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Guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina sta bloccando la ripresa dell’Italia, Istat: “Le cose possono peggiorare”

La guerra in Ucraina rischia di costare caro all’economia italiana: secondo il presidente dell’Istat potrebbe abbattere di circa 20 miliardi la crescita potenziale.
A cura di Giacomo Andreoli
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La guerra in Ucraina rischia di costare caro all'economia italiana. Secondo l'Istat l'impatto potrebbe superare lo 0,7% del Pil, quindi circa 18 miliardi di euro, frenando irrimediabilmente la crescita del Paese. A certificarlo è il presidente dell'Istituto di statistica Gian Carlo Blangiardo, che a Sky Tg 24 spiega come la previsione di arrivare il prossimo mese a un prodotto interno lordo pari a quello precedente alla pandemia non è più realistica.

Secondo Blangiardo c'è stato un vero e proprio "blocco nella speranza di ripresa" e ora, se le cose peggiorano, i valori di questo impatto negativo potrebbero diventare "decisamente più grandi". L'ultima previsione di crescita italiana per il 2022 risale al 10 febbraio ed è stata fatta dalla Commissione europea prima dello scoppio del conflitto. Bruxelles prevedeva allora un progresso del 4,1%, già in calo rispetto alle stime autunnale visto il caro-energia. Ora è probabile che la crescita si possa abbassare in modo sostanzioso, avvicinandosi al 3%.

Anche il livello dell'inflazione (arrivata a febbraio a un progresso del 5,7% su base annua) non è destinato a calare. "Come statistiche ufficiali – spiega Blangiardo- non siamo in grado di poter dare un'indicazione rispetto a qualcosa che non è sotto controllo, viviamo alla giornata". Tuttavia si dice convinto che "nulla fa sperare che le cose possano migliorare". Il caro-energia e il caro-materiale, dunque, spaventano molto gli analisti e difficilmente si intravedono spiragli positivi, a meno di grandi interventi da parte dell'Unione europea (le sole misure italiane possono fare ben poco a detta del nostro governo).

La Commissione Ue ha lanciato il suo RePowerEu. L'obiettivo, oltre a diversificare le importazioni e aumentare quelle di gas naturale liquefatto, è far crescere anche la produzione di biometano e idrogeno rinnovabile, nonché ridurre l'uso di combustibili fossili. Troppo poco per i Paesi del Mediterraneo, tra cui l'Italia. Secondo il premier Draghi servirebbe un mercato comune dell'energia con stoccaggi condivisi,  ma anche un tetto al prezzo di importazione del gas. C'è poi chi come il Movimento 5 stelle propone un Energy Recovery Fund, una sorta di nuovo Next Generation Eu con debito comune per affrontare i rincari.

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