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Opinioni

Inghilterra, per i banchieri fraudolenti è pronta la galera. A quando in Italia?

Lunedì sono scattate in Gran Bretagna norme bancarie più severe che prevedono fino a 7 anni di carcere e multe illimitate ai danni di manager e banchieri che con la propria condotta hanno causato il fallimento dei propri istituti. Immaginate se queste norme venissero applicate in Italia…
A cura di Luca Spoldi
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Non è proprio il momento migliore per chi voglia intraprendere una carriera nel dorato mondo della finanza di Londra. Al rischio “Brexit”, che rende nervosi gli investitori europei e contribuisce a mettere sotto pressione la sterlina, si aggiunge un tasso in crescita di licenziamenti e bonus in calo complice uno scenario di crescita moderata quando non modesta in molti mercati sviluppati e di tassi che le banche centrali mantengono prossimi a zero nella speranza, finora vana, che questo serva a far ripartire l’economia e i prezzi al consumo.

A tutto questo si aggiunge una sequenza di inchieste che trimestre dopo trimestre hanno visto comminare multe per centinaia di milioni di dollari, quando non per miliardi, ai principali istituti creditizi mondiali e le cose potrebbero se possibile peggiorare, almeno dal punto di vista di un banchiere che con le nuove norme entrate in vigore da lunedì in Gran Bretagna in base alle quali manager e i dirigenti che con la propria condotta portino al fallimento della banca per cui lavorano potranno essere condannati ad un massimo di sette anni di prigione oltre che a sanzioni pecuniarie illimitate in caso di errori evidenti.

George Osborne, il Cancelliere dello Scacchiere (ossia il ministro del Tesoro inglese), che pochi giorni fa ha preannunciato un’analisi “esaustiva” dei pro e dei contro dell’eventuale uscita della Gran Bretagna dalla Ue (la “Brexit”, appunto), al riguardo ha sottolineato come il governo di Sua Maestà “abbia imparato dalle lezioni del passato”, quando l’azzardo morale era divenuto una norma implicita al punto che nel 2008 sono stati i contribuenti britannici a dover salvare i maggiori istituti del paese attraverso la ri-nazionalizzazione di dieci tra i maggiori gruppi finanziari (Northern Rock, Bradford&Bingley, Abbey National, Barclays, Hbos, Hsbc, Lloyds Tsb, Nationwide Building Society, Royal Bank of Scotland e Standard Chartered).

Un salvataggio sistemico costato oltre 600 miliardi di sterline di fondi pubblici, solo in parte recuperati finora. Da allora la scoperta di condotte non corrette nel campo della fissazione dei tassi di riferimento, nella vendita di assicurazioni collegate a mutui, nella gestione di posizioni di clienti esteri ai quali molti istituti hanno evitato di pagare tasse nel proprio paese ha portato a erogare, da parte delle autorità di controllo americane, europee e britanniche, ulteriori miliardi di sterline di multa, senza che i banchieri rischiassero altro che il proprio posto di lavoro (salvo ovviamente l’emersione di comportamenti aventi rilevanza penale, come nel caso di una serie di trader operanti da Londra).

Le nuove norme cambieranno drasticamente tutto questo, anche perché si applicano non solo alle banche ma anche ai grandi gruppi di investimento (se di rilevanza sistemica) e immobiliari, come logico data l’elevata esposizione del sistema britannico al comparto immobiliare, da anni in continua espansione ma che di recente ha mostrato i primi segni di affaticamento e dove pratiche come i “bridge loan” consentono già ora di aggirare i limiti imposti ai mutui ordinari, peraltro lucrando interessi decisamente più elevati.

Le nuove norme accolgono in buona misura, ma non del tutto, i suggerimenti della Bank of England, che chiedeva pene detentive fino a 10 anni per i banchieri colpevoli di mala gestione e che suggeriva di addossare ai banchieri e ai manager l’onere di provare che avevano fatto tutto il possibile per evitare il fallimento del proprio istituto, mentre nella nuova norma tale onere spetta all’Autorità di regolamentazione. Anche così secondo stime che circolano da settimane sul mercato, le nuove norme potrebbero presto coinvolgere qualche decina di migliaia di senior manager.

Immaginate se queste stesse norme venissero applicate anche alle “solidissime e sicure” banche tricolori, o meglio se fossero già state applicate negli ultimi anni. Forse qualche manager di banche come Mps, Banca Carige, Veneto Banca o Banca popolare vicentina, solo per citare quattro istituti che secondo il mercato restano sotto la lente d’ingrandimento della Bce, avrebbe potuto passare qualche notte insonne. O forse i danni causati agli azionisti e obbligazionisti coinvolti nel crack delle quattro bancherisolte” lo scorso dicembre (Banca Marche, Banca popolare Etruria e Lazio, Cari Chieti e Cari Ferrara) sarebbero stati almeno in parte risarciti di tasca propria da quegli stessi manager e consiglieri d’amministrazione che per anni non si sono accorti dei danni che andavano crescendo sotto la loro gestione.

Sempre che, naturalmente, fatta la legge non si trovi l’inganno magari introducendo assicurazioni sull’operato di manager e banchieri che verrebbero di fatto pagate dagli azionisti degli istituti, quegli stessi che l’inasprimento delle pene dovrebbe tentare di tutelare maggiormente. Qualche banca, anche in Italia, sembra si stia già attrezzando per il caso.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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