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Opinioni

La Bce alza le stime, ma le mance spariscono

Tutto come previsto: la Bce lascia i tassi invariati e migliora le previsioni sull’andamento del Pil di Eurolandia, confermando le attese per un’inflazione sotto controllo. Nel frattempo in giro per il mondo cambiano le abitudini in termini di mance, che una conseguenza della crisi?
A cura di Luca Spoldi
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Lo ammetto: tra parlarvi della conferenza stampa di Mario Draghi e scegliere un argomento da “uomini di mondo” come il nuovo trend mondiale di abolizione delle mance ho optato per una via di mezzo, vi parlerà rapidamente del primo tema, importante per le borse e gli scenari macro, per poi fare qualche considerazione sul secondo, che forse può interessare più direttamente le nostre/vostre tasche. Parliamo della Bce e di Mario Draghi: la Banca centrale europea oggi non ha toccato i tassi ufficiali sull’euro (restati fermi sullo 0,5% per le operazioni di rifinanziamento principale, sull’1% per i rifinanziamenti a margine e sullo zero per i depositi overnight), né annunciato novità in materia di “misure non convenzionali” ossia i vari programmi d’acquisto di titoli sul mercato. Ma questa è una “non notizia” per i mercati, che infatti hanno reagito molto blandamente (con l’euro che ha perso terreno e le borse europee che hanno invece sono tornate a salire) più per la conferenza stampa di Draghi che per l’annuncio sui tassi.

Nella sua conferenza il banchiere centrale europeo ha infatti leggermente migliorato le stime sulla crescita del Pil dell’Eurozona per il 2013 (da -0,6% a -0,4%) ribadendo che l’inflazione resterà sotto controllo (i prezzi al consumo cresceranno dell’1,5% nel 2013 e dell’1,3% nel 2014) anche grazie all’atteso calo dei prezzi dell’energia, il che dovrebbe dirla lunga per quanto riguarda la “forza” della ripresa ventura che è destinata, e Draghi lo sa bene, a rimanere modesta e a macchie di leopardo (a dispetto di chi spera in una ripresa mondiale che faccia da traino e teme anzi che possa generare una fiammata inflazionistica, entrambe ipotesi fuori dai radar per ora). Il tutto consentirà alla Bce di mantenere i tassi sui livelli attuali “per tutto il tempo necessario” al consolidamento della ripresa europea (campa cavallo), il che è una buona notizia ora che alcuni analisti, come quelli di Societe Generale, iniziano a temere che dato che l’economia Usa “ha girato l’angolo”, la Federal Reserve possa accelerare il “tapering” smettendo di acquistare T-bond già da marzo-aprile del prossimo anno (per poi iniziare gradualmente a rialzare i tassi dopo la metà del 2015).

Altra buona notizia, anzi anticipazione, Draghi l’ha data parlando di futura unione bancaria europea: a giorni dovrebbero arrivare “novità positive” per quanto riguarda il Single Supervisory Mechanism (SSM), mentre a metà ottobre la Bce dovrebbe spiegare i criteri che verranno adottati per effettuare l’asset-quality review, ossia lo stress test che verrà condotto sui 130 maggiori istituti europei il prossimo anno. Infine Parlando del ruolo di supervisore unico bancario della Bce (un tema, ha voluto sottolineare Draghi, sul quale c’è identità di vedute con la Bundesbank), l’ex numero uno di Via Nazionale ha precisato che la Bce non potrà decidere se una banca dovrà essere messa in liquidazione o meno e che chi aveva così interpretato le parole di ieri di Joerg Asmussen, ex viceministro delle Finanze di Berlino ed attuale componente del board della Bce, ha pertanto “equivocato” (mentre eventuali nuovi aiuti “condizionati” alla Grecia e all’Irlanda nel caso non fossero in grado di tornare a collocare bond sul mercato dopo il 2014 saranno decisi, ha concluso il banchiere, dall’Eurogruppo, senza che la Bce possa concedere ulteriori “sconti” ad Atene o Dublino).

Tutti temi importanti, in grado di condizionare i mercati e indirettamente mantenere stabili (o far salire) i tassi sia sui titoli di stato (i Bund decennali sono già tornati attorno al 2%, i Btp attorno al 4,47%-4,50%, sicché anche se lo spread si sta leggermente restringendo per il Tesoro il rischio di un nuovo aumento del costo di rifinanziamento del debito è concreto) sia su prestiti e mutui che le banche concedono e concederanno in futuro. Ma tutto sommato niente di nuovo sotto questo cielo, sicché vorrei segnalarvi un tema molto più “mondano” che forse può interessarvi se vi troverete ad uscire a cena o andrete in vacanza all’estero (o anche in Italia): la mancia. Sinora negli Stati Uniti era pressoché un “dovere morale” lasciarla (solitamente attorno al 10%-15% del conto totale), ma da qualche tempo si starebbe diffondendo la “moda”, di ispirazione giapponese (dove la mancia non è mai stata prevista), di non lasciare nulla di mancia. Anzi alcuni esercenti hanno iniziato a segnalare, nel menù, che i clienti non sono tenuti a erogare mance al personale in quanto è già “ricompensato pienamente le sue prestazioni grazie allo stipendio”.

Apriti cielo, negli Usa è subito nata una polemica tra chi appoggia la novità ritenendo la mancia un vezzo medioevale che nulla c’entra con la moderna economia capitalistica e chi invece sostiene che essa è un sistema che garantisce la qualità del servizio dato che introduce un elemento variabile nella paga del lavoratore che è direttamente commisurato alla qualità del servizio offerto. Intanto in Spagna, dove pure fino a qualche anno fa era pressoché obbligatorio lasciarla in percentuale al conto, quest’estate ho notato di persona che nessuno o quasi la lasciava, forse per colpa della crisi. In Francia, dove pure vigeva l’abitudine di lasciare da mezzo euro a un paio di euro oltre al conto convenuto, l’usanza sembra reggere, ma non in tutti i locali e non in tutte le località. In Germania e nei paesi del Nord Europa si è sempre lasciata ampia libertà al cliente se dare mance o meno, così come in Inghilterra: non essendovi stato di recente sarò contento se un lettore mi informerà sulle abitudini attuali, così da potermi mostrare “uomo di mondo” alla prossima occasione. L’economia in fondo è una scienza sociale e anche sapere se e quando lasciare una mancia può fare una (piccola) differenza, non credete?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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