Sarà un caso o forse no, ma dopo che la Corte Costituzionale ha emesso il suo verdetto sull’Italicum, con una sentenza immediatamente esecutiva che potrebbe consentire di andare a elezioni anticipate anche subito, sia pure al prezzo di due leggi elettorali fortemente differenti per Camera e Senato, un certo nervosismo è tornato a percorrere i mercati finanziari italiani, che hanno così ignorato gli ennesimi record di Wall Street, dove oggi il Dow Jones si porta sopra i 20.100 punti per la prima volta nella sua storia, come pure la sostanziale tenuta dei listini azionari europei, concentrati sulle trimestrali in corso di pubblicazione in Europa e negli Stati Uniti.
A risentire maggiormente dell’incognita politica è però il mercato obbligazionario, dove forti vendite scattate sui Btp decennali italiani hanno fatto risalire il rendimento al 2,25% dal 2,12% di ieri, toccando così valori che non si vedevano dallo scorso luglio, mentre sui Bund tedeschi di pari durata il rendimento passava da 0,47% a 0,49%. Lo spread (ossia il differenziale di rendimento) tra i titoli di stato italiani e tedeschi è così risalito all’1,76% contro l’1,65% di ieri sera (martedì sera, in attesa della sentenza sull’Italicum, lo spread aveva chiuso sull’1,62%), su livelli che non si vedevano dallo scorso novembre.
Che sia una debolezza dell’Italia e non una “fuga” dai titoli di emittenti del Sud Europa in genere lo testimonia, purtroppo, la contemporanea risalita dello spread anche tra titoli italiani e spagnoli (che rendono l’1,57% contro l’1,54% di ieri), salito allo 0,68%, ossia lo 0,10% più di ieri. Notare che anche se meno accentuato che in Italia, il calo di quotazioni dei titoli di stato a reddito fisso (con conseguente parallelo rialzo dei rendimenti di mercato) colpisce tutta Europa: l’incontro odierno tra la Grecia e i rappresentanti della “troika” non è infatti andato bene e la notizia ha contribuito a indebolire nuovamente anche l’euro, scivolato a 1,067 sul dollaro (da 1,074 di ieri).
A “strigliare” Atene è nuovamente il ministro delle Finanze tedesco, Volwgang Schauble, che probabilmente anche in vista delle elezioni che sono attese entro settembre in Germania è stato lapidario dichiarando che il tempo sta per scadere per Atene, troppo lenta nell’attuare le riforme per le quali si è impegnata, e che i nuovi aiuti potrebbero essere congelati.
Ma davvero l’incertezza politica può avere un impatto marcato e duraturo sui mercati finanziari italiani ed europei, con la Bce che continuerà a comprare 60 miliardi di euro al mese di titoli di stato sul mercato fino e fine anno e con la maggior parte degli analisti che si attende una graduale riduzione degli acquisti nel corso ancora di tutto il 2018 (da 60 a 40 miliardi al mese per i primi sei mesi dell’anno, da 40 a 20 miliardi nella seconda metà), col rischio persino di esaurire tutta la “carta” disponibile e di dover ampliare ulteriormente il programma d’acquisto ad altre classi di asset come le obbligazioni convertibili o persino alcune categorie di azioni?
In realtà alcuni trader oggi parlano di una pausa fisiologica favorita dalle nuove aste in arrivo la prossima settimana, per cifre in qualche caso superiori alle attese. Ieri il Tesoro aveva ad esempio comunicato che lunedì 30 gennaio saranno offerti tra 3,5 e 4 miliardi del nuovo Btp decennale scadenza 1 giugno 2027 (che pagherà una cedola del 2,20% dall’1,25% pagato dalla precedente emissione con scadenza 1 dicembre 2026), tra 2,25 e 2,75miliardi di Btp 5 anni scadenza novembre 2021 e tra 1,75 e 2,25 miliardi del Ccteu scadenza 15 febbraio 2024, per un importo complessivo tra 7,5 e 9 miliardi di euro.
Un importo pari a oltre il doppio della “manovrina” che Bruxelles ha chiesto al governo italiano di varare per correggere l’andamento del deficit e che avrebbe indotto qualche gestore a fare spazio in portafoglio vendendo il vecchio decennale benchmark. Infine una certa prudenza generale è indotta dai continui annunci di Donald Trump che sembra intenzionato a non modificare di molto il mix di proposte fatte in campagna elettorale e se l’esito finale in termini di sostenibilità della crescita e di creazione di posti di lavoro resta incerto, a breve si potrebbe registrare una riaccelerazione del Pil che indurrebbe la Federal Reserve a proseguire nel suo graduale rialzo dei tassi ufficiali sul dollaro.
La qual cosa a breve termine indurrebbe ulteriore debolezza sull’euro e maggiori pressioni sui tassi anche in Europa, dove gli investitori potrebbero essere ulteriormente tentati di spostare parte dei capitali dal mercato obbligazionario a quello azionario.