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Opinioni

I mercati tirano il fiato, occhi su Bpm e Fiat Industrial

In una giornata che ha visto borse e titoli di stato italiani e spagnoli recuperare terreno, i riflettori si sono accesi per Banca popolare di Milano e Fiat Industrial grazie a piani industriali e trimestrali. Perchè la crisi…
A cura di Luca Spoldi
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Caterpillar

Le borse europee, Milano compresa, e per una volta anche i titoli di stato periferici (col Btp decennale guida che vede il rendimento ridiscendere al 6,445% lordo annuo, 15 punti base sotto i livelli della vigilia, e lo spread contro Bund riportarsi al 5,18%, 18 punti base meno di ieri) dopo una seduta volatile recuperano una frazione dei punti persi da inizio settimana a causa del riacutizzarsi dei timori circa la tenuta dell’euro e la possibilità che la crisi del debito sovrano trovi una soluzione non traumatica.

Merito anche di Ewald Nowotny, banchiere centrale austriaco e membro del board della Banca centrale europea, secondo il quale per quanto la Bce non intenda tornare ad acquistare debito dei sovrani periferici europei come Italia e Spagna, le discussioni circa la possibilità di dare una licenza bancaria ai fondi salva stato “proseguono” e potrebbero dunque portare ad una soluzione che in molti prefigurano come il “bazooka” con cui Mario Draghi potrebbe calmierare i mercati quel tanto che basta per superare l’estate e magari dare modo ai politici europei di fare concreti progressi verso quel patto per la crescita che affiancando il fiscal compact potrebbe far ripartire l’economia del vecchio continente, in attesa che l’unione fiscale e bancaria, dunque politica, si compia mettendo la parola fine (si spera) alla crisi.

Ma oltre ai consueti temi creditizio-finanziari (e qualche ulteriore dato macro, peraltro contrastante), a occupare la scena sono oggi nuovamente trimestrali e piani industriali. A Milano, ad esempio, ha tenuto banco il piano 2012-2015 di Banca popolare di Milano col quale l’istituto, da tempo ritenuto tra i più deboli del settore italiano assieme a Mps e Banco Popolare, spera di centrare obiettivi importanti pure scontando uno scenario difficile fatto di Pil in calo o in modesta crescita, disoccupazione sempre elevata e costo del rischio stabile ma passibile di un peggioramento se lo scenario macro dovesse rivelarsi peggiore delle previsioni.

Obiettivi che si possono sintetizzare in un rafforzamento patrimoniale, una recupero di redditività e una revisione del modello organizzativo-gestionale della banca, che attraverso 700 esuberi (di cui 50 dirigenti, pari a un calo del 25% dei manager di Bpm), 2.300 ricollocamenti, una decisa limatura di spese amministrative e ammortamenti, una riqualificazione del personale e il varo di nuovi percorsi di carriere che appiattiranno l’organizzazione aziendale spera di generare nel 2015 utili operativi in crescita a 1,7 miliardi di euro a fronte di oneri operativi in calo a 980 milioni, con un risultato di gestione attorno ai 780 milioni di euro e un utile netto di circa 270 milioni di euro (contro una perdita netta normalizzata di 176 milioni di euro ovvero una perdita netta consolidata di 614 milioni di euro nel 2011).

Il tutto mentre il rapporto impieghi/depositi si sgonfierebbe, scivolando dall’attuale 102% al 97%, il cost/income scenderebbe dal 77,3% al 56% circa, il Tier 1 Ratio risalirebbe dall’8,6% di fine 2011 al 9,8% circa, mentre il Core Tier 1 Ratio andrebbe dall’8% al 9%, anche senza tener conto di eventuali dismissioni di asset non strategici come portafogli impieghi, partecipazioni di minoranza o portafoglio fondi. Una “rivoluzione” che farebbe di Bpm una banca “normale” dopo anni di gestione a dir poco condizionata dai rapporti di forza tra sindacati interni e potere politico, soggetti spesso poco attenti a valori come la redditività delle operazioni in essere su cui pure si basa la sostenibilità di una qualsiasi attività economica.

