 euro al mese (tasso di riferimento Euribor a 3 mesi con spread tra l’1,8% e il 2,15%); a 20 anni le offerte migliori oscillano tra l’1,6% e l’1,8% di tasso e le rate calerebbero a 485-495 euro al mese circa; infine a 30 anni potreste spuntare tassi tra l’1,8% e il 2,1% che equivarrebbero a importi tra i 360 e i 365 euro al mese.

Allettanti, ma alla fine risparmiare attorno ai 30-40 euro al mese col rischio dopo un anno o anche meno di veder salire, per diversi anni, tassi e costi potrebbe non valere la pena, a meno che non fissiate subito un “cap” (ossia un limite massimo al tasso variabile). In questo caso a 10 anni, con un “cap” al 4,45%, paghereste ora il 2,35% circa ossia 935 euro al mese; a 20 anni otterreste per il momento le stesse condizioni pagando così 520-525 euro al mese; infine a 30 anni ugualmente le condizioni non muterebbero se non marginalmente e voi verreste a pagare ora meno di 390 euro al mese. Notate come tutto sommato al momento non vi siano grandi differenze di costo né variando il tipo di tasso né la durata del contratto: ciò accade perché la curva dei tassi ha da tempo una pendenza minima, grazie all’azione delle banche centrali e in particolare, in Europa, della Bce.

Non rimarrà così in eterno, tuttavia: al progredire, presto o tardi che sia, della ripresa la curva tende normalmente ad assumere una maggiore pendenza, perché sconta la possibilità che nel medio-lungo termine l’inflazione si risollevi quanto meno dagli attuali minimi storici fino attorno o poco sopra il 2%, livello-soglia oltre il quale ogni banca centrale interviene sul mercato per calmierare i prezzi medesimi. Questa volta probabilmente tutte le banche centrali mostreranno più pazienza del solito, per consentire un graduale riassorbimento della disoccupazione, che resta alta (sia pure in modo diseguale) in tutta Europa. Motivo di più per approfittare del tempo a disposizione e pensare a come gestire consapevolmente i propri debiti (o a farne per comprare casa, eventualmente).

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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