Italia, terra di santi, poeti, navigatori e aziende a saldo che attirano l’attenzione di concorrenti e grandi fondi d’investimento ma anche potenziale “terreno di gioco” di un confronto economico sempre più serrato tra Russia e Stati Uniti tanto più dopo le tensioni create dalla riannessione della Crimea alla Federazione Russa. Sarà solo una suggestione da “fantafinanza”, sta di fatto che il gruppo russo Rosneft ha appena sborsato 500 milioni per subentrare a Clessidra (il fondo di private equity fondato nel 2003 dall’ex banchiere d’affari di Morgan Stanley e poi Ceo di Fininvest Claudio Sposito) e in parte a Unicredit e Intesa Sanpaolo per mettere le mani sul 13,1% di Pirelli & C. diventando il primo azionista della Bicocca, anche se gli accordi tra azionisti dovrebbero consentire il mantenimento dello status quo per altri 5 anni (conservando a Marco Tronchetti Provera e ai suoi manager la gestione operativa del gruppo).
Non solo: i russi sembrano averci preso gusto e secondo alcuni sarebbero pronti ad arrotondare la partecipazione (20,989%) in Saras, società al momento saldamente in mano alla famiglia Moratti (i fratelli Massimo e Gian Marco possiedono entrambi il 25,011%, mentre un 2,024% è detenuto dalla stessa Saras come azioni proprie). Una partecipazione conquistata a caro prezzo nel giugno dello scorso anno: 1,37 euro per azione (pari a meno di 180 milioni di euro complessivi) contro gli 1,207 euro della chiusura odierna del titolo a Piazza Affari (dove proprio le voci di una possibile nuova mossa dei russi ha fatto salire le quotazioni del 9,7%). Altri gruppi russi hanno comprato negli anni ulteriori pezzi dell’industria petrolifera (la raffineria Isab di Siracusa, ceduta dalla famiglia Garrone, proprietaria di Erg, alla Lukoil per 20 milioni a fine 2013) e dell’acciaio (il gruppo Lucchini, rilevato da Seversel tra il 2005 e il 2010 per un esborso di 695,2 milioni.
Gli americani non sono stati a guardare: se General Electric, che con la controllata GE Capital aveva acquisito nel 2009 Interbanca per circa 900 milioni di euro, ha rilevato nel dicembre del 2012 da Finmeccanica e Cinven, tramite Nuovo Pignone Holding (ex società dell’Eni a sua volta ceduta agli americani fin dal 1993) la divisione Aeronautica di Avio Spa per 3,3 miliardi di euro (le residue attività della divisione Spazio restano per ora in mano a Finmeccanica e Cinven, ma potrebbero essere cedute per 300-400 milioni alla francese Safran nei mesi prossimi), il maggior attivismo è tuttavia stato dimostrato da investitori finanziari come BlackRock.
La “roccia nera” è del resto una delle principali società di gestione del risparmio a livello mondiale, con un patrimonio sotto gestione, tra gestioni individuali per clienti istituzionali, fondi comuni ed Etf, che a fine 2013 era arrivato ad oltre 4.012 miliardi, di cui quasi 2.318 miliardi in azioni. Di questi meno dell’1% (21,2 miliardi di euro, circa 29 miliardi di dollari) risulta investito in Italia stando agli ultimi dati disponibili incrociando i numeri di fonti come Morningstar o S&P Capital IQ. Ma sulla capitalizzazione di Borsa Italiana (poco meno di 360 miliardi di euro a fine febbraio) quel “gettone” pesa per quasi il 6% ed è concentrato in un pugno di aziende a dir poco strategiche, in particolare del comparto finanziario.
BlackRock, che dal novembre 2012 ha deciso di avvalersi dell’esenzione dall’obbligo di comunicazione delle partecipazioni sotto il 5% detenute nell’ambito dell’attività di gestione del risparmio (come un altro fondo americano, AllianceBernstein, ma limitatamente a Telecom Italia), è presente “in chiaro” in Unicredit (5,246%), Intesa Sanpaolo (5,004%), Mps (BlackRock ha annunciato ieri di possedere una quota del 5,748%), Azimut (5,004%) e Prysmian (5,006%). Negli ultimi mesi il fondo ha inoltre comunicato di essere calato nel capitale di Telecom Italia al 4,813% e al 4,953% in quello di Atlantia (società che controlla Autostrade per l’Italia), ma non è detto che le quote non siano poi state ulteriormente movimentate.
