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Il governo vuole sostituire il gas russo, ma la burocrazia ferma 70 impianti di biogas e biometano

Il presidente del consorzio italiano Biogas, Piero Gattoni, spiega ai microfoni di Fanpage.it che in mancanza di alcuni decreti attuativi i gestori degli impianti hanno fermato le attività.
A cura di Giacomo Andreoli
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Impianti di biometano di Snam
Impianti di biometano di Snam

La doppia missione in Angola e Congo dei ministri Di Maio e Cingolani è solo una delle tappe previste dal governo all'interno del piano per cercare nuove fronti di approvvigionamento con cui sostituire il gas russo. Ma mentre si cerca di aumentare le forniture da Paesi terzi, in Italia la burocrazia tiene fermi decine di impianti di biometano e biogas in via di approvazione o in fase di costruzione. Uno spreco che il Paese non può permettersi, visto che si tratta di gas pulito, rispetto a quello inquinante che importiamo, e che ci sono in ballo anche 1,9 miliardi di fondi appositi nel Pnrr, che rischiano di saltare.

Gli impianti producono gas a partire dai rifiuti e dagli scarti agricoli. Per biogas si intende il gas grezzo che viene prodotto dalla fermentazione (e composto da metano, anidride carbonica e tracce di altri gas), mentre il biometano è un derivato del biogas, sottoposto a un processo di raffinazione e purificazione (togliendo acqua, anidride carbonica e contaminanti). Il biogas viene generalmente utilizzato lì dove viene generato, per produrre elettricità o calore, il biometano è invece impiegabile per usi domestici e industriali. Se liquefatto, poi, può essere usato come carburante per mezzi pesanti e navali. Si tratta del cosiddetto "bio-Gnl".

Biometano, Italia ancora indietro rispetto all'Europa

I nuovi impianti potrebbero garantire al nostro Paese una fetta non risolutiva, ma comunque importante del fabbisogno energetico nazionale. Solo il target del 2018 del ministero dello Sviluppo economico per il biometano, quando ancora non c'erano i soldi del Next Generation Ue (ma già 1,2 miliardi di investimenti privati e alcuni incentivi pubblici), prevedeva 1,1 miliardi di metri cubi di gas pulito aggiuntivi all'anno. Tuttavia a fine 2021 sono entrati in funzione impianti solo per il 13% della produzione prevista: 140 milioni di metri cubi aggiuntivi ogni dodici mesi, per un totale di 230 milioni. Ad oggi, così, la quota di biometano sul totale del gas consumato non raggiunge nemmeno l’1%.

Il Pnrr prevede invece di arrivare a una produzione di 2,3-2,5 miliardi di metri cubi di biometano all'anno entro il 2026. Si tratta più o meno della stessa quantità di gas inquinante aggiuntivo che importeremo dall'Egitto, secondo l'ultimo accordo siglato dal governo Draghi. Il tutto si prevede di farlo anche riconvertendo gli impianti esistenti di biogas. Infatti nel nostro Paese esistono solo una trentina di impianti di biometano attivi (contro i 337 in Francia, i 242 in Germania e i 51 in Danimarca), mentre per quanto riguarda il biogas siamo al secondo posto in Europa, con circa 2mila impianti in funzione.

I target del Pnrr sul biometano
I target del Pnrr sul biometano

L'attesa per i decreti attuativi del governo

Sei mesi fa l'esecutivo aveva varato un decreto legislativo per recepire la direttiva europea Red2 e prevedere una serie di nuovi incentivi all'utilizzo del biometano. Dei decreti attuativi, però, non c'è ancora l'ombra. Probabilmente arriveranno a ridosso della scadenza di legge, cioè a maggio, ma nel frattempo, senza linee guida sui sostegni pubblici, i gestori degli impianti hanno sospeso ogni attività, così come le banche hanno fermato i business plan.

I decreti dovrebbero definire anche una specifica tariffa di durata per la vendita del biometano prodotto dai rifiuti e l'incertezza che rimane in attesa di imporre questo limite è l'elemento più invalidante. Vista la guerra in Ucraina il gas si compra a prezzi superiori ai 100 euro a megawattora, mentre il ministero della Transizione ecologica stava pensando di fissare un prezzo per la rivendita del biometano prodotto dai rifiuti al Gestore dei servizi energetici ben più basso (intorno ai 60 euro a megawattora). Ora questa soglia va inevitabilmente cambiata, altrimenti alcuni gestori potrebbero comprare gas per alimentare gli impianti a un prezzo alto, mentre vendono gas pulito a un prezzo molto più basso, andando in perdita.

Gattoni (Consorzio italiano biogas): "A rischio 1,9 miliardi del Pnrr"

Per il presidente del Consorzio italiano biogas Piero Gattoni, intervistato ai microfoni di Fanpage.it "oltre ai circa 50 impianti per il biometano prodotto da rifiuti che sono fermi, la burocrazia sta bloccando anche 20 progetti che ci riguardano direttamente, tra biogas agricolo o riconversione di strutture esistenti dal biogas al biometano".

Soci del consorzio sono circa 800 aziende agricole e più di 200 tra società industriali fornitrici di impianti, tecnologie e servizi. "Noi del settore agricolo – ci spiega- siamo la colonna portante dei 2 miliardi di fondi del Pnrr: il 70% dei soldi è infatti dedicato alla riconversione dei nostri impianti, quindi se ci blocchiamo salta tutto".

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede 1,9 miliardi da destinare a comuni e autorità locali per le gare, con i finanziamenti che scadono nel 2026. Visti i tempi lunghi degli ultimi quattro anni, il pericolo è che ben pochi operatori riescano ad accedervi, vanificando lo sforzo europeo.

Secondo Gattoni "il rischio è altissimo, anche perché il Pnrr prevede un obiettivo a medio termine, entro il 2023, di circa 600 milioni di metri cubi di biometano (il doppio della produzione attuale n.d.r.). Finché i progetti sono fermi non si può far nulla e se la situazione non si sblocca entro l'estate non ce la faremo". Nel mirino del consorzio non ci sono solo i decreti attuativi mancanti, ma anche i tempi lunghi di autorizzazione della Commissione europea per i nuovi impianti e i limiti imposti dalla legge italiana alla produzione.

"Da Bruxelles – ci spiega il presidente- fanno verifiche di compatibilità che durano sei mesi, ma così il sistema non tiene in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, con i costi per le materie prime alle stelle e gli investimenti nei progetti che ancora non danno frutti". Inoltre "se si fa una norma per togliere il limite alla produzione non incentivata, al valore dell'energia attuale, potremmo produrre il 20% in più e fornire subito al nostro Paese 600 milioni di metri cubi di biogas aggiuntivi". Per tutti questi motivi, sottolinea Gattoni, "occorre davvero fare presto e sbloccare le gare".

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