I soldi della Cassa integrazione non arriveranno prima di maggio: allarme dei consulenti del lavoro
Se prevedono difficoltà operative e criticità procedurali per l'erogazione dei sostegni al reddito per i circa 5,6 milioni di dipendenti costretti a casa per via delle chiusure di alcuni settori produttivi, predisposte per fronteggiare l'emergenza sanitaria legata al Covid-19. I pagamenti degli ammortizzatori sociali non arriveranno prima di maggio, perché "le banche non son pronte per anticipare la cassa integrazione". Lo rivela un sondaggio, l'indagine ‘Emergenza COVID-19 e cassa integrazione', condotta tra l'8 e il 9 aprile dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, su un campione di 4.463 consulenti: per "il 91% degli interpellati" gli assegni verranno realisticamente liquidati solo il mese prossimo, e "l'83% denuncia la mancata operatività degli accordi per dare il via libera alle procedure per l'anticipazione bancaria" delle somme.
La situazione è complessa soprattutto al Sud. Secondo i Consulenti del Lavoro non solo il termine indicato dal Governo per il pagamento della mensilità di cassa integrazione, previsto entro il 15 aprile, non sarà assolutamente rispettato, ma sarà molto difficile che i sostegni ai lavoratori arrivino prima della fine del mese. Il 91% degli interpellati, infatti, ritiene che gli assegni verranno realisticamente liquidati solo nel mese di maggio. L'83% ha denunciato la mancata operatività degli accordi per dare il via libera alle procedure per l'anticipazione bancaria degli ammortizzatori sociali. Pertanto, secondo gli intervistati solo il 17% delle banche è ad oggi operativa. Forti differenze si riscontrano a livello territoriale: se al Nord Italia la quota di filiali attiva è pari al 28%, il dato scende al Centro Italia (12%) e nel Mezzogiorno (11%).
Al momento il sussidio per l'emergenza Covid è previsto per un massimo di 9 settimane su tutto il territorio nazionale e per 13 nelle regioni, cioè Lombardia, Veneto ed Emilia, territori più colpiti dal virus.
"Alcune banche richiedono l'esibizione del modello ‘SR41' che viene predisposto solo dopo l'autorizzazione Inps. Ma l'accordo ABI-parti sociali – dicono i Consulenti – è nato invece proprio per accorciare i tempi. Al ritardo nell'organizzazione del sistema si sommano poi le criticità implicite nello strumento frutto dell'accordo, a partire dalla scarsa chiarezza delle procedure individuate, segnalata dal 21,3% dei rispondenti. Nel complesso l'impianto di strumenti messo a punto per fronteggiare l'emergenza da Coronavirus – concludono – "si dimostra largamente inefficace per offrire quella rapidità di risposta, elemento essenziale a garantire un'effettiva tutela dei lavoratori. Molti sono i fattori che la stanno ostacolando, ma più di tutti pesa la pluralità ed estrema eterogeneità degli strumenti a disposizione per l'emergenza (secondo l'84% degli intervistati), mentre sarebbe stato più utile e semplice un ammortizzatore sociale unico. Altra criticità (84,1% degli intervistati) viene segnalata dall'errore di aver concentrato la gestione di tutto il sistema di interventi in un unico soggetto, l'Inps".