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La Brexit non fa paura alle multinazionali, che continuano a investire in Gran Bretagna

La Brexit avrebbe dovuto mettere in fuga gli investitori, ma dagli Usa all’Asia le multinazionali continuano a fare shopping in Gran Bretagna. Fiducia nella capacità di Bank of England e del governo di Theresa May di evitare i danni peggiori o c’è chi scommette che la Brexit alla fine non ci sarà affatto?
A cura di Luca Spoldi
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Scherzi da post-Brexit: dopo sole tre settimane dal referendum che il 23 giugno scorso ha sancito la vittoria dei sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue Londra ha un nuovo governo, guidato da Theresa May e con vari esponenti pro-Brexit al suo interno, dal ministro per la Brexit David Davis a quello per il commercio internazionale Liam Fox fino al ministro degli esteri Boris Johnson, ex sindaco di Londra che ha usato la campagna pro-Brexit come grimaldello per tentare di conquistare la leadership conservatrice, solo per vedersi poi scavalcato dalla May.

Oltre ad un nuovo governo, che per ora si è ben guadato dall’attivare la procedura per dare corso effettivamente alla Brexit, in queste settimane il Regno Unito ha anche visto la Bank of England annunciare di essere pronta a usare il bazooka, ma poi astenersi dal farlo e tenere i tassi esattamente dove stavano già prima, ossia sullo 0,5% (anche se ha allentato i cordoni del credito). Infine la sterlina data per moribonda ha reagito all’assenza di immediati tagli dei tassi ed è rimbalzata dopo aver toccato un minimo di periodo a 1,2798 contro dollaro lo scorso 6 luglio ed attualmente oscilla a 1,327 (mentre contro euro si è riportata a 1,1977).

Gli analisti ciò nonostante prevedono che la valuta inglese tornerà a indebolirsi e chiuderà l’anno attorno a 1,24 contro dollaro, che l’economia britannica possa entrare in recessione già nel terzo (o nel quarto) trimestre dell’anno e che gli investitori ridurranno la loro esposizione causando un flusso di disinvestimenti netti. Disinvestimenti che per la verità non si vedono ancora, anzi: la banca americana Wells Fargo dovrebbe infatti acquistare per 300 milioni di sterline (quasi 400 milioni di dollari) un nuovo quartier generale a Londra, nel distretto della City.

L’edificio, noto come 33 Central, non sarà pronto prima del terzo trimestre del prossimo anno e potrà ospitar fino a 2.600 dipendenti, consentendo a Wells Fargo, che attualmente impiega 850 dipendenti sparsi in varie sedi nella capitale inglese, di concentrare e al tempo stesso ampliare la sua presenza nella City. Ma non è finita qui: il gruppo cinese Dalian Wanda Group ha infatti rilevato la scorsa settimana per 921 milioni di sterline (oltre 1,1 miliardi di euro) Odeon & Uci Cinemas Group, gruppo britannico proprietario della maggiore catena cinematografica in tutta Europa con 242 cinema e 2236 schermi.

A cedere è il gruppo di private equity Terra Firma Capital Partners, mentre l’acquirente è la controllata di Dalian Wanda Group Amc Entertainment, già gestore della catena di multisala Amc Theatres (seconda catena più grande al mondo dopo Regal Entertainment Group). A detta di Amc Theatres la debolezza della sterlina è stata una delle molle che hanno spinto il gruppo a rompere gli indugi e procedere con l’acquisizione.

Acquisizione ancora più rilevante è infine quella annunciata oggi dal gruppo hightech giapponese Softbank, che per 24,3 miliardi di sterline (circa 29,9 miliardi di euro) ha preso il controllo di Amr Holdings, produttore di microchip che sempre più equipaggiano dispositivi mobili come smartphone e tablet di Apple, Samsung e Qualcomm. Softbank ha già fatto sapere che manterrà il quartier generale di Amr a Cambridge e confermerà l’attuale top management, promettendo inoltre nuove assunzioni in Gran Bretagna. Un’acquisizione dunque molto “soft” che sembra non temere particolari ripercussioni negli anni a venire dovute alla Brexit.

Così alla fine il dubbio rimane: la Brexit deve ancora manifestare i suoi effetti peggiori e queste che stiamo vedendo sono le ultime grandi operazioni prima dell’inversione del ciclo economico, o la grande fuga di capitali non ci sarà, vuoi grazie alle misure che la banca centrale britannica è pronta a mettere in campo vuoi per il pragmatismo inglese che porterà il governo a cercare il miglior compromesso possibile nei negoziati con la Ue? O forse, sotto sotto, le grandi multinazionali mondiali, dagli Usa all’Asia, non credono che la Brexit si verificherà davvero?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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