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La Befana ha portato il carbone ai mercati finanziari

La Befana 2016 si rivela una giornata da dimenticare per i mercati finanziari mondiali, oggi tutti regolarmente aperti. Pesano incertezze economiche e geopolitiche crescenti in tutto il mondo…
A cura di Luca Spoldi
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La Befana 2016 porta il carbone ai mercati finanziari mondiali, oggi tutti regolarmente aperti. A complicare un quadro già teso per via dei deludenti dati macro cinesi che fanno temere a molti che la ripresa mondiale possa tornare a indebolirsi già nel corso dei prossimi mesi, con buona pace di chi vaticina ad ogni inizio anno un rafforzamento della crescita economica (che in Italia non si registra ormai da un quindicennio), oggi sono giunte notizie tra il negativo e il pessimo.

La Corea del Nord, ad esempio, ha fatto esplodere la sua prima bomba termonucleare all’idrogeno, provocando un terremoto di 5,1 di magnitudo a 19 chilometri dal Sungjibaegam, nei pressi di un sito militare per i test atomici. La notizia ha subito generato allarme in Giappone e negli Stati Uniti e si somma alla tensione, che resta elevata, tra Arabia Saudita e Iran in Medio Oriente.

Poi, a sorpresa, la banca centrale cinese ha fissato il tasso di riferimento giornaliero sullo yuan sui minimi dall’aprile 2011, di fatto svalutando nuovamente lo yuan stesso e questo ha portato la valuta cinese a cedere l’1,3% contro dollaro sul mercato di Hong Kong (e lo 0,6% a Shanghai), il peggior calo giornaliero dallo scorso agosto, quando Pechino aveva già svalutato una prima volta la sua divisa.

Come allora anche in questo caso si tratta di una mossa (che segue interventi “tampone” come gli acquisti sul mercato di azioni da parte dei principali fondi d’investimento controllati dallo stato e la proroga al divieto per gli azionisti di riferimento dal vendere le proprie partecipazioni anche dopo l’8 gennaio, quando sarebbe dovuto scadere il vincolo) tesa a sostenere una ripresa economica che fisiologicamente sta rallentando e rischia di non centrare neppure il target di una crescita del Pil del 6,5% a fine anno, già ridotta rispetto al 7% fissato per l’anno appena concluso (che a sua volta rappresentava il tasso più basso degli ultimi nove anni).

Le notizie provenienti dall’Asia hanno nuovamente schiantato i titoli del lusso, in Italia e in tutta Europa, ma è il braccio di ferro tra Arabia Saudita e Iran che preoccupa maggiormente il mercato, perché di fatto cancella ogni ipotesi di un accordo tra i paesi dell’Opec per arrivare a ridurre la produzione, già sovrabbondante rispetto alla domanda tanto che le scorte petrolifere stanno tornando a salire in tutto il mondo.

Così il greggio stasera cade a 34,59 dollari al barile (il Brend del Mare del Nord, scambiato all’Ice di Londra) ovvero a 34,34 dollari (il Wti texano scambiato sul Nymex di New York) cosa che può fare piacere agli automobilisti, persino quelli italiani, e alle aziende, ma impensierisce non poco gli investitori più esposto al settore petrolifero e del gas naturale (anche indirettamente, come nel caso di Deutsche Bank, tra le banche più esposte in tal senso).

Ultima ma non meno importante “cattiva notizia della giornata, un report degli analisti tecnici di Ubs ha segnalato che con buone probabilità il mercato azionario americano nel corso del 2016 potrebbe entrare in una fase “orso” e se Wall Street dovesse iniziare a perdere quota sarebbe difficile per le altre borse mondiali riuscire a salire ancora per molto tempo. Secondo gli analisti dopo un avvio d’anno negativo come quello a cui stiamo assistendo in questi giorni, potrebbe esservi spazio per un rimbalzo “selettivo” che riporterebbe l’indice S&P500 (stasera a quota 1.995 punti) in area 2.200-2.300 “nel migliore dei casi”. Poi le cose potrebbero farsi serie.

Osservando l’ulteriore incremento della volatilià / selettività a livello globale, spiegano gli esperti, e tenendo conto che da un punto di vista ciclico gli otto anni presidenziali hanno un track record negativo, l’indice S&P500 di Wall Street potrebbe toccare un massimo nel secondo trimestre dell’anno, per poi entrare in un mercato “orso”, col rischio di una correzione al ribasso tra il 20% e il 30% rispetto ai livelli attuali.

I minimi, nel caso dell’indice S&P500, dovrebbero essere raggiunti rapidamente, già a fine 2016 o agli inizi del 2017. Poi, forse, potrebbe iniziare una lenta risalita degli indici di borsa. Sempre che qualcosa non vada ulteriormente storto, dai tassi d’interesse al petrolio, dall’inflazione alla tenuta di singoli paesi o settori, sino allo scoppio di nuove tensioni geopolitiche più o meno acute.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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