A Wall Street, sempre oggi, è invece finita sotto i riflettori (dopo la “delusione” di ieri di Apple, i cui utili e fatturato trimestrali sono saliti meno del previsto a causa del rallentamento delle vendite di iPhone in attesa del nuovo modello che uscirà prima della fine dell’anno) Caterpillar. Nel trimestre appena concluso il gruppo ha segnato un utile netto record di 1,7 miliardi di dollari (dagli 1,02 miliardi di un anno fa), pari a 2,54 dollari per azione (da 1,52 dollari), rispetto ad attese di consensus attorno a 2,28 dollari. Dal canto loro le vendite sono aumentate del 22% su base annua a 17,4 miliardi di dollari (anche in questo caso facendo meglio delle previsioni di mercato, ferme a 17 miliardi).

Di più: Caterpillar ha preannunciato un utile attorno ai 9,6 dollari per azione nel 2012 (contro previsioni precedenti di 9,5 dollari) a fronte di vendite tra i 68 e i 70 miliardi di dollari (in questo caso limando la parte superiore della precedente forchetta di 68-70 miliardi, a causa del possibile effetto negativo del “dollaro forte”). Segnale che la ripresa resta solida in particolare sui mercati emergenti dove molti gruppi del settore delle costruzioni sono impegnati ad un rinnovo dei propri macchinari per tener dietro al continuo flusso di nuove commesse (commesse che in ogni caso continuano a giungere anche da mercati sviluppati come gli Usa: è di ieri la notizia che un consorzio cui partecipa l’italiana Impregilo ha vinto una gara da 650 milioni di dollari per la progettazione e costruzione di un nuovo ponte a Long Beach, in California).

Le buone notizie per Caterpillar hanno messo di buon umore, a Milano, il titolo Fiat Industrial, holding nata dallo scorporo delle attività industriali da quelle automobilistiche del gruppo Fiat e che controlla in particolare Cnh (cui fanno capo anche i marchi Steyer e Kobelco), Iveco e Ftp Industrial. Cnh è del resto con 13 miliardi di euro di ricavi complessivi uno dei principali concorrenti di Caterpillar, anche se soffre di alcuni problemi, anzitutto dovuti alle dimensioni ancora modeste rispetto al concorrente a stelle e strisce e poi per la relativa illiquidità del titolo azionario, che capitalizza attorno agli 8 miliardi di euro in borsa contro i 9,6 della controllante, i 10,5 di un concorrente come Scania, i 18,9 di Volvo, per non dire i 24,8 di John Deer e i circa 50 miliardi della stessa Caterpillar.

Per questo da tempo il gruppo Fiat ha annunciato di voler arrivare ad un’integrazione tra Fiat Industrial e Cnh attraverso la crezione di una “newco”che porterà al ritiro dei due titoli e al collocamento a Wall Street e su una seconda piazza in Europa (non necessariamente Milano) delle azioni della nuova società. Un’operazione che dovrebbe consentire una migliore allocazione del capitale del gruppo Fiat, la possibilità di recitare il ruolo di polo aggregante nel processo di consolidamento in corso nel settore e un aumento delle dimensioni “industriali” in mercati chiave per il futuro come Cina, Brasile o Argentina. Non è ancora la risposta ideale (che a mio avviso resta quella di un’eccellenza produttiva) ma ci si avvicina, potendo dare la possibilità di accedere a una maggiore e migliore dotazione di mezzi finanziari con cui provare a recitare il ruolo di produttore indipendente.

Di sicuro i numeri e le stime di Caterpillar dimostrano che spazi per crescere, anche in un periodo difficile come l’attuale, esistono eccome. Se Fiat Industrial (ma il discorso vale anche per il gruppo Bpm nel proprio campo) saprà giocarsi bene la partita e riorganizzarsi per offrire nuovi prodotti e servizi al passo con le esigenze della sua clientela, la turbolenta fase economica attuale potrebbe generare nei prossimi anni un gruppo molto più solido dell’attuale, magari anche approfittando di qualche passo falso dei concorrenti che appaiono tutto meno che imbattibili. Come detto più volte, da ogni crisi possono nascere opportunità, in tutti i campi: basta saperle e poterle cogliere.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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