Chi aveva sperato in una Merkel indebolita dal risultato elettorale e per questo più “malleabile” all’idea di uscire dalla crisi che ancora attanaglia il Sud Europa attraverso una mutualizzazione del debito o la cessazione della politica di repressione fiscale si metta il cuore in pace. Il risultato delle urne galvanizza l'euro che torna sopra 1,352 contro dollaro e con la Csu/Cdu al 41,5% dei consensi (dal 33,8% del 2009), il miglior risultato degli ultimi 20 anni, la Spd al 25,7%, appena sopra il minimo storico del 23% di quattro anni fa, il calo dei Verdi all’8,4% (dall’11,9%) e il tracollo della Fpd (dal 14,6% al 4,8%) che assieme a Afd (al 4,7%) non ha superato il 5% e dunque non entrerà in parlamento, significano secondo l’unanimità degli analisti una sola cosa: che prevarrà il mantenimento dello status quo.
Il che non è detto sia necessariamente una maledizione per l’Italia e l’Europa in generale, ma certamente, come scrivono gli analisti di Credit Suisse in un commento stamane, il risultato sta a indicare che gli elettori tedeschi approvano “la gestione della Merkel della crisi europea, dicendole che il suo pragmatico approccio graduale è stato il giusto corso d’azione” (cosa indubitabile, almeno dal punto di vista tedesco, visto quanto accaduto in questi ultimi anni a livello macroeconomico). Superato brillantemente lo scoglio elettorale, la Merkel può tornare a occuparsi di Europa “con ulteriori aiuti per la Grecia e, potenzialmente, anche per il Portogallo e l’Irlanda”. La Merkel, ricordano gli esperti, “crede in aiuti in cambio di riforme strutturali per rendere la periferia (europea) più competitiva” e questa politica (fatta di aiuti in cambio di riforme) “è destinata a continuare”. Insomma: non illudetevi che Berlino consenta all'Italia di uscire dall'euro e di svalutare per far ripartire in modo “drogato” le sue imprese senza dover fare riforme di sorta.
In compenso una “grande coalizione” tra Cdu/Csu e Spd (che resta il più probabile esito in termini di alleanza di governo) “potrebbe essere un po’ amichevole riguardo la crescita quando si tratti di iniziative volte a sostenere l’attività economica nella periferia”, ma il risultato migliore delle attese del partito anti-euro (peraltro non arrivato a conquistare seggi in parlamento, ndr) “dovrebbe tenere a bada qualsiasi simpatia della Spd per politiche di mutualizzazione del debito”. Chi rischia di non vedere particolari benefici dall’esito elettorale di Berlino è la Bce di Mario Draghi: “quando si parla di unione bancaria è improbabile che il risultato delle elezioni tedesche porti ad accelerare le cose. La Merkel ha resistito alla creazione senza una modifica dei trattati di un’autorità centralizzata forte che avrebbe potuto decidere la chiusura di banche in difficoltà e finora ha resistito alla ricapitalizzazione diretta delle banche”.
Come al solito, concludono gli esperti, “alla fine i compromessi si troveranno, ma è improbabile che il risultato elettorale tedesco acceleri la velocità” del processo di unificazione bancaria (e fiscale). Insomma, dobbiamo rassegnarci a fare quelle benedette/maledette riforme di cui l’Italia più di altri paesi ha bisogno da anni ma che siccome causano a breve termine più difficoltà che benefici non sono state fatte quando c’era ancora la crescita, un ventennio fa, ed è difficile fare ora che di crescita non se ne vede da un ventennio (né si riesce a dare prospettive che inducano a prevederla per il prossimo futuro). Tuttavia non tutti gli analisti e investitori sono rassegnati ed anzi secondo Armando Carcaterra, direttore investimenti di Anima Sgr, c’è ancora del valore sia nei Btp italiani sia nelle azioni quotate a Milano, segno forse che il tessuto economico italiano, nonostante la crisi profonda, resiste e può trovare il modo di ripartire.
Il gestore in una nota che illustra la strategia di Anima Sgr spiega di restare dell’idea “che i titoli di stato italiani rappresentino per i fondi un investimento interessante soprattutto in prospettiva, guardando oltre alle turbolenze che potrebbero presentarsi nelle prossime settimane, quando determinanti saranno la stabilità del governo e la riduzione dell’incertezza. Di qui un giudizio neutrale/positivo”. Quanto all’azionario italiano, il giudizio “è positivo, ma occorre che non venga frenata la ripresa. Pensiamo, infatti, che questo mercato abbia margini di apprezzamento e che il 2013 si possa chiudere su livelli della borsa superiori a quelli attuali, a condizione però che si riesca a garantire la stabilità di governo, evitando un ritorno anticipato alle urne”. Fare riforme e restare agganciati alla ripresa graduale dell’Europa, dunque.
Del resto secondo Carcaterra “le ragioni alla base della sovraperformance dell’Europa, che si possono sintetizzare in miglioramento delle condizioni macroeconomiche, politica monetaria espansiva, maggiore attenzione al tema della crescita e giudizio più critico sull’austerity, siano strutturali e destinate a proseguire nei prossimi mesi”. Par di capire che qualcosa, forse, sta cambiando. Basterà non illudersi e continuare a sforzarsi perché il sistema capitalistico italiano, il suo modello di credito e la sua “sovrastruttura” burocratica e politica finalmente si adeguino. Anche per questo sarebbe ora di dare maggiore spazio ai giovani, non solo a parole, e mandare a casa un po’ di vecchi (di testa prima ancora che anagraficamente) che da troppo tempo fanno da tappo in tutti i settori dell’attività economica e politica del Belpaese. Ci riusciremo, Merkel permettendo?