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Good bank, la cessione slitta di qualche giorno? Il nodo CariFerrara

Il 30 settembre scade il termine per cedere le quattro “good bank” nate dalle ceneri di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, ma è probabile un leggero slittamento. Resterebbe da sciogliere in particolare il nodo relativo al futuro di CariFerrara: liquidazione o salvataggio-bis?
A cura di Luca Spoldi
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La cessione delle quattro “good bank” nate dalle ceneri degli istituti risolti alla fine dello scorso anno (Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara e CariChieti) avrebbe dovuto essere completata entro il 30 settembre, ma a 24 ore dalla scadenza del termine indicato dalla Commissione Ue si parla con insistenza di una ulteriore proroga che secondo fonti citate dall’agenzie Reuters verrebbe concessa “senza nessun problema” da Bruxelles, essendo in corso trattative “solide e valide come quelle che ci sono”.

Già oggi, secondo una delle fonti citate da Reuters, nel corso di una riunione del Single supervisory board (Ssb, unità indipendente in seno alla Bce cui spettano i compiti di vigilanza bancaria) è probabile che si stato affrontato anche un primo esame della trattativa che secondo voci di mercato Ubi Banca avrebbe avanzato per tre dei quattro istituti (ossia le “nuove” Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti).

In aggiunta alla proposta di Ubi Banca, sempre secondo fonti riprese da Reuters, dovrebbero essere state considerate altre due ipotesi, la cessione dei quattro istituti in blocco e il destino di CariFerrara: il problema pare essere che al momento non siano state formulate proposte per rilevare in blocco i quattro istituti, mentre degli altri due ventilati pretendenti solo uno, Banca popolare di Bari, ha confermato per bocca del suo presidente, Marco Jacobini, un interesse per la sola CariChieti, mentre Bper, apparsa inizialmente interessata a Banca Etruria, sarebbe tentata dal rinunciare. In questo caso CariFerrara resterebbe senza compratori.

E’ evidente che l’interesse per i quattro istituti sia molto modesto da parte delle banche italiane (le offerte dei fondi Apollo e Lone Star vennero considerate irricevibili lo scorso agosto), già alle prese con proprie problematiche e intenzionate, almeno stando a quanto più volte dichiarato dai vertici (in particolare, per Ubi Banca, dall’amministratore delegato Victor Massiah), a procedere solo a condizione che le eventuali acquisizioni creino valore per i propri azionisti.

Una precisazione che parrebbe ovvia, ma in un paese in cui i costi del “salvataggio” (per ora) dei quattro istituti rischiano di scaricarsi sulla clientela delle banche che maggiormente hanno dovuto “spontaneamente” contribuire al Fondo nazionale di risoluzione (Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi Banca, in particolare, erogarono al Fondo un prestito da 1,6 miliardi) non è così scontata.

Già, perché Ubi Banca, Banco Popolare, Unicredit e CheBanca! avrebbero già aumentato i costi per i propri correntisti in parte per coprire i maggiori oneri derivanti dall’intervento a favore delle banche risolte, in parte per compensare i maggiori contributi ad un altro fondo, quello interbancario di garanzia sui depositi che tutela i correntisti sino all’importo massimo di 100 mila euro per conto in caso di fallimento di un qualsiasi istituto, in parte ancora per compensare maggiori oneri come ad esempio le commissioni interbancarie sulle carte di credito, di recente aumentate.

Intesa Sanpaolo, ferma questo giro, in realtà aveva già anticipato i concorrenti aumentando i costi dei conti correnti nel primo semestre. Morale: mentre a Roma e Bruxelles si discute, le banche provano a recuperare redditività non tramite il lancio di nuovi servizi né tramite il taglio dei costi (che del resto significherebbe un’ulteriore riduzione di sportelli e dipendenti, trend peraltro già in atto da tempo e destinato a proseguire anche per la rivoluzione “disruptive” portata dalla tecnologia applicata in ambito finanziario), bensì con un aumento del prezzo dei propri servizi di base.

Quanto a CariFerrara, se non si troveranno acquirenti la banca potrebbe finire in liquidazione e in questo caso proprio il Fondo interbancario di garanzia dei depositi dovrebbe coprire 1,4 miliardi di depositi garantiti, avendo in cambio la prelazione nel recupero degli asset che il commissario liquidatore andrebbe poi a cedere sul mercato. Considerando che il Fondo nazionale di risoluzione ha già anticipato 1,8 miliardi per salvare le quattro “good bank” e rischia di non ottenere dalla loro cessione più di 400-500 milioni, con una perdita secca di circa 1,3-1,4 miliardi, si potrebbe arrivare a un secondo salvataggio, ma come?

Le ultime voci sembrano escludere un intervento di Cassa depositi e prestiti o del Fondo Atlante e parlano della possibiliatà che sia il Fondo interbancario di garanzia sui depositi a rilevare e ricapitalizzare CariFerrara per poi cederla a qualche altro istituto (si è fatto il nome di Cariparma, anche se senza troppa convinzione). Il Fondo è infatti un consorzio obbligatorio di diritto privato e potrebbe prendere visione dei conti aggiornati di CariFerrara e valutare se è risanabile, sempre che Bruxelles sia d’accordo a un ulteriore allungamento dei tempi.

Bruxelles, perltro, lo scorso anno aveva già posto il veto all’ipotesi che il Fondo stesso ricapitalizzasse preventivamente CariFerrara, quindi il via libera non è scontato. Il governo italiano finora ha ostentato grande sicurezza, ma nessuno si azzarda a mettere la mano sul fuoco riguardo l’esito di questa intricata partita, che peraltro riguarda una frazione minima del settore creditizio italiano, cosa che fa riflettere sulla reale solidità (o meno) del sistema bancario italiano.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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