Forse hanno ragione loro, i “burocrati di Stato ipergarantiti a vita” come li definisce il professor Carlo Albergo Carnevale Maffè su Twitter, che governano l’Italia grazie ad un’asserita competenza “tecnica” che dovrebbe loro consentire di trarre il paese fuori dalle secche dove almeno 20 anni di governi di Centrodestra e Centrosinistra l’hanno portato per propria insipienza, conflitto d’interesse o clamoroso errore ideologico e da cui proviene il “continuo appello ai giovani perché accettino l’incertezza economica” segnalato da Carnevale Maffè. Ma sì, forse davvero gli italiani (giovani e non) sono “sfigati” e “choosy” (schizzinosi), forse dovrebbero accontentarsi ancora di più di avere governanti che non riescono a far di meglio che alzare continuamente le tasse senza mai riuscire a tagliare la spesa in modo incisivo e razionale (non con tagli orizzontali ma con una vera “spending review” che tagli le unghie alle mille lobbies nazionali e locali che stanno dissanguando il paese da decenni), di imprenditori che non sembrano più in grado di innovare prodotti e servizi e si limitano a fare battaglie per ridurre il costo del lavoro (che incide mediamente per il 6%-7% del fatturato totale, quando il fisco pesa mediamente oltre il 50% e le inefficienze, evasioni e corruzioni varie almeno un altro 5%-10%), di banche che usano ogni scusa (la necessità di rafforzare il patrimonio, il rischio insito nell’attuale scenario macro) per fare “repricing”, ossia far pagare di più gli stessi servizi di prima, ben guardandosi dal farsi troppa concorrenza.
Ma sì, signora ministro Elsa Fornero, forse lei ha voluto dare uno sprone, uno stimolo, per evitare che ai 45-48 mila laureati e dottorandi che ogni anno continuano a lasciare l’Italia (anche dopo la crisi del 2008-2009, che pure ha colpito tutto il mondo, non solo il Belpaese) per andare a fare ricerca e lavorare all’estero, così facendo creando all’estero nuova ricchezza (e sottraendo redditi al fisco italiano, fortuna loro ma problema nostro), se ne possano sommare altrettanti, visto che a fine agosto la disoccupazione giovanile (15-24enni), ci ricorda quel covo di “sfigati” comunistoidi dell’Istat, era pari al 34,5%, mentre il tasso di inattività si attestava al 36,3%. La colpa sarà certamente loro, dei “bambaccioni” sfigati che non si accontentano, che magari da laureati pretenderebbero di svolgere altro che non una mansione da operatore di call center, o commesso, o aspirante venditore porta a porta. Magari persino venendo regolarmente contrattualizzati e non mantenuti in nero o in forme di para-precariato di cui il mercato del lavoro italiano si è andato arricchendo mentre chi optava per forme di flessibilità veniva sistematicamente penalizzato come ricorda una ricerca della Sda Bocconi (altro covo di schizzinosi comunistoidi, di cui peraltro il premier Mario Monti dovrebbe serbare qualche ricordo).
Qualcuno poi mi spiegherà perché gli italiani debbano sentirsi fare predicozzi di continuo da esponenti della casta, da ipergarantiti che hanno già regolarmente sistemato la propria di discendenza (per carità, siamo certi che i figli dei “tecnici” saranno a loro volta eccellenti tecnici, avendo potuto godere di così luminose guide negli anni della propria formazione), perché debbano accettare gli inviti ad essere più intraprendenti da parte di coloro che non riescono o non sanno o non vogliono muovere un dito per modificare le sempre più grottesche regole di un “capitalismo familiare” all’italiana tutto basato sulle relazioni (senza le quali non si ottengono né crediti né opportunità professionali di alto livello) che scimmiotta il capitalismo vero, quello in grado di produrre uomini come Steve “stay hungry, stay foolish” Jobs ed aziende come Apple, perché insomma possano solo optare se sopportare tutto questo con rassegnazione o se prendere il passaporto e andarsene, come un secolo fa facevano i loro nonni e bisnonni (che però vivevano in un’Italia contadina e operaia, arretrata, povera di capitali e risorse).
Già che ci siete mi spiegate anche perché occorre continuare a far finta che tutto vada bene, che la crisi “sta per finire”, che la ripresa è alle porte, forse per la seconda metà del 2013 forse prima, forse persino sotto Natale (c’è sempre chi crede ai miracoli, certo…)? A me non pare a giudicare dagli ultimi dati dell’Istat che ci dicono come anche a settembre entrambi i flussi commerciali italiani con l’estero registrino una diminuzione rispetto al mese precedente, “più marcata per le importazioni (-4,3%) che per le esportazioni (-2,0%)”. Il che non è un dato positivo, come qualche analista potrebbe ingenuamente (o in mala fede) credere, visto che sta ad indicare come in un mondo che sta rallentando la domanda interna stia crollando ancora più rapidamente di quella internazionale sotto i colpi della duplice stretta creditizia e fiscale in atto in Italia (e infatti le importazioni di beni di consumo durevoli calano dell’12,6%, quelle di prodotti intermedi del 9,3%, quelle di beni strumentali del 5,2%, mentre dalla flessione congiunturale delle esportazioni si salvano i beni di consumo durevoli, +4,1%, e i prodotti intermedi, +0,3%). Così, a occhio, si direbbe che gli italiani tutti più che “choosy” stiano tirando la cinghia e si preparino a farlo ancora per parecchio tempo, ma naturalmente la signora ministro Fornero potrà avere dati più precisi in grado di fornire un’interpretazione migliore e più corretta di quella del sottoscritto. Me lo augurerei io per primo, sempre che questa ennesima polemica non sia legata solo all’avvicinarsi delle elezioni della prossima primavera.