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Iva, Irpef, Ires: il gioco delle tre carte

Per rinviare di 3 (o 6) mesi l’aumento dell’Iva il governo porta gli “acconti” Irpef, Ires e sulle imposte su conti correnti e depositi al 100% ed oltre. Non si faceva prima ad emettere un miliardo in più di Bot, Ctz o Btp?
A cura di Luca Spoldi
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Iniziamo dalla notizia buona: la Banca d’Italia ha fatto sapere ieri che nell’asta riservata agli specialisti sono stati collocati altri 1,05 miliardi di euro di Ctz scadenza 30 giugno 2015 (a fronte di richieste per oltre 2,47 miliardi) oltre che ulteriori 76,4 milioni di Btp€i scadenza 15 settembre 2018 (le richieste erano pari a oltre 132 milioni) e altri 73,5 milioni abbondanti di Btp€i scadenza 15 settembre 2026 (a fronte di una domanda pari a oltre 217 milioni). E siccome questo tipo di aste propone lo stesso identico rendimento segnato nell’asta vera e propria del giorno precedente, i rendimenti evidentemente non sono cambiati e sono dunque pari al 2,403% per il Ctz (il massimo dal settembre 2012), al 2,91% per il Btp indicizzato all’inflazione europea che scade nel 2018 e al 3,75% per il titolo che sarà rimborsato nel 2026.

Ora la cattiva notizia: per non far aumentare di un punto percentuale l’Iva dal 21% al 22% dal primo luglio (l’aumento scatterà comunque dal primo ottobre, salvo che in Parlamento non si riesca a trovare il modo, ossia le coperture, per farlo slittare definitivamente al primo gennaio 2013) il governo guidato da Enrico Letta, che tra mille fanfare ha anche annunciatoun decreto legge per migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, aumentare l’occupazione, soprattutto quella giovanile, sostenere le famiglie in difficoltà in grado, secondo il ministro del Welfare Enrico Giovannini, di produrre complessivamente “200 mila soggetti attivabili, di cui 100 mila a tempo indeterminato” (notare come si eviti di dire “200 mila posti di lavoro”, forse per evitare sgradevoli accostamento a quel famoso “milione di posti di lavoro” che qualche decennio fa l’ex premier Silvio Berlusconi aveva promesso e che non si è mai visto), ha previsto come copertura per reperire il miliardo che questo slittamento “costa” in termini di minori entrate future (non se ne trova traccia nel comunicato stampa di Palazzo Chigi ma solo nella bozza di entrata del decreto legge) l’applicazione alle sigarette elettroniche (parti di ricambio comprese) di “un’imposta di consumo nella misura pari al 58,5% del prezzo di vendita al pubblico”.

I tabaccai (e i Monopoli di Stato), che in questi mesi avevano assistito a un crollo delle vendite di tabacco e sigarette, ringraziano per l’eliminazione del pericoloso concorrente. Io che non sono fumatore resto del tutto indifferente, molti tra voi che invece eravate passati alla sigaretta elettronica potete sempre pensare di essere, in piccolo, dei “salvatori della patria” se la cosa vi solleva (perdonate l’ironia). Ma non è finita qui: si è pensato bene, per maggiore tranquillità (vuoi vedere che qualcuno di voi dovesse decidere di togliersi il vizio del fumo per motivi economici) di elevare di un punto la percentuale gli “acconti” su Irpef e Ires. Che volete che sia, un misero punto percentuale, no? Peccato che l’Irpef prevedesse già un “acconto” del 99%, per cui “l’acconto” sale ora al 100%, mentre l’Ires fosse già al 100% e quindi salga al 101% L’anno prossimo che si farà: si restituiranno i soldi versati in più o si emetteranno Bot frazionabili sino ad un importo minimo di 10 euro, come rimborso? O semplicemente “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”? Mistero.

Ma sorridete: forse perchè le banche sono state così “generosamente”, come vuole la vulgata popolare, aiutate (nota a margine: grazie a un accordo raggiunto nella notte a Bruxelles d’ora in poi quando fallirà una banca europea a rimetterci saranno in prima battuta gli azionisti, poi gli obbligazionisti, infine i depositi, fatti salvi quelli sotto i centomila euro che restano garantiti da una direttiva europea, il tutto però in modo “flessibile” perché tra la Germania che voleva regole uguali per tutti e la Gran Bretagna che puntava i piedi perché ciascuno stato decidesse per conto suo si è, appunto, dovuto trovare un compromesso), le banche italiane dovranno versare come “anticipo” il 110% delle trattenute su conti correnti e depositi. Verrebbe da aggiungere: e l’anno prossimo tutti in sella alla bersagliera, come Fantozzi! Non so a voi o ai miei più autorevoli colleghi che da oggi proveranno a capirci qualcosa di più, ma a me pare che se si fosse chiesto un prestito forzoso come “ai bei tempi di una volta”, o si fosse introdotta una nuova tassa chiamandola “tassa sui sogni” (o sull’ignoranza) si sarebbe fatta più bella figura.

Se poi qualcuno di voi collega la prima notizia alla seconda e prova a fare due più due, magari avrà come il sottoscritto il sospetto che alla fine della fiera ci si sarebbe potuti impegnare un poco di più collocando un miliardo extra di Ctz o Bot a sei mesi (ieri ne hanno collocati per 8 miliardi, oggi ci sarà l’asta supplementare) o titoli a più lunga scadenza in base alla convenienza per il Tesoro in termini di tassi e duration. Ehi, ma la Ue ci guarda!, dirà qualcuno. Siamo seri per favore: il Tesoro precisa a inizio anno e poi trimestre per trimestre il calendario di emissioni fermo restando che nel corso del trimestre “potranno altresì essere emessi ulteriori nuovi titoli sulla base delle condizioni dei mercati finanziari”. Lo si poteva fare nei mesi scorsi quando i tassi scendevano, se veramente si voleva spostare l’incremento dell’Iva di 3 o 6 mesi; lo si può fare ora, se ci fosse un serio piano di taglio alla spesa improduttiva (che non sia solo la spesa per investimenti, magari ai danni dell’istruzione, così da evitare di fare risparmi di cassa sulla pelle dei nostri figli). Ma il piano non c’è, le clientele e lobbies sono tutte in allarme e pronte all’ultima grande battaglia, quella per la difesa strenua dei “diritti” o “rendite di posizione” (a seconda di come preferiate chiamarle) conquistate nel corso dei decenni. E’ più facile aumentare gli “acconti” no? L’anno prossimo ci penseremo.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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