Le elezioni italiane incombono e i listini attendono prudentemente di conoscerne e poi valutarne gli esiti. In assenza di sondaggi “ufficiali”, rumor sempre più incontrollabili si susseguono ogni giorno circa l’eventuale assottigliarsi delle distanze tra gli schieramenti (tutti perdenti nei confronti di un Movimento 5 Stelle dato in forte crescita e che però costituisce la vera incognita di queste elezioni e pertanto non piace tendenzialmente agli investitori che preferiscono fare i conti con movimenti e politiche già note che non prepararsi a un salto nel bugno di cui ignorano al momento l’esito ultimo, positivo o negativo che possa essere), al punto da disegnare un Parlamento ingovernabile la cui massima aspirazione potrebbe essere una sorta di “bis” del “governissimo” guidato fino a fine 2012 da Mario Monti col sostegno di tutte quelle forze politiche che in campagna elettorale hanno fatto a gara nel tentativo di far dimenticare la propria partecipazione ad un governo su cui pesa ogni giorno di più l’accusa di aver contribuito, con una manovra “lacrime e sangue” che ha seguito le indicazioni dell’Europa (e in particolare della Germania), a far precipitare in recessione un’economia già sulla strada del declino e che di suo non è stata mai in grado di crescere in misura meno che trascurabile negli ultimi 15 anni.
Ma su cosa scommettono al momento le maggiori case d’investimento? Il Credit Suisse, in una nota preparata da Giovanni Zanni e Violante Di Canossa e diramata stamane, prova a fare il punto. Per gli esperti lo scenario più probabile, con buona pace di chi vuole vedere altro, “resta un governo di coalizione tra il centro-sinistra guidato da Pier Luigi Bersani e il centro guidato da Mario Monti”. Tuttavia, ammettono gli esperti, “per quanto tutti i sondaggi più recenti corroborino tale scenario, che dovrebbe essere moderatamente positivo per i mercati, vi sono diverse alternative e sotto-scenari che non possono essere esclusi”. Il che significa che “le elezioni italiane restano un evento a rischio significativo e non si possono escludere sorprese nell’ultima settimana di campagna elettorale” (questa). Tre le ipotesi che si confrontano: una vittoria chiara del centro-sinistra alla Camera e al Senato; un’ampia maggioranza di centro-sinistra alla camera ma solo una maggioranza relativa al Senato; una serie di sottoscenari negativi (per i mercati) come la vittoria del centro-destra sia alla Camera sia al Senato o la necessità di una maggioranza di governo molto ampia o persino la necessità di tornare in pochi mesi a votare nuovamente.
Gli esperti del Credit Suisse attribuiscono il 25% di probabilità alla prima ipotesi, il 50% alla seconda e circa l’1%, il 20% e il 5% alle ultime tre ipotesi. Quanto poi all’esame delle differenti piattaforme politiche, gli analisti notano come tutti si siano tenuti il più possibile sulle generali, anche se è emerso diffusamente la percezione della necessità di ridurre il carico fiscale (e ci mancherebbe, verrebbe da aggiungere). Vi è anche “un consenso generale sul fatto che molto resti da fare sul fronte del mercato del lavoro, dopo la cosiddetta “Riforma Fornero” approvata lo scorso anno”. Vi è anche “un forte consenso trasversale circa la necessità di procedere a ulteriori liberalizzazioni, in tutti i settori, per quanto su questo fronte la capacità di implementazione sia risultata finora seriamente carente”, basti pensare alle mancate liberalizzazioni di taxi e farmacie dello scorso anno, per non dire della riforma delle “libere professioni”. Infine nonostante numerosi distinguo le posizioni dei principali raggruppamenti politici sono tutte genericamente pro-europee.
Messe così le cose il sospetto (cui avevo fatto cenno settimane fa) è che, chiunque vinca, non cambierà fondamentalmente nulla. L’Italia è del resto troppo legata da vincoli esterni (ed interni) per avere realmente opzioni da scegliere. Le tasse dovranno certamente scendere, ma sarà possibile farlo solo se a livello europeo si troverà un consenso su misure di sostegno al debito e rallenterà la stretta creditizia in atto. Questo a sua volta richiederà, eventualmente, il via libera all’Omt della Bce che offrirà temporaneo ma importante supporto ai titoli di stato che non dovranno più essere sottoscritti “per amor patrio” dalle banche, come pure eventualmente la nascita anche in Italia di un veicolo finanziario simile alla spagnola Sareb, “bad bank” a cui verrebbero venduti parte consistenti dei portafogli prestiti finiti in sofferenza (a fine novembre scorso le sofferenze nette, ossia già tenuto conto di svalutazioni e accantonamenti a fondi rischi, erano superiori ai 62 miliardi di euro, circa 11,6 miliardi più che a fine novembre 2011).
Il mercato del lavoro dovrà ulteriormente essere riformato, ma per evitare che il tutto si trasformi in un’ulteriore precarizzazione occorrerebbe avere un minimo di ripresa in atto (Anima Sgr si dice ottimista circa la possibilità che qualcosa torni a mettersi in moto dalla fine del prossimo trimestre, staremo a vedere). Le liberalizzazioni sarebbero un ottimo grimaldello per rompere monopoli, oligopoli e rendite di posizione fornendo benzina al motore della ripresa e del lavoro, ma proprio perché si andrebbe a toccare interessi concreti e fossilizzati da anni di caste e lobbies diffuse in tutta Italia è veramente difficile pensare di vedere risultati concreti nel giro di pochi mesi. La nottata deve ancora passare, insomma, con un’incognita che resta sullo sfondo a mio avviso: alla domanda sempre più pressante da parte dei cittadini/elettori/contribuenti italiani affinché si faccia chiarezza circa le prospettive del paese per i prossimi decenni, così da sapere se e quali pensioni e servizi sociali potremo avere e che prospettive di lavoro e avanzamento sociale possono avere i nostri figli e nipoti, fa tuttora riscontro una totale assenza di offerta politica (ed economica).
La gente vuole sapere quale sarà il suo futuro, se avrà una pensione, se le banche torneranno a concedere mutui, se il titolo di studi garantirà ancora occasione di crescita e mobilità sociale. O se occorrerà trovare strumenti del tutto nuovi. Il fatto che la campagna elettorale che va chidendosi si sia giocata quasi esclusivamente nei salotti televisivi, tra schieramenti impegnati a denigrarsi a vicenda e a criticare gli errori compiuti in un passato più o meno recente anziché fare proposte chiare su quali ricette si abbiano in mente per il paese non consente purtroppo alcun facile ottimismo.