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La crescita italiana accelera e il debito cala, ma potrebbe non durare

Il Pil italiano sale dello 0,3% nel terzo trimestre, in linea con Eurolandia, mentre il debito pubblico scende a 2.213 miliardi. Buone notizie per Matteo Renzi, ma gli analisti avvertono: sono segnali ancora deboli e che rischiano di avere vita breve se non si risolveranno i problemi strutturali italiani…
A cura di Luca Spoldi
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Le stelle si allineano per Matteo Renzi? A soli 19 giorni dalla consultazione referendaria italiana per il premier giungono due buone notizie, come da tempo non accadeva. In mattinata Eurostat e Istat hanno diffuso la stima relativa alla variazione nel terzo trimestre del 2016 del Prodotto interno lordo in Europa e in Italia e, sorpresa, nel “bel paese” il Pil corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% su base annua.

Il dato supera le attese del mercato (pari a +0,2% e +0,7% rispettivamente) e si allinea alla variazione trimestrale del Pil di Eurolandia (Ue-18), mentre resta distante dalla variazione annua (+1,6% la media di Eurolandia). Non solo: sempre oggi Banca d’Italia ha comunicato che a settembre il debito pubblico italiano è calato a 2.213 miliardi di euro, dai quasi 2.225 miliardi di fine agosto e questo è esattamente quello che serve per allontanare il sempre latente timore di un default sovrano, visto che il combinato disposto delle due notizie riducono il rapporto debito/Pil.

Un indizio è un indizio, due sono una coincidenza ma tre fanno una prova, si dice. In questo caso il terzo indizio che il vento stia di nuovo girando è data dalla decisione, giunta venerdì sera a mercati chiusi, da parte di Standard & Poor’s di confermare il rating sovrano italiano (a “BBB-”, l’ultimo gradino prima del “junk”) pur limando le previsioni di crescita all’1,1% per il 2016 e all’1,3% per il 2017.

Il fatto è che lo stesso governo ha scommesso su una crescita più modesta (+0,9% quest’anno, tra +1,1% e +1,2% l’anno prossimo) e lo stesso Istat oggi parla di una crescita acquisita per il 2016 (ossia se nell’ultimo trimestre la crescita fosse nulla) dello 0,7%, contro il +0,6% previsto lo scorso agosto. A questo punto Renzi incrocia le dita e fa il tifo per S&P’s, visto che per centrare le previsioni dell’agenzia di rating il Pil italiano dovrebbe continuare a crescere ed anzi accelerare ulteriormente in questo ultimo scorcio d’anno.

Con un Pil in accelerazione, sebbene minima e precaria, il governo potrebbe (forse) perdere il referendum senza per questo cadere il giorno dopo, cosa che a cascata potrebbe tranquillizzare i mercati per quanto riguarda la legge di Stabilità e il proseguo del processo di ristrutturazione e consolidamento del sistema bancario da permettere il varo delle ricapitalizzazioni previste (Mps, Unicredit, forse Banca Carige, probabilmente BpVi e Veneto Banca, per un totale che potrebbe superare i 20 miliardi di euro, praticamente l’equivalente di una manovra).

Naturalmente affidarsi allo “stellone” ha molti limiti: la ripresa tricolore si è riallineata alla velocità media europea per una “insolitamente forte ripresa dell’attività industriale, nonostante sondaggi economici abbastanza depressi”, col rischio che “la ripresa estiva abbia corto respiro”, hanno subito notato gli analisti di Morgan Stanley, che però non hanno potuto non notare come “i numeri dell’Italia, assieme a quelli di Germania, Francia e Spagna, suggeriscono  un rischio bilanciato per il Pil dell’Eurozona”.

Infatti come l’Italia anche la Francia ha mostrato segnali di miglioramento (+0,2% trimestrale da -0,1% precedente, ma +1,1% annuo contro il precedente +1,3%), mentre sia la Spagna (+0,7% trimestrale da +0,8%, +3,2% annuo da +3,4%) sia la Germania (+0,2% trimestrale da +0,4%, con una variazione annua che si conferma pari a +1,7%) hanno leggermente decelerato ed anche questo è grasso che cola per Renzi che potrebbe smorzare i toni populisti di chi continua a sostenere che la crisi italiana è colpa della “matrigna” Europa.

Tuttavia, al netto degli effetti che i dati potranno avere sull’esito del referendum e sulla durata del governo Renzi, appare chiaro che la crescita tendenziale dell’Italia resti esigua anche perché, come nota l’ufficio studi di Confcommercio (che ha confermato la previsione di una crescita dello 0,9% del Pil quest’anno e dell’1% l’anno venturo), “il tasso di investimento è ancora troppo distante dai valori pre-crisi e continuano a rimanere irrisolti alcuni nodi strutturali: eccesso di burocrazia, inefficienze della logistica ed eccesso di carico fiscale”.

La legge di Stabilità all’esame del parlamentocontiene qualche utile misura per mitigare le conseguenze di questi aspetti problematici” ammettono gli esperti di Confcommercio, “ma non interviene in modo generalizzato sulla riduzione dell’Irpef, che avrebbe invece potuto invertire il trend decrescente della fiducia di famiglie e imprese”. Insomma: anziché perdere tempo a twittare commenti entusiasti per i dati, Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan dovrebbero rimboccarsi le maniche per cercare di rafforzare la competitività dell’economia italiana e per abbassare le tasse.

Poichè questo rischierebbe di rimettere nuovamente la spesa previdenziale e quella assistenziale (e relativi eventuali provvedimenti per ridurle) sotto i riflettori, non se ne parlerà, probabilmente, prima della prossima primavera. Sempre se non sarà già tempo di elezioni anticipate.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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