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In 35 anni la Fiat ha ricevuto dallo Stato 7,6 miliardi di euro

Lo studio della Cgia di Mestre sull’azienda automobilistica dal 1977 ad oggi. Il Lingotto tra il 1990 e i giorni nostri, ha anche investito circa 6,2 miliardi.
A cura di Redazione
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Aiuti di Stato per 7,6 miliardi di euro in 35 anni. La stima è della Cgia di Mestre ed è approssimativa, ma il volume di denaro è realistico: "Un importo di tutto rispetto – spiega il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – che corrisponde agli aiuti erogati dallo Stato italiano alla Fiat a partire dal 1977.

“Una somma importante – continua – che comunque è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati dalla Fiat sui progetti per i quali ha ottenuto i 7,6 miliardi presi in considerazione. Va anche detto che gli aiuti più significativi sono avvenuti negli anni ’80, quando tutti i Governi dei Paesi occidentali sono intervenuti massicciamente per sostenere le proprie case automobilistiche”.

Il risultato di questa elaborazione non tiene conto di una parte importante di denaro pubblico speso per il Lingotto e per le altre aziende del gruppo, cioè gli ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né tiene conto degli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011. "In assoluto – spiega il centro studi dell'associazione artigiani piccole imprese di Mestre – l’investimento più importante è stato quello che si è reso necessario per la costruzione degli impianti produttivi di Melfi e Pratola Serra (1990-1995) che sono costati alle casse dello Stato quasi 1,28 mld di euro. Per contro, la Fiat ha investito in questo nuovo sito ben 2 miliardi di euro. Di un certo rilievo anche le ristrutturazioni che hanno interessato la Sata di Melfi (1997-2000) e l’Iveco di Foggia (2000-2003). Se nel primo intervento lo Stato ha investito 151 milioni di euro, nel secondo sono stati spesi 121,7 milioni di euro pubblici. La Fiat, comunque, per entrambi i siti ha messo sul tavolo una cifra complessiva di poco inferiore agli 895 milioni di euro.

“Da sempre – conclude Bortolussi – la politica italiana ha sempre guardato con grande attenzione e una certa indulgenza alla più grande industria privata italiana. Ora che soldi pubblici non ce ne sono più, ognuno deve correre con le proprie gambe e affrontare la concorrenza internazionale con i propri mezzi. Se, in una fase estremamente delicata come quella che stiamo vivendo, dovessimo perdere un marchio che ha fatto, nel bene e nel male, la storia industriale del Paese sarebbe un grave danno per tutta l’economia italiana”

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