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Invidia (M5s): “Il Pil non basta più, l’Italia deve misurarsi anche con altri indicatori”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del deputato del Movimento 5 Stelle, Niccolò Invidia, con un invito all’Italia a farsi promotore di nuovi indicatori oltre al Pil, come il DESI e il BES, che misurino anche il grado di diffusione del digitale e il progresso sociale e ambientale dei singoli Stati membri dell’Ue.
A cura di Redazione
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Fino a pochi anni fa nessuno indossava uno smartwatch, ci si limitava a fare le scale e camminare senza troppe ansie a riguardo. Poi da quando sono arrivati nel 2014 abbiamo preso l’abitudine di controllare se abbiamo fatto abbastanza passi, se abbiamo ricevuto un micro-infarto dopo l’ultima riunione, ecc. Molti di quelli che lo indossano sono diventati ossessionati dai propri numeri, anche i miei genitori. E sapete cosa… fanno bene! Anche la politica e l’opinione pubblica sono ossessionati dai propri numeri e infatti si controllano l’andamento del PIL e del deficit per avere il polso del Paese.

Senza scomodare il discorso sul Pil di Kennedy, è vero però che lo smartwatch del Paese ha bisogno di un upgrade ed integrazioni per monitorare dei parametri vitali che ora ignoriamo. Senza, una buona gestione di governo ed un’agenda mediamente interessante non sarebbero abbastanza, soprattutto con la quarta rivoluzione industriale in corso. Non è un decennio per tiepidi e l’innovazione è stata scopata sotto il tappeto da troppi governi.

Proprio negli scorsi giorni Politico Europe ipotizzava che nel 2100 l’Italia diventerà una delle economie meno importanti, l’ultima ruota dell’ultimo carro dietro a Paesi in via di sviluppo lungimiranti ed emergenti. Una nazione molto lontana dal partecipare alle edizioni del G7 e G20 delle prossime generazioni. Questo potrebbe essere lo scenario disincentivante se non si agisce in modo shoccante e rapido.

Per evitare ciò credo che si debba dare un nuovo smartwatch al Paese e l’Agenda di Conte per il 2023 può essere la giusta occasione per evitare l’apatia verso il futuro e l’innovazione, che condannerebbe l'Italia, tra un lustro, ad essere una potenza di serie B. Sono diversi i KPI (Key Performance Index) di cui l’Italia ha bisogno, tra questi: il DESI e il BES. Il primo (Digital Economy and Society Index) è redatto ogni anno dalla Commissione europea e misura in cinque aree di policy il grado di diffusione del digitale nei Paesi UE, il secondo invece è stato creato da ISTAT e CNEL e viene portato avanti dalla nuova Cabina di regia Benessere Italia (da poco istituita dalla Presidenza del Consiglio) per quantificare il progresso sociale ed ambientale. Entrambi gli indici certamente non sono obbligatori ma sono comunque spesso usati dagli investitori per avere un’idea più ampia della ‘digital competitiveness’ del Sistema Paese.

Il rapporto DESI fornisce un’analisi dei Paesi membri dell’UE basata su cinque indici: connettività, capitale umano, uso dei servizi Internet, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali. Negli ultimi anni l’Italia non può di certo vantare grossi progressi di posizionamento, collocandosi 25° su 28 paesi (un po’ contraddittorio per essere un Paese del G7).

Il grande cambio di passo per l’Italia deve essere quello di misurarsi non soltanto attraverso il Pil ma anche con questi nuovi indicatori che potrebbero essere nobilitati ufficialmente dal MEF e da Chigi ed essere promossi dal governo in sede UE. Infatti, così come Bruxelles con i Trattati europei ha imposto gli strettissimi vincoli di bilancio e Pil, allo stesso modo l’Italia potrebbe chiedere la negoziazione di un nuovo Trattato per perseguire qualcosa di non meno discutibile: i parametri continentali sull’innovazione e sul benessere dei cittadini. L’Agenda 2023 potrebbe rappresentare il momento perfetto in cui tracciare questo ambizioso orizzonte, interno ed europeo. Tra l’altro questi indici sono più precisi del Pil nello ‘spottare’ i primi della classe, infatti ai vertici della classifica Desi troviamo come al solito i Paesi scandinavi.

Sicuramente sia il Desi che il Bes potrebbero essere perfezionati ed alcuni criteri rivisti ma credo sarebbero una bella sfida che daremmo a noi stessi, nonché un grande segnale ai cittadini. Sfruttando il nostro disturbo ossessivo-compulsivo per misure, benchmarks e classifiche avremo modo di dannarci o gongolare per lo sviluppo tecnologico così come lo facciamo ora per il Pil e per il Debito. In poche parole, ci emozioneremo per l’innovazione, mentre fino ad ora non abbiamo provato altro che apatia e disinteresse.

L’Agenda se costruita con lucida ambizione e visione, potrebbe fornire una narrazione politica chiara ad una maggioranza a volte ancora riluttante a riconoscersi. Soprattutto essa può dare speranza ad un’opinione pubblica, tradizionalmente molto liquida e cresciuta a pane e traumi. Solo con un’agenda così potremo riuscire nel triplo salto carpiato di abbassare il debito pubblico mentre si resta competitivi nel mondo della nuova rivoluzione industriale. C'è un Paese da ricostruire e il Desi, con tutti i suoi difetti, può diventare il mezzo del riscatto e il simbolo di un nuovo capitolo del Paese.

di Niccolò Invidia

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