Per scoprire che è successo alle quote sotto il 5% oltre a dati storici e comunicazioni alla Consob si può fare ricorso in qualche caso anche ai dati Morningstar: se entro il mese prossimo si saprà se e di quanto è variata la partecipazione in Ubi Banca (all’ultima assemblea generale, l’anno passato, aveva il 4,951%), quella in Moncler risulta scesa allo 0,48% (rispetto all’1,6% ottenuto in Ipo), quella in Generali (che a fine 2009 sfiorava il 3%) al 2,21%, in Eni è attorno al 2,49%, in Enel al 2,22%, in Fiat all’1,98%, in Fiat Industrial (un tempo superiore al 2%) dovrebbe essere pari allo 0,33%, in Mediaset è al 2,21%, in Autogrill (un tempo al 2%) sembra essersi ridotta allo 0,29%, in Finmeccanica al 2,52%, in Terna è salita al 2,96%, in Mediobanca (attorno al 2%), in Azimut al 2,72%, in Bpm è pari all’1,58% e in Banca Popolare di Sondrio all’1,18%. Si sono invece perse le tracce della partecipazione in Banco Popolare (un tempo al 3,5%). In compenso nel capitale di Saipem, di cui BlackRock aveva il 2,3% fino a fine gennaio 2013, quota poi azzerata poche ore prima di un “profit warning” che fece crollare le quotazioni della controllata dell’Eni, BlackRock è nel frattempo risalito all’1,10%; infine in Interpump BlackRock è presente con uno 0,14% e in De Longhi con uno 0,05%.
Dietro a BlackRock si muove un lungo elenco di grandi nomi della finanza a stelle e strisce. Solo per ricordare gruppi e partecipazioni più importanti, AllianceBernstein possiede una quota dell’1,20% in Fiat Industrial e dello 0,13% in Saipem, Jp Morgan ha il 14,75% di Arena, il 2,25% di Azimut e il 2,527% di Mps, il 3,53% di Banco Popolare, lo 0,95% di Interpump e lo 0,07% di Genearli, mentre Morgan Stanley ha lo 0,19% di Autogrill e uno 0,83% di Moncler. Vanguard ha il 4,08% di Fiat, il 2,41% di Prysmian, il 2,18% di Unicredit, il 2% di Generali, l’1,73% di Intesa Sanpaolo e di Terna, l’1,52% di Finmeccanica, l’1,45% di Saipem, l’1,43% di Enel, l’1,34% di Banca Popolare di Sondrio, l’1,31% di Mps, l’1,26% di Telecom Italia, l’1% di Mediaset, lo 0,85% di Azimut, lo 0,89% di Interpump, lo 0,68% di De Longhi e lo 0,67% di Autogrill. E poi ancora: Threadneedle ha il 2,175% di Banca Generali e l’1,46% di De Longhi, Market Field Asset Management ha il 7,006% di Buzzi Unicem, l’1,87% di Fiat e lo 0,53% di Generali, Templeton è presente col 6,78% di Prysmian, il 3,27% di Unicredit, l’1,34% di Azimut, l’1,18% di Intesa Sanpaolo.Infine Fidelity ha il 12,65% di Interpump, il 3,91% di De Longhi, il 3,73% di Azimut, lo 0,98% di UniCredit, lo 0,88% di Finmeccanica, lo 0,39% di Moncler, lo 0,10% di Telecom Italia, lo 0,07% di Fiat, di Generali e di Terna e lo 0,055 di Mps.
L’elenco come detto potrebbe continuare a lungo, anche perché spesso le partecipazioni dei fondi di disperdono in quote minimali inserite nei portafogli dei singoli prodotti e dunque i dati sopra riportati potrebbero essere sottostimati. Nel complesso tuttavia si stima che i fondi a stelle e strisce detengano almeno 82 miliardi di euro di titoli italiani, pari al 22,7% della capitalizzazione di Piazza Affari e ad oltre il 5% del Pil italiano. Una cifra che fa facilmente vincere a Washington il confronto con Mosca, per il momento.