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Opinioni

In attesa del nuovo euro il Tesoro fa festa

Mario Draghi, il “salvatore” della valuta unica europea, presenta il nuovo biglietto da 5 euro che entrerà in circolazione a maggio. Nel frattempo Spagna e Italia si rifinanziano a tassi in calo. Crisi alle spalle? Dipende…
A cura di Luca Spoldi
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Mario Draghi presenta la nuova banconota da 5 euro

Il giorno dopo la presentazione da parte di Mario Draghi dei nuovi biglietti da 5 euro che entreranno in circolazione dal prossimo mese di maggio, con la sua firma in bella vista, quasi a sottolineare simbolicamente come all’ex numero uno di Bankitalia si debba in gran parte la ritrovata tregua sui mercati, dove fino a qualche mese fa in molti scommettevano su una violenta uscita della Grecia da Eurolandia, non escludendo ipotesi estreme di dissoluzione della valuta unica dopo soli 11 anni di vita, il Tesoro italiano continua ad approfittare del momento favorevole per rifinanziarsi a tassi in crescita. Se ieri erano stati collocati 8,5 miliardi di Bot a un anno con un rendimento medio lordo dello 0,864%, il minimo dal gennaio del 2010, rispetto all’1,456% dell’asta precedente, oggi sul mercato sono stati piazzati altri 3,5 miliardi di Btp a 3 anni e due Cct e 5 anni (scadenza giugno e ottobre 2017) per complessivi 1,5 miliardi, in questo caso con tassi rispettivamente in calo all’1,85%, dal 2,49% dell’asta precedente (sui minimi degli ultimi 3 anni), al 2,17% e al 2,34%.

Nel frattempo le cose sono andate piuttosto bene anche alla Spagna, che sempre ieri ha collocato 5,82 miliardi di euro complessivi di bond a 2 anni (tasso medio lordo in calo al 2,476% dal 3,282% dello scorso ottobre), a 5 anni (tasso in calo al 3,988% dal 4,680% precedente) e a 13 anni (5,555%, contro il 5,593% espresso sul mercato grigio poco prima dell’asta). Tutto bene quindi e crisi del debito sovrano definitivamente alle spalle? Piacerebbe poter dire di sì, ma l’esperienza di gestore patrimoniale mi porta ad essere prudente, visto che a inizio anno tradizionalmente i tesorieri e gli investitori in genere sono più propensi ad aprire nuove scommesse, salvo correggere il tiro nel corso dei mesi successivi, e visto che sullo sfondo sono tutt’altro che risolti i problemi che hanno portato all’esplosione della crisi medesima, a sua volta sfociata in un inaridimento totale e inesorabile del mercato del credito che ha portato lo stesso Draghi ad intervenire con due operazioni di rifinanziamento a medio termine (le Ltro del dicembre 2011 e del febbraio 2012, con cui sono stati iniettati oltre mille miliardi di euro nelle casse delle maggiori banche europee).

Un intervento che ha salvato di fatto l’euro e l’Eurozona, comprando tempo ma non rimuovendo le cause stesse della crisi: i persistenti squilibri macroeconomici esistenti tra i diversi paesi dell’unione monetaria e l’assenza di una politica fiscale comune, ovvero anche di un’unione politica che consenta di far ripartire investimenti strutturali, garantisca un incremento e un’omogenizzazione dei livelli di competitività delle aziende europee, consenta una mutualizzazione del debito che eviti costi sociali inutilmente elevati nei paesi periferici del Sud Europa e il rischio di una bolla speculativa in quelli del Nord Europa legata al massiccio afflusso di capitali in cerca di un “porto sicuro” (afflusso che ha già portato paesi come la Germania o l’Olanda a registrare tassi di rendimento negativi anche in termini nominali oltre che reali sui propri titoli a breve e medio termine). Tutte cose che lo stesso Draghi sa benissimo, tanto che non perde l’occasione di segnalare come la ripresa sarà molto graduale e non omogenea ancora per diversi trimestri e come i mercati presentino ancora un grado di frazionamento eccessivo.

Segno, quest’ultimo, che i soldi distribuiti (e spesso, specie per le banche spagnole e italiane, impiegati per sottoscrivere titoli di stato nazionali) non sono serviti, nonostante la “vox populi” contraria e le interpretazioni populistiche di certi politici (e purtroppo di alcuni “tecnici” di parte), per fare speculazioni sulle spalle dei cittadini e contribuenti italiani e del Sud Europa ma solo a tamponare la necessità di mezzi freschi legata da un lato alla richiesta di graduale innalzamento dei requisiti patrimoniali per la banche (motivato dal tentativo di evitare nuovi rischi “sistemici” in futuro) evitando un “credit crunch” ancora più duro e con effetti ancora più recessivi, dall’altro al ripianamento di perdite legate, tra l’altro, alla graduale svalutazione di incagli e sofferenze sui crediti erogati in passato. Noterete che ho usato frequentemente l’aggettivo “graduale”: in effetti il processo per essere portato a conclusione ai ritmi attuali potrebbe richiedere dai 10 ai 20 anni.

Forzare la mano, come ha provato finora a fare l’Europa sotto la spinta dell’egemone tedesco, rischia di far saltare prima o poi tutto il castello in aria per motivi detti più volte e che l’economista Mario Seminario ha efficacemente sintetizzato nell’aforisma “non si può riformare sotto le bombe” (di una duplice e precipitosa riduzione del debito pubblico e di quello privato). Nessun lieto fine scontato, dunque: allora cosa stanno festeggiando i mercati? Sostanzialmente la probabilità che almeno per un paio di anni, risultati elettorali (in Italia e soprattutto in Germania) permettendo, le cose migliorino effettivamente almeno in termini relativi, con una recessione che potrebbe mitigarsi e forse lasciar spazio ad una modesta ripresa e qualche primo beneficio dalle riforme strutturali fin qui varate.

Per mettere il tutto in sicurezza occorreranno naturalmente ulteriori misure a livello micro più che macroeconomico, riforme strutturali che esaltino l’appetibilità di investimenti diretti nazionali ed esteri, il riorientamento strategico delle nostre produzioni di beni e servizi verso nuovi mercati sia in termini merceologici sia geografici. Serve in una parola passare dalle promesse (o peggio dalle polemiche da stadio) ai fatti, possibilmente a livello europeo e non solo nazionale. Speriamo bene, per il momento godiamoci questo anticipo di primavera sui mercati e teniamo presente una cosa: nonostante tutto se le riforme arriveranno non sarà necessario continuare a mettere la mano nelle tasche dei contribuenti per far quadrare i conti. Basterà, si fa per dire, avere una ripresa anche modesta dell’economia per rassicurare i mercati e proseguire nel lungo e periglioso cammino verso la salvezza; chi dice il contrario mente, sapendo (o forse no) di mentire.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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