Un’eventuale ritorno alle urna dell’Italia? Secondo gli analisti di Credit Agricole sarebbe l’ipotesi peggiore, con un’ulteriore probabile ondata di vendita di titoli di stato da parte degli investitori esteri che pure, trimestrali alla mano, erano tornati a scommettere sui Btp nell’ultimo trimestre del 2012 e probabilmente solo negli ultimi giorni sono tornati ad alleggerire le posizioni. Secondo Luca Jellinek, a capo degli strategisti del settore a reddito fisso europeo di Credit Agricole se si tornasse subito a votare (ipotesi cui gli analisti francesi assegnano un 45% di probabilità, dunque tutt’altro che da escludere) “gli investitori esteri smetterebbero di comprare Btp e forse inizierebbero anche a venderlo. Lo spread andrà quindi, verosimilmente, ad allargarsi” fino al 4,5% (dal 3,5% a cui è già balzato dopo il voto). Se poi anche questo secondo turno elettorale a distanza ravvicinata non cambiasse sostanzialmente le forze in gioco lo spread potrebbe balzare al 5%, tornando in pratica vicino ai livelli che fecero crollare a fine 2011 il governo Berlusconi e vanificando un anno di sacrifici fatti.
Uno scenario da brivido ma di cui non può non tener conto un paese come l’Italia che a fronte di 2 mila miliardi circa di debito pubblico si trova quest’anno a doverne emettere per circa 300 miliardi (a tassi che rischiano di salire ben oltre il 4,83% toccato oggi dal decennale in asta, sui massimi dallo scorso ottobre ma ancora distante dai livelli di