Gli stipendi in Italia crescono meno che in Europa, il potere d’acquisto delle famiglie è calato
Nel secondo trimestre dell'anno, cioè il periodo tra aprile e giugno 2024, gli stipendi nei Paesi dell'Eurozona sono cresciuti del 3,55% rispetto a un anno prima. Un dato che potrebbe sembrare positivo, ma ci sono diverse cose da tenere a mente. Innanzitutto, il dato (della Banca centrale europea) si riferisce agli aumenti negoziati, quindi non a quelli già avvenuti ma a quelli che sono stati concordati – soprattutto con rinnovi di contratti collettivi – e verranno applicati nei prossimi mesi. In più, un aumento del 3,55% è piuttosto contenuto: il più basso dalla fine del 2022. Per l'Italia, poi, la situazione è peggiore: gli aumenti di stipendio sono stati sotto la media dell'Eurozona, e il potere d'acquisto è bel lontano dal periodo pre-pandemia.
Come vanno gli stipendi nella zona Euro
In tutto lo scorso anno, infatti, l'aumento degli stipendi dei Paesi Euro era stato ben al di sopra del 4%, con un picco del 4,74% nel primo trimestre del 2024. Una risalita partita dall'inizio del 2022, con la fine degli effetti più pesanti della pandemia, e che ora sembra aver rallentato il passo, anche a causa delle difficoltà della Germania.
Per i dipendenti questa non è una buona notizia. Anche perché dopo la pandemia non sono aumentati solo gli stipendi, ma anche – e in misura maggiore – i prezzi. L'inflazione altissima registrata nel 2022 e in buona parte del 2023 ha ridotto il potere d'acquisto dei cittadini, e solo in pochi casi i salari sono riusciti a compensare questa perdita.
Perché l'Italia è in una situazione peggiore
Per di più, in Italia la crescita dei salari è andata più a rilento che nel resto della zona Euro. Da aprile a giugno 2024, quando la Bce ha registrato un +3,55% per i Paesi con l'Euro, in Italia ci si è ‘fermati' al +3,1%, secondo Istat. A inizio 2024, quando l'Eurozona segnava un +4,74%, l'Italia aveva un +2,8%. E così via, nei trimestri precedenti. Tra i motivi c'è la lentezza dei rinnovi dei contratti collettivi, soprattutto quelli pubblici.
A dimostrare le difficoltà dell'Italia c'è un rapporto dell'Ocse, pubblicato il mese scorso: i salari reali, cioè quelli calcolati tenendo conto non solo della somma in busta paga, ma anche di cosa si può effettivamente comprare con quei soldi, sono ancora decisamente più bassi rispetto a prima della pandemia. Nei primi tre mesi del 2024, in Italia il potere d'acquisto era più basso del 6,9% rispetto al 2019. Questo è il dato più basso di tutti i Paesi Ocse, dove in media il potere è aumentato di poco meno del 2% nello stesso periodo.
L'attesa della Bce per i tassi d'interesse
Se c'è un possibile risvolto positivo, in questa situazione, sarà la Banca centrale europea a deciderlo. Infatti, il 12 settembre la Bce si riunirà per decidere se è il momento di tagliare di nuovo i tassi d'interesse, come fatto a giugno per la prima volta dopo anni. Nel corso dell'estate la Banca ha deciso di mantenere stabili i tassi, ma se i salari dimostrano di non crescere molto (diminuendo il rischio che l'inflazione torni a salire), potrebbe arrivare un altro taglio a settembre. A beneficiarne, se dovesse avvenire, sarebbero tutti coloro che hanno un mutuo a tasso variabile o vogliono chiedere un prestito.