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La banche volano in borsa: c’è chi crede che il peggio sia alle spalle

Le scommesse sulla permanenza della Gran Bretagna nella Ue e alcuni segnali positivi in arrivo da Banco Popolare, Ubi Banca e Mps fanno correre i titoli bancari italiani in borsa. Il peggio, per qualche investitore, potrebbe essere alle spalle…
A cura di Luca Spoldi
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Settore bancario euforico a Piazza Affari, proprio mentre in Gran Bretagna sono aperte (sino alle 23 locali) le urne per votare a favore del rimanere o dell’uscire dall’Unione europea. Come mai tanto entusiasmo? In parte sicuramente perché gli investitori sono convinti che ormai il vento sia girato e la “Brexit” sia un pericolo scampato, tale per cui sugli asset a rischio (in particolare sui titoli finanziari, che dalla “Brexit” e dal conseguente previsto intervento delle banche centrali per inondare il sistema di liquidità avrebbero avuto più da perdere che da guadagnare), come già ieri spiegava il Credit Suisse, possono tornare a riversarsi cospicui flussi di investimenti.

In parte però è anche perché forse il punto di svolta è stato raggiunto anche per quanto riguarda la crisi del settore creditizio italiano, da tempo conclamata. Se anche Veneto Banca ha visto sostanzialmente andata deserta l’offerta ai soci esistenti di nuovi titoli a 0,1 euro l’uno (in realtà hanno aderito soci per circa il 2,22% del totale, ossia per un controvalore di 22,2 milioni di euro in tutto a fronte di 1 miliardo di euro di aumento), e salvo colpi di scena da qui alle 12.30 di domani, quando si chiuderà anche l’offerta riservata agli istituzionali (che non dovrebbero intervenire, come già non intervennero in Banca popolare di Vicenza), a rilevare i titoli inoptati e sottoscrivere i restanti 977,7 milioni di euro di aumento sarà il fondo Atlante, lo scenario sembra meno preoccupante rispetto solo a un mese fa.

Atlante, che ha avuto il preventivo benestare dalla Bce ad assumere il controllo di Veneto Banca, potrebbe infatti decidere di operare da investitore di venture capital vero e proprio, ristrutturando l’attività di BpVi e Veneto Banca e, magari, procedendo a quella fusione che avevano cercato di realizzare già gli ex vertici dei due istituti, nel frattempo finiti sotto inchiesta, senza approdare a nulla. Non solo: sempre in tema di aumenti di capitale, Banco Popolare, “promesso sposo” di Bpm, ha centrato il bersaglio e, grazie anche alla regia di Mediobanca, ha visto adesioni pari al 99,377% per quanto riguarda il proprio aumento di capitale da 1 miliardo di euro. Piazzare i diritti rimasti inoptati sarà un gioco da ragazzo e questo garantirà il rafforzamento patrimoniale che la Bce ha ritenuto necessario prima di procedere all’integrazione con Bpm, che dunque ha ora la strada spianata e potrebbe essere portata a termine entro la fine dell’anno o a inizio 2016.

E ancora: Ubi Banca, altra popolare tenuta costantemente d’occhio da mercato e autorità, è pronta a presentare il nuovo piano industriale lunedì prossimo. Dalle indiscrezioni già diffuse si sa che dovrebbe essere prevista la chiusura di 290-300 sportelli (il 20% circa degli attuali 1.560 sportelli di cui si compone la rete di Ubi Banca), di cui 150 già entro l’anno. Si creerebbero circa 2 mila esuberi, ridotti a 1.300 grazie alla prevista assunzione nell’arco del piano di 700 nuovi dipendenti, un numero che si cercherà di gestire su base volontaria ma che secondo gli analisti di Equita Sim potrebbe generare un costo elevato, alla luce delle riduzioni e dei tagli già realizzati negli ultimi anni “che rendono più oneroso consentire al personale di accedere ai fondi” esubero, a parità delle altre condizioni.

Oltre a imbracciare le cesoie l’amministratore delegato Victor Messiah aveva preannunciato di voler intervenire sul modello organizzativo e sulla struttura e così sarà: i sette marchi territoriali (Popolare di Bergamo, Banco di Brescia, Commercio e Industria, Regionale Europea, Popolare di Ancona, Carime e Valle Camonica) dovrebbero sparire per essere sostituiti da cinque aree geografiche, mentre la struttura di controllo verrebbe riorganizzata, come era da attendersi dopo la diffusione dei “Panama Papers” che ha finto col tirare in ballo l’istituto che avrebbe giocato un ruolo di snodo per l’esportazione di capitali italiani verso paradisi fiscali. Infine a livello di azionariato, CR Cuneo dovrebbe emergere come primo socio ma con solo il 5,5%, seguito dalla fondazione Monte Lombardia col 3,6%: di fatto una situazione fluida che consente di ipotizzare una futura aggregazione che possa passare dalle parti anche di Bergamo e Brescia.

Se in Lombardia i cantieri stanno per aprirsi, in Toscana non si sono mai chiusi e stasera il Monte dei Paschi di Siena ha annunciato un ulteriore piccolo passo nella giusta direzione, ossia la cessione pro soluto e in blocco di un portafoglio di crediti “non performing” (Npl) originato dalla controllata Consum.it e composto da oltre 40 mila posizioni, per un valore nominale di circa 290 milioni (circa 350 milioni includendo gli interessi di mora e/o altri addebiti ceduti assieme ai crediti medesimi) a Kruk Group, società polacca specializzata nel recupero crediti attiva nel mercato dei crediti in sofferenza europeo, finora attiva prevalentemente in Est Europa, Spagna e Germania ma di recente sbarcata anche in Italia con l’acquisizione di prodotti “consumer”.

L’operazione di Siena è in linea col piano industriale 2015-2018, che prevede la cessione complessiva di circa 5,5 miliardi di euro di crediti in sofferenza, di cui circa 2 miliardi già realizzati nel 2015 e circa un miliardo da portare a termine entro fine anno, ma il gruppo si dice impegnato “nell’accelerare e nell’incrementare il piano di dismissioni, nel rispetto dei requisiti regolamentari”, per cui non è detto che ulteriori pacchetti non possano trovare un loro sbocco su un mercato che resta ancora molto limitato e frammentato eppure inizia a crescere, condizione indispensabile per sperare di “scongelare” gli oltre 200 miliardi di sofferenze lorde tuttora nei portafogli delle banche italiane.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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