Ici, non solo Chiesa: ecco chi non paga la tassa sugli immobili
La settimana che sta per chiudersi ha inaugurato una altra lunga serie di polemiche, innescate dalla esenzione del pagamento dell'Ici di cui beneficerebbe la Chiesa italiana. Ieri poi è trapelata la notizia secondo cui il decreto salva Italia non prevede la rivalutazione delle rendite catastali del 60 per cento (esclusa per gli immobili di classe B, come scuole, convitti, seminari) per il clero. Ma sembra lapalissiano che se l'austerità intrinseca alla manovra di Monti deve essere davvero equa, l'abolizione dei privilegi ecclesiastici si rende necessaria. Insomma, i sacrifici richiesti dal nuovo governo tecnico, devono riguardare tutti.
Le paroline magiche degli immobili “non esclusivamente commerciali” appaiono come una furberia da parte della Chiesa: leggenda vuole (e anche per questo il punto va ben chiarito) che basterebbe costruire una piccola cappella in un edificio "commerciale" della Chiesa (come ad esempio un albergo) e l'Ici diventa solo un lontano ricordo. Forse anche per questo il presidente della Conferenza episcopale italiana Angelo Bagnasco ieri si è detto «disponibile a discuterne».
Tutti i luoghi di culto non pagano l'ICI
Ma è giusto precisare che, dal momento che l'esenzione dell'Imposta comunale sugli immobili riguarda, per l'appunto, gli enti "non commerciali o che svolgano attività non esclusivamente di carattere commerciale", non sono solamente le parrocchie, le case di cura e gli oratori che dipendono dalla Chiesa a beneficiarne. Restando nella sfera religiosa vanno infatti annoverati tutti i luoghi di culto: dalle proprietà di anglicani, protestanti e ortodossi, fino alle sinagoghe ebraiche e moschee musulmane, oltre all’unico edificio dell’Unione buddhista italiana situato a Milano.
Privilegiate le proprietà di enti senza fine di lucro
La legge vuole che la tassa sugli immobili non venga pagata dalle proprietà di enti senza fine di lucro «destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive». Per cui le associazioni no profit sono esentate dal pagamento dell’Ici, almeno per gli edifici che usano come sedi proprie e, per l'appunto, non a fine di lucro. Dunque Emergency, Medici senza frontiere, l’Associazione per la ricerca sul cancro e la Lega per il filo d’oro. Lo stessi dicasi anche per i 5.500 circoli ricreativi presenti in Italia che fanno capo a organizzazioni non a fine di lucro. E ancora Confindustria, Legacoop, Coldiretti.
La cultura non paga
Non pagano neppure i musei, ma solo nella condizione che non svolgano al loro interno attività commerciali come book-shops o ristorazione di ogni livello; in tal senso ne sono esonerati pure i cinema (non multisala), teatri che non si avvalgono di compagnie professionali e sale d'essai.
Edifici istituzionali
E che dire poi dei cosiddetti edifici istituzionali? Per la precisione parliamo di quelle strutture pubbliche destinate a compiti istituzionali di proprietà dallo Stato. In tal senso non pagano gli edifici di Comuni, Province e Regioni, ma pure Università, consorzi tra enti pubblici, comunità montane e unità sanitarie locali. Tra questi dobbiamo annoverare pure le rappresentanze straniere in Italia, cioè consolati ed ambasciate, spesso situate in veri e proprie regge.
E i sindacati e i partiti?
I sindacati sono “enti riconosciuti senza fini di lucro”quindi non pagano l'Ici e se solo consideriamo il trittico maggioritario, Cgil – Cisl – Uil, gli immobili presenti sul territorio italiano sono centinaia. Ma le associazioni di categoria hanno subito respinto le accuse, affermando che «tutte le strutture sindacali, a ogni livello, pagano regolarmente l'Ici in base alla legislazione vigente», come si legge in un comunicato che così prosegue: «Cgil, Cisl e Uil possono attestare l'avvenuto pagamento dell'Ici con i relativi bollettini a disposizione di tutti gli organi di informazione, a dimostrazione della trasparenza dell'attività sindacale». I partiti invece l'Ici la pagano, a meno che non bypassino il sistema grazie alla fondazioni "culturali" esenti appunto dalla tassa.