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Opinioni

Italia che cambia: dai Ligresti ai Benetton

I Ligresti come previsto escono di scena dopo il “salvataggio” di Unipol, i Benetton lanciano una campagnia di comunicazione incentrata sulla “lost generation” dei regazzi che non trovano lavoro dopo lo studio…
A cura di Luca Spoldi
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Alessandro Benetton, presidente di Benetton Group

L’era dei Ligresti si è ufficialmente chiusa oggi: al termine dell’assemblea degli azionisti Premafin, holding che controlla il 54,138% di Fondiaria-Sai (a sua volta azionista di controllo col 61% di Milano Assicurazioni), il Cda è stato rinnovato integralmente con l’elezione di Pierluigi Stefanini, attuale presidente di Unipol gruppo finanziario, alla presidenza. Ai Ligresti (ciascuno dei tre figli del capostipite Salvatore, ossia Jonella, Giulia e Paolo, è ancora socio in Premafin all’1,974% rispettivamente tramite Hike Securities, Canoe Securities e Limbo Invest) è andato solo un posto in consiglio, con la conferma di Luigi Reale, già membro del Cda. Ora la famiglia preannuncia battaglie legali e spera che i patti a suo tempo siglati, ma poi considerati decaduti, tra Premafin e Unipol relativi a manleve e al diritto di recesso concessi ai Ligresti in cambio della loro definitiva uscita di scena, siano ritenuti vincolanti e finiscano col produrre l’obbligo per Unipol (muoia Sansone con tutti i filistei!) di lanciare un’Opa sul flottante di Premafin per i soci minori, che se verrà, ha dichiarato Jonella Ligresti in assemblea, sarà “assolutamente benvenuta”.

Non voglio tediarvi ripercorrendo ancora una volta la storia di questa famiglia di “grandi imprenditori”, negli anni Ottanta della “Milano da bere” considerati molto vicini al leader Psi Bettino Craxi e anche grazie a questo entrati nel giro dei “salotti buoni” (Mediobanca, Rcs MediaGroup, Generali), assieme a famiglie quali gli Agnelli, i Pirelli-Tronchetti Provera, i Falck, i Pesenti e un manipolo di altri “bei nomi” che ormai sembrano intenti a litigarsi le briciole di un banchetto consumato per decenni (con i “nuovi barbari” alle porte, da Diego Della Valle a Giuseppe Rotelli, da Vittorio Malacalza ai “parvenu” dei grandi fondi di venture capital e private equity italiani e mondiali). Questo mondo è il “glorioso” (per loro) passato, al limite l’incerto (per i loro dipendenti, Fiat docet) presente, ma non potrà in alcun modo essere il futuro dell’economia italiana, anche se i diretti interessati faranno di tutto per far credere il contrario, come fa Sergio “l’americano” Marchionne che continua a dichiarare oggi che vuole andarsene dall’Italia per smentire se stesso l’indomani giurando amore eterno (a patto che sia ricambiato, possibilmente in moneta sonante) al paese che più di ogni altro ha regalato per decenni contributi pubblici sotto varia forma al gruppo piemontese.

Piuttosto vi segnalo come “lor signori” non siano privi di un certo “sense of humor” (o di “coscienza civile”, a seconda dei punti di vista), valga ad esempio l’ultima campagna di comunicazione del gruppo United Colors of Benetton, controllato dall’omonima famiglia di imprenditori veneti (non propriamente gli ultimi arrivati sulla scena, avendo già preso parte con profitto alla stagione delle privatizzazioni degli anni Novanta, che ha consentito loro di mettere le mani su Autogrill e Atlantia). Una campagnia “dissacrante” come spesso quelle del gruppo di Ponzano Veneto, incentrata sul tema dell’occupazione e intitolata “Unemployee of the Year” (letteralmente “Disoccupato dell’anno”) con la quale la Fondazione Unhate, promossa dagli stessi Benetton, si propone di sfidare i cliché sulla non occupazione giovanile riaffermando la fiducia nella creatività dei giovani di tutto il mondo. Come? Attraverso un contest cui hanno partecipato persone tra i 18 e i 30 anni di tutto il mondo e col quale si vuole selezionare i cento progetti più meritevoli (presentati sul sito di Unhate e votati da una comunità online) a cui la fondazione voluta da Alessandro Benetton firmerà un assegno da 5 mila euro per sviluppare concretamente i propri progetti in erba.

Giovani che secondo Alessandro Benetton stanno cercando una propria strada nella vita, esempi di una generazione, la prima nel dopoguerra, che si trova a dover lottare più duramente rispetto ai propri genitori per trovare un lavoro e costruirsi un futuro migliore: la “lost generation” di cui spesso sentiamo disquisire i nostri politici ed economisti senza alcun costrutto, insomma. Per dare maggiore risalto all’iniziativa Benetton, assieme a Mtv e alcuni media digitali, promuoverà anche quattro spot nei quali saranno presentati altrettanti ritratti “senza filtri” della vita quotidiana di giovani Neet (“Not in Education, Employment or Training”, ossia giovani che hanno finito di studiare ma non hanno ancora trovato un impiego) che lottano sia per trovare un lavoro sia per difendere la propria dignità contro l’indifferenza e la stigmatizzazione. Una sorta di invito all’azione che verrà rilanciato in oltre 35 paesi: non è proprio come offrire un lavoro ma è sempre meglio che fare solo teoria, non credete?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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