Verrebbe da dire: siate seri, per favore. Assumere espressioni costernate oggi, 9 ottobre 2012, e affermare che la recessione incombe, dopo che l’Fmi ha tagliato nuovamente le proprie stime sull’andamento della crescita mondiale per il 2013 è ridicolo, dopo che da almeno un anno e mezzo segnali di allarme erano stati lanciati ripetutamente non tanto e non solo dallo scrivente e dai suoi colleghi analisti ed economisti più o meno celebri al grande pubblico, quanto dalla “realtà”. Una realtà con cui il mondo politico italiano (ma troppo spesso anche quello manageriale e imprenditoriale) fa sempre più fatica a confrontarsi, perché, guarda un po’ che sfrontatezza, non si piega ai desideri, modelli o semplici panzane che politici, tecnici, manager e imprenditori tricolori (non solo loro, ovviamente) sono abituati a sparare sui principali mezzi di “informazione” di massa (che troppi di quegli stessi politici, tecnici, manager e imprenditori considerano solo utili strumenti di propaganda), per far dimenticare che troppe volte la realtà è il frutto anche se non soprattutto di loro errori di valutazione e di gestione, di interessi privati anteposti a quelli generali, di corruzione o semplice incompetenza.
Chiunque abbia un’attività commerciale o industriale si era accorto da un pezzo che in Italia, ma anche in Europa e sempre più persino in America e in Asia le cose non andavano affatto bene e non era solo colpa dell'euro come si prova penosamente a far credere ora per lavarsi velocemente le mani. Le testimonianze “ex post”, come i dati dell’Istat che oggi confermano un calo del Pil italiano nel secondo trimestre dell’anno pari allo 0,8% (rivedendo leggermente al ribasso sia l’andamento delle importazioni, -0,5% contro una stima iniziale di -0,4%, sia le esportazioni, +0,1% contro il +0,2% precedente segno che la “ricetta tedesca” funziona sempre meno) e danno per acquisito ormai un calo del 2% del Pil nell’arco dell’intero 2012 servono solo a dire, magra consolazione, che chi temeva ci si stesse avviando verso un “decennio perduto” alla giapponese (l’ennesimo, visto che il Pil non cresce in termini significativi da oltre 15 anni in Italia) ha sempre più motivi di temerlo e chi sperava che bastasse fare sfoggio di virtù e proclamare la propria fede nello “stellone” italico e nell’incrollabile volontà di imprese e lavoratori italiani ha sempre meno motivi per crederci fino in fondo.
Nulla è perduto a priori, naturalmente, ma continuare così come ora non fa gli interessi del paese ma solo di una parte del paese. Chi? Ad esempio il sistema bancario, che continua a indebitarsi a tassi bassissimi presso la Bce o sul mercato (l’Euribor a tre mesi segna ripetuti minimi storici ed è ormai pari allo 0,212%, ma difficilmente se ne accorgeranno quei pochi, sempre meno, che ottengono mutui a tassi variabili dalle banche, visto che ad ogni riduzione dell’Euribor solitamente crescono gli spread applicati dagli istituti e il prezzo per il mutuatario non cala, se non aumenta addirittura) e poi investe in Btp e Bonos (il decennale italiano oggi oscilla sul 5,085% di rendimento lordo annuo, il titolo spagnolo è addirittura al 6,095%) rassicurato dalla determinazione della Bce di fornire un aiuto illimitato per quanto “condizionato” (all’osservanza di ulteriori pre-condizioni stabilite di comune accordo con tutti gli altri paesi della Ue), non certo nell’economia reale. Col risultato che, secondo gli ultimi dati Bankitalia, ad agosto i finanziamenti al settore privato sono risultati in calo su base annua dello 0,2% dopo il +0,5% messo a segno ancora a luglio.
A soffrire del credit crunch che assieme alla “stretta fiscale” (da cui si sottrae per il momento solo la Chiesa, guarda un po’) acuisce nell’immediato la recessione, nella speranza che a medio-lungo termine si diventi tutti un poco più virtuosi ed efficienti, sono sia i prestiti alle famiglie, cresciuti su base annua dello 0,4% ad agosto dal +0,6% del mese precedente, sia soprattutto i prestiti alle imprese, in decisa caduta: -1,9% su base annua contro il -1,0% di luglio. Nel frattempo, ma questo è un segnale di riequilibrio positivo che non è detto possa proseguire all’infinito, sul fronte della raccolta i depositi del settore privato crescono del 3,5% (sempre su base annua), dopo il +2,2% segnato nel mese precedente. Qualche altro segnale incoraggiante viene dal numero crescente di fonti alternative al credito bancario di cui sembrano poter disporre famiglie e imprese.
Se queste ultime vedono tornare gradualmente a crescere gli investimenti da parte di operatori di private equity (persino in Italia, dove operano intermediari come Vertis Sgr, tra i più attivi in queste settimane nel concludere accordi per finanziare alcune tra le più promettenti start up italiane), le famiglie italiane vedono offrirsi sempre più servizi un tempo svolti esclusivamente da banche da altri operatori come Bancoposta, Lottomatica (la cui carta prepagata, Lottomaticard, ha tutte le funzioni di carta di credito) e forse in un futuro non troppo lontano anche da gruppi come Google o Amazon (che intanto stanno già offrendo carte di credito alle proprie aziende clienti). Attenzione però: questi segnali vanno colti, bisogna saper adeguare il proprio stile di consumo, di gestione finanziaria, tenere d’occhio e capire fino in fondo i vantaggi e gli svantaggi delle nuove tecnologie. Tutte cose ottime da fare a livello personale, che sarebbe indispensabile monitorasse costantemente uno stato che vuole garantire alla propria economia e dunque ai propri cittadini/elettori/contribuenti un avvenire. Perché ho la curiosa sensazione che su questo punto in Italia resti molto da lavorare? Forse perché conosco molti imprenditori, tecnici, manager e politici, purtroppo?