Guerra in Ucraina, Borri (Luiss): “Rischiamo nuova impennata in bolletta, anche 50% su gas e luce”
L'invasione russa in Ucraina può portare a «una nuova e significativa impennata in bolletta, anche del 50% su gas e luce». A dirlo ai microfoni di Fanpage.it è Nicola Borri, professore di Asset Pricing all'Università Luiss. Fare previsioni precise, secondo il docente, è impossibile, ma sarebbe molto probabile ora vedere nuovi aumenti come quelli già registrati negli ultimi mesi. L'Italia produce infatti il 60% dell’elettricità usando il gas e metà di questo arriva dalla Russia, le cui forniture potrebbero ulteriormente abbassarsi. Per questo l'esecutivo Draghi, come riferito dallo stesso premier stamattina in un'informativa urgente alla Camera, sta predisponendo appositi piani d'emergenza.
Professore, quanto impatterà la guerra in Ucraina sui prezzi di gas e luce per i cittadini?
Gli aumenti sui mercati di questi due giorni ci anticipano ciò che accadrà: dobbiamo prepararci a possibili balzi significativi nei prossimi due mesi sul gas e sulla luce. Ci sono diverse incertezze ed è praticamente impossibile fare previsioni, ma a gennaio abbiamo già visto aumenti del 55% per il gas e quasi del 42% per l'energia elettrica. Ora è molto probabile che ce ne saranno di nuovi della stessa entità, a meno che non paghi qualcun altro. Ma c'è anche da dire che la reazione dei mercati azionari americani di ieri è stata strana e mi ha sorpreso.
Perché?
Una possibile interpretazione è che forse ci si aspettava che il governo ucraino fosse in grado di resistere un po' di più. Lo scenario che i mercati sembrano immaginare ora è una Russia che rapidamente conquista l'Ucraina e che poi la situazione torni calma. In questo senso la situazione è paradossalmente meno nociva sull'economia del previsto. Ma questo ovviamente a discapito della democrazia e delle vite umane.
Torniamo alle bollette: qualche impresa ha già visto triplicare i costi in bolletta nell'ultimo anno, ora rischia di chiudere?
Il costo dell'energia si scarica prima di tutto sulle imprese. Bisogna capire se queste poi riescono o meno a scaricarlo sui consumatori e l'inflazione che aumenta sembra indicare questo. La questione è che se le imprese scaricano molto i costi sui consumatori ci sarebbe da attendersi una risposta della Banca centrale europea con l'aumento dei tassi di interesse. Quello sì che sarebbe un pericoloso aumento dei costi per le imprese.
Pensa che sia adeguato il piano di emergenza messo in piedi dal governo?
Nel breve periodo, pensiamo sempre ai prossimi due mesi, è praticamente impossibile modificare in maniera significativa le disponibilità di gas, per l'Italia come per l'Europa. Come Continente siamo molto dipendenti dal gas russo. La direzione del governo Draghi è giusta: vanno trovate altre fonti e aumentata la produzione nazionale, ma i cambiamenti repentini sono praticamente impossibili.
Il premier ha anche aggiunto che potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone. Non è un boomerang rispetto al percorso di transizione ecologica intrapreso dall'Italia?
Non sono un esperto in materia, ma non credo sia facilissimo riaprire una centrale chiusa. Da quello che io so una volta che vengono chiuse non è banale rimetterle in funzione. Poi dal punto di vista della direzione ambientale è sicuramente un boomerang.
Quanto tempo ci vorrà per applicare il piano d'emergenza del governo?
Per l'inverno prossimo o l'inizio del 2023 abbiamo assolutamente la possibilità di trovare altre fonti di approvvigionamento e aumentare in modo importante la produzione nazionale. Ma nel frattempo ci sono comunque buone notizie.
Quali sono?
Sono due: una è che alcuni dati gli stock di gas accumulati in Europa sono un po' più alti del solito, quindi da questo punto di vista abbiamo delle riserve in più. Quest'ultime possono essere utilizzate anche domani. Altra notizia positiva è che soprattutto nel sud dell'Europa andiamo verso i mesi più caldi. Inoltre è già un inverno abbastanza mite, quindi il consumo del riscaldamento non è enorme e diminuirà. Il discorso di Draghi quindi si sposta un po' oltre.
Sul prezzo del petrolio, invece, l'invasione militare sembra avere meno effetti negativi.
Sul petrolio siamo meno legati alla Russia e si parla del fatto che l'Iran possa tornare a produrre. Questa ora sarebbe una notizia positiva, almeno nel breve termine. Discorso più serio, invece, è quello delle materie prime e in particolare del grano, che in gran parte arriva da Mosca e sui cui ci saranno probabilmente nuovi aumenti.