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Indagine su conti appartenenti ai nazisti rifugiati in Argentina: ancora guai per Credit Suisse

Polemiche negli Stati Uniti dopo che Credit Suisse ha fatto sapere di non “avere prove” dell’esistenza di conti bancari appartenenti ai nazisti vissuti in Argentina a partire dagli anni ’30, come emerso da una inchiesta del Centro Simon Wiesenthal. E ora una commissione del Senato chiede di vederci chiaro.
A cura di Ida Artiaco
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Credit Suisse

Dopo il crollo del mese scorso, che ha destabilizzato i mercati di mezza Europa, si torna a parlare di Credit Suisse. Questa volta l'istituto bancario svizzero è finito al centro della bufera per una vicenda, iniziata più di due anni fa, e riguardante dei conti correnti appartenenti ad alcuni nazisti rifugiati in Argentina.

Nei giorni scorsi la banca aveva indicato di non avere prove concrete dell'esistenza di conti bancari appartenenti ai nazisti vissuti in Argentina a partire dagli anni '30, contrariamente a quanto sostenuto dal Centro Simon Wiesenthal. Il realtà l'istituto bancario elvetico avrebbe trovato solo pochi conti in banca e ciò ha creato non poche polemiche negli Stati Uniti. Ma facciamo un passo indietro.

A marzo del 2020 il Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles, che prende il nome dal famoso cacciatore di nazisti, aveva pubblicato un elenco di 12mila nazionalsocialisti e simpatizzanti del regime nazista vissuti nel Paese sudamericano a partire dagli anni Trenta.

Molti di loro, secondo l'organizzazione, avrebbero avuto conti presso la banca elvetica, che all'epoca si chiamava ancora Credito Svizzero. Parte del denaro depositato sarebbe appartenuto alle vittime dell'olocausto. In risposta all'inchiesta, si legge sul sito del Centro, "la banca si è impegnata a indagare e affrontare questo passato nascosto e inquietante".

Le indagini intraprese da Credit Suisse non hanno "trovato alcuna prova" a sostegno delle affermazioni del Centro Simon Wiesenthal, stando a quanto comunicato dalla banca martedì sera.

Ma una commissione parlamentare americana (Senate Budget Committee) accusa ora la banca svizzera di aver ostacolato le ricerche.

"Le informazioni che abbiamo ricevuto mostrano che Credit Suisse ha stabilito un quadro inutilmente rigido e si è rifiutata di dare seguito alle nuove piste che sono emerse nel corso dell'indagine", ha dichiarato il senatore repubblicano Chuck Grassley. Tuttavia, sia Grassley che Whitehouse, presidente della Commissione, hanno anche ringraziato l'istituto elvetico per la collaborazione. "Il fatto che il Credit Suisse abbia accettato di ampliare la portata della sua indagine iniziale in risposta all'indagine della commissione dimostra il potere della supervisione del Congresso sulle frodi aziendali", si legge in un comunicato.

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