Maledetta politica: tra il referendum sulla Brexit e quello sulla riforma costituzionale italiana, l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e l’incertezza sull’esito che il prossimo anno avranno le elezioni politiche in Germania e le presidenziali in Francia, gli investitori non sanno più dove girarsi.
Sul mercato obbligazionario, in particolare, le dichiarazioni odierne di Yves Mersch, governatore della Banque centrale du Luxembourg e membro del board della Banca centrale europea, e quelle di Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, hanno rafforzato l’attesa che la Bce possa prorogare solo per lo stretto necessario il programma di acquisto di bond sul mercato e che la riserva federale americana finisca con l’alzare i tassi a dicembre, per poi proseguire con la sua “normalizzazione” nel corso del 2017.
Sarà anche vero, come hanno commentato gli analisti di ING Groep, che “l’inflazione Usa (vista risalire al 2% nel corso del secondo trimestre del prossimo anno, ndr) non è più un’enorme preoccupazione per la Fed e non sarà di ostacolo alle prospettive di un rialzo dei tassi a dicembre”, incremento che poi “continuerà con un ritmo graduale nel 2017”.
E sarà anche vero, come ha spiegato Mersch che “le dimensioni del programma d’acquisto implicano che occorrerà del tempo” prima che lo stesso possa terminare, ma la precisazione che comunque gli stimoli straordinari voluti da Mario Draghi dovranno essere ritirati perché “un impegno permanente all’acquisto di bond, per esempio, fornirebbe gli incentivi sbagliati per il finanziamento della spesa pubblica”.
Ma certo qualcuno deve aver pensato che il rialzo dei tassi visto negli ultimi giorni sul mercato sia qui per restare e visto che chi ha comprato titoli di stato italiani negli ultimi due anni (ad esempio i fondi pensione) sta già leccandosi le ferite, la decisione di Vittoria Assicurazione di vendere una parte dei titoli di stato italiani in portafogli, così da monetizzare una plusvalenza di circa 40 milioni di euro, sembra indicativa del mutato clima sul mercato, in senso non favorevole ai Btp, col decennale che ormai rende il 2,10%, contro lo 0,28% del Bund decennale o l’1,6% del Bonos di pari durata.
Le continue tensioni politiche hanno anche pesato sull’attività di fusioni e acquisizioni in Italia, scese al termine dei primi nove mesi dell’anno a 10,7 miliardi di euro, dai 31,8 miliardi segnati nello stesso periodo dello scorso anno. Di questi 5 miliardi è la cifra spesa per acquisizioni da parte di società italiane (il dato dei nove mesi più debole dal 2011) mentre gli investitori stranieri hanno continuato a banchettare allegramente con marchi e attività “Made in Italy”, puntando in particolare su aziende orientate ai consumi ma anche su società di information technology, approfittando di valutazioni in calo (il rapporto enterprise value/Ebitda è calato in media a 9,8 volte, il minimo dal 2012).
Insomma, la parola d’ordine dei mercati è: comprare poco, pagando poco, vendere quando è possibile cercando di portare a casa plusvalenze. Se il buon giorno si vede dal mattino, il 2017 non sarà un anno facile per aziende e risparmiatori italiani. Se poi siete alla ricerca non di un investimento ma di un prestito, occhio che un mutuo ventennale per acquisto di prima casa costa al momento attorno all’1,6%-1,65% a tasso fisso, mentre a tasso variabile si paga ancora tra lo 0,8% e l’1%. Può sembrare allettante, ma tra pochi mesi potrebbe non esserlo più così tanto.