video suggerito
video suggerito
Opinioni

I default sovrani fanno male a tutti

Bando ai moralismi: un default sovrano non è una soluzione nè per chi lo dichiara (come capità all’Argentina) ne per chi cerca di evitarlo (come la Germania con la Grecia). Cerchiamo di capire il perchè…
A cura di Luca Spoldi
105 CONDIVISIONI

Yannis Stournaras

A rischio di provocare un picco negativo di letture, oggi voglio tralasciare ogni teoria di fanta-economia e parlarvi di piccoli fatti concreti: ogni tanto fa bene. Un primo piccolo fatto concreto è che in un mondo dove molti pensano ancora che ricorrere ai default sia la scorciatoia migliore per evitare di pagare i conti, l’Argentina rischi l’ennesimo crack proprio perché, dopo una sentenza sfavorevole di un tribunale americano (per fortuna di Buenos Aires congelata dall’accoglimento del ricorso subito presentato), il paese sembra sempre più in difficoltà nel pagare gli interessi sui titoli di stato emessi in base a leggi internazionali, tanto che oggi persino un analista equilibrato come Alessandro Fugnoli si sente in dovere di ricordare che “l’Argentina, nonostante l’enormità delle sue ricchezze, è un bancarottiere seriale che spenna sistematicamente i suoi creditori e, nonostante questo, diventa in termini relativi sempre più povero”.

Apparentemente non rischia di subire lo stesso destino la Grecia, che dopo gli accordi di lunedì in seno all’Eurogruppo si avvia a lanciare, lunedì prossimo, un buy-back sulla metà dei circa 125 miliardi di euro di titoli di stato detenuti da investitori privati tuttora in circolazione (quelli che lo scorso marzo sono stati concambiati al 30% del proprio valore nominale). Con l’operazione che, bontà sua, il ministro delle Finanze di Atene, Stournaras Yannis, ha definito “complicata” e per la quale ha fatto subito appello al patriottismo (vi ricorda nulla, magari analoghi inviti rivolti dai banchieri ai piccoli risparmiatori di un paese europeo a forma di stivale?) perché aderire all’offerta “è un dovere patriottico, è una questione di credibilità”, anche se finirà col mettere ancora più in crisi i già disastrati conti delle banche greche (che come quelle italiane o spagnole sono infarciti di titoli di stato nazionali), la Grecia dovrebbe tagliare di almeno 40 miliardi il debito pubblico.

Pallottoliere alla mano questo significherà offrire 22-22,5 miliardi per 62,5 miliardi circa di valore nominale di titoli, ossia riacquistare i titoli in mano ai privati al 35% del loro valore nominale (che vuol poi dire al 10% del valore originario a cui furono sottoscritti, un bel “taglio di capelli” del 90% fortemente voluto da Berlino per “punire” gli spendaccioni greci). Il guaio è che la Grecia, altro fatto incontestabile, pur essendo a sua volta un paese che, per citare ancora Fugnoli “ha goduto di enormi finanziamenti comunitari, di flussi di capitale tedeschi e francesi e di tassi d’interesse che erano una frazione di quelli pagati dai paesi vicini e ha sperperato tutto in pochi anni” di suo non è più in grado di rimborsare nulla e infatti i soldi per l’operazione sono stati trovati all’estero (13 miliardi di fondi extra rispetto ai 41 miliardi di ulteriori aiuti sbloccati dall’Eurogruppo, ha tenuto a precisare Yannis). Soldi su cui la Grecia non pagherà nulla di tasca propria per i prossimi dieci anni, dipendendo in tutto e per tutto dalla Ue, ossia da Berlino, per sopravvivere.

Insomma: fuori da ogni moralismo se stiamo ai fatti fare default, almeno a livello sovrano, non è mai una buona idea né per chi lo dichiara né per chi si adopera affinché non sia dichiarato. La verità è, come detto più volte, che l’economia dovrebbe limitarsi a offrire ricette empiriche funzionali ai bisogni che si vuole soddisfare (nel caso di uno stato si presume sia il tenore di vita di tutti i suoi cittadini). Tenetelo a mente ogni volta che sentite qualcuno filosofeggiare di economia e intanto, magari, attendete una corsa di autobus o metropolitana che non passa perché l’azienda è al collasso e i dipendenti attuano scioperi “a sorpresa” (come succede da mesi a Napoli), o qualche manager minaccia di chiudere l’ennesimo sito produttivo in Italia e di spostare la sede legale (e fiscale) del proprio gruppo all’estero, magari in Olanda o Irlanda.

O, peggio ancora, quando coloro che hanno rottamato l’Italia costringendola nelle attuali condizioni a seguito della propria inerzia e costante difesa di rendite di posizione, interessi privatissimi e privilegi di casta (e fiero osteggiamento di qualsiasi serio tentativo di riforma in senso di maggiore apertura e concorrenza di qualsivoglia settore economico) proveranno a farsi passare per rottamatori chiedendovi (ancora una volta) il voto con slogan contro Angela Merkel, l’euro, gli speculatori, la lobby delle banche e le tasse, quelle stesse che hanno votato in Parlamento fino all’ultimo.

105 CONDIVISIONI
Immagine
Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views