Che gli italiani amino il mattone è noto da tempo, visto che il 73% delle famiglie italiane è proprietaria almeno di un’abitazione. Che il premier Matteo Renzi voglia dare priorità alla riduzione del carico fiscale sulla prima casa è altrettanto evidente, anche se da più parti si è osservato come la priorità dopo sette anni di recessione potrebbe e dovrebbe essere ridurre il carico fiscale sulle imprese, così da sostenere stabilmente gli investimenti, o sui consumi, duramente colpiti dalle misure di “austerità fiscale” fortemente volute dalla Germania come “cura” per i mali veri o presunti dei paesi del Sud Europa, per far riprendere i quali non basterà il bonus Irpef, come pure qualche studio sembra suggerire.
Quello che finora non appariva immediatamente chiaro era quale legame economico potesse esserci tra un modesto beneficio (il Nomisma lo stima in 17 euro al mese, mediamente) in termini di minori tasse da pagare che tra l’altro non interesserà tutti (visto che poco meno di un terzo delle famiglie, specie quelle formate da giovani o lavoratori a basso reddito, non possiede alcuna abitazione), e la ripresa. Prova a svelare il mistero un’analisi dell’agenzia Bloomberg, che nota come dai dati del secondo trimestre sia emerso come tra le componenti del Pil italiano è proprio il settore immobiliare l’unico ad aver accresciuto, rispetto al giugno 2014, il proprio peso percentuale. Questo significa che sia pure in modo non immediatamente percepibile è il mattone ad aver già incominciato a sostenere l’ancora gracile e incerta ripresa economica tricolore.
In particolare alla fine dei primi sei mesi dell’anno il contributo del settore immobiliare al Pil era salito al 14,2%, in crescita di 2,1 punti rispetto ai livelli pre-crisi (2007). Nessun altro settore ha messo a segno variazioni comparabili col secondo miglior incremento rappresentato da +0,7 punti percentuali della pubblica amministrazione (il cui peso è salito al 17,1%); il settore manifatturiero e delle costruzioni, secondo per importanza dopo il settore commerciale (il cui peso è calato dal 37,3% al 37,2%) ha visto anzi ridursi di 3,1 punti percentuali la sua incidenza, scendendo al 23,4%, mentre agricoltura (2,2%, contro il 2,1% del giugno 2014) e finanza (5,9% dal 5,6%) sono rimasti quasi del tutto immobili in questi ultimi otto anni.
Questo significa che non solo il mattone ha rappresentato, come già si sapeva, la percentuale più cospicua della ricchezza delle famiglie italiane, ma che semplicemente risiedendo in una casa di proprietà e non dovendo pagare l’affitto, o pagando un affitto inferiore ai tassi di mercato, gli italiani hanno contribuito ad oltre l’8% del Pil complessivo, una quota in crescita dal 7% degli anni pre-crisi. Una crisi che anziché, come in altri paesi, aver indotto le famiglie a cedere la propria casa, magari per accontentarsi di un alloggio più modesto o per diversificare maggiormente il proprio patrimonio, puntando su titoli di debito o asset azionari, sembra aver accentuato il legame degli italiani col mattone.
Il che parrebbe giustificare ampiamente, almeno dal punto di vista politico, la decisione di Renzi di ripensare l’ordine di priorità della sua agenda sul fisco. Prima la casa, poi tutto il resto, insomma, per rafforzare uno dei pochi puntelli alla ripresa che non sia venuto meno in questi anni. All’analista non resta che prendere atto, domandosi se, visto che il settore del commercio, “bersaglio” di una serie di incrementi d’imposta (Iva) e vittima della più generale crisi da domanda accentuata dalla misure di austerità fiscale già ricordate, è riuscito nel complesso a tenere, non sarebbe stato comunque più saggio provare a non calcare troppo la mano consentendo al settore di recuperare terreno più rapidamente.
Gli esperti di Bloomberg notano invece che la “resilienza” (ossia la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà) dei proprietari di casa italiani rientra in un più ampio rimescolamento della struttura dell’economia italiana, che negli ultimi anni ha comunque visto il valore dei servizi finanziari e assicurativi crescere di più durante la fase di recessione economica che ha portato al crollo del settore delle costruzioni e al collasso di quello manifatturiero. Eventi per riprendersi dai quali saranno necessari anni, rendendo ancor più fragile un’economia come quella italiana, già fortemente dipendente dalle esportazioni. La casa, insomma, è destinata a rimanere il “bene rifugio” per eccellenza delle famiglie italiane anche nei prossimi anni e potrà contribuire, si spera, alla ripresa economica.