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Opinioni

La Commissione Ue promuove l’Italia, con qualche riserva

La Commissione Ue promuove i piani di riasanamento dell’Italia, mentre bacchetta Francia e Spagna (e in parte la Germania). Nessuna nuova manovra per il Belpaese, ma i rendimenti dei titoli di stato non scendono per ora.
A cura di Luca Spoldi
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Olli Rehn

Una buona notizia. Volete prima la buona o la cattiva notizia di giornata? Partiamo dalla migliore: la Commissione Ue ha promosso gli forzi fatti dall’Italia per risanare i suoi conti, pur muovendo qualche appunto, mentre ha bacchettato Spagna e Francia, i cui piani di austerity non sembrano aver finora prodotto risultati tali da garantire il rispetto degli obiettivi stabiliti dal “fiscal compact” (che prevede tra le altre cose il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5% del Pil nel corso di un ciclo economico e fissa un percorso “virtuoso”, ma pericolosamente pro ciclico, di riduzione del debito/Pil, che deve calare ogni anno di un ventesimo della distanza tra il suo livello effettivo). Così mentre il vicepresidente della Commissione Ue (che oggi ha "bacchettato" perfino la Germania, chiedendo ulteriori tagli del deficit e il varo di nuove riforme nel mercato del lavoro e in settori chiave come quello finanziario, dei trasporti su rotaia e nei servizi), Olli Rehn, ha potuto dichiarare che l’Italia non ha bisogno di ulteriori manovre correttive ed anzi “raggiungerà l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 in termini strutturali” evento “positivo, oltre che sostanzialmente in linea con gli obiettivi fissati”, per Madrid e Parigi i commenti sono molto meno benevoli. Si noti che le previsioni della Commissione Ue tengono conto “del peggioramento delle previsioni di crescita” ed anzi Rehn ha sottolineato ripetutamente come l’Italia debba puntare con determinazione all’aumento “della sua potenzialità di crescita e a una maggiore occupazione”, visto “l’altissimo livello del debito pubblico”, superiore al 120% del Pil. Gli squilibri dei conti pubblici italiani, ha aggiunto Rehn, sono “seri: non eccessivi, ma devono essere gestiti”, prestando particolare attenzione “all’elevato indebitamento e agli sviluppi macroeconomici nel settore delle esportazioni” dato che “l’Italia ha perso competitività estera dall’adozione dell’euro” e dunque “rilanciare il potenziale di crescita deve essere una priorità”. Non potrei essere maggiormente d’accordo, così come trovo corretto l’accento posto dalla Commissione alla necessità per l’Italia di “adottare in via prioritaria la riforma del mercato del lavoro”. Il problema semmai è come debba essere tale riforma. Quella che il premier Mario Monti ha messo in cantiere sta provocando non poche perplessità e incontra forti resistenze e sebbene sia giudicata dalla Ue “sufficientemente ambiziosa” la stessa Commissione ricorda come in Italia si sconti “una pesante pressione fiscale sul lavoro” che “influenza negativamente la domanda e l’offerta”. Dunque ridurre il cuneo fiscale dovrebbe essere una precondizione a partire dalla quel procedere a “contrastare la segmentazione del mercato del lavoro e stabilire un sistema integrato di sussidi di disoccupazione”, ma una riduzione della pressione fiscale non sembra al momento nei radar del governo, che nonostante gli annunci sulla “spending review” sembra trovare difficile incidere realmente sulla spesa (fatto che non può sorprendere alcuno, in Italia e non solo).

Non dormire sugli allori. In ogni caso secondo la Commissione l’Italia non ha motivo di dormire su (eventuali) allori, anzi deve fare in modo di “assicurare che il deficit eccessivo sia corretto nel 2012” avviando il calo del debito “entro il 2013”. E se uno dei consigli di Bruxelles è quello di “ridurre il campo di applicazione delle esenzioni fiscali, delle indennità e delle aliquote ridotte dell’Iva”, il che significa un nuovo incremento della pressione fiscale, la Commissione sprona l’Italia ad avviare finalmente una semplificazione del codice fiscale italiano e a proseguire la lotta contro l’evasione fiscale, oltre a varare “ulteriori misure per spostare il carico fiscale dal capitale e dal lavoro verso la proprietà, i consumi e l’ambiente”. In aggiunta, oltre a riforme strutturali del mercato del lavoro, a un riequilibrio del fisco e a una sua semplificazione (ma non a una riduzione significativa del suo peso) e alla lotta agli evasori, Bruxelles chiede che venga affrontato  il problema di una “insoddisfacente qualità del sistema educativo e di formazione”, tuttora contraddistinto da “elevati livelli di abbandono scolastico”. E che venga finalmente eliminato quel “dualismo in termini di sviluppo economico fra il Nord e il Sud” d’Italia che “resta una preoccupazione”, con una “performance negativa del Sud” che Bruxelles imputa “alla sua incapacità di liberare il suo potenziale di lavoro”, come testimonierebbe il fatto che “la disoccupazione e la bassa partecipazione femminile sono concentrate nelle regioni del Sud”. In questo caso, per diretta esperienza, suggerirei ai tecnici di Bruxelles di passare a verificare con mano sul territorio prima di attribuire meriti e colpe in astratto, visto che troppo spesso l’incapacità di liberare il “potenziale di lavoro” non è da attribuire a chi il lavoro lo cerca ma a chi lo offre guardando solo al costo e non alle competenze (e troppo spesso neppure alle condizioni di sicurezza del luogo di lavoro né alla tutela dell’ambiente in cui le attività sono insediate, un problema che ormai ha assunto dimensioni nazionali come il terremoto in Emilia Romagna ha drammaticamente dimostrato in queste ore).

La notizia cattiva. Forse perché alla promozione italiana è seguita una sostanziale bocciatura della Spagna, il cui piano di austerity da 27 miliardi di euro non viene giudicato sufficiente a risanare il deficit spagnolo (che a fine 2011 si attestava all’8,9% del Pil), tanto che se Madrid non varerà nuove tasse e tagli alla spesa, avverte la Commissione, non riuscirà a centrare l’obiettivo di tagliare il deficit/Pil al 3% entro il 2013, come pure sostanzialmente della Francia (il cui rating “AAA” appare da tempo a rischio), cui la Commissione Ue ricorda che se l’obiettivo di un deficit/Pil del 4,4% quest’anno appare raggiungibile, resta “considerevole lo scarto rispetto alla soglia del 3%”, tanto che viene formalmente chiesto a Parigi di “precisare le misure necessarie per assicurare che il deficit sia riassorbito entro il 2013”. Bocciature che non piacciono ai mercati, così come non piacciono le tensioni sul sistema bancario spagnolo e le incertezze sulla permanenza della Grecia nell’euro (e sugli esiti del referendum irlandese sul fiscal compact), tanto che a fine giornata il rendimento sul Btp decennale guida risale sino quasi al 5,94% (17 punti base più di ieri), contro il 6,66% sfiorato dal Bonos decennale (21 punti base di aumento) e il 2,49% dell’Oat decennale (3 punti base di ribasso). Mentre il Bund tedesco, sempre più “porto sicuro” nonostante rendimenti reali (ossia al netto dell’inflazione) negativi, chiude la giornata con un rendimento dell’1,27%, in calo di altri 9 punti base.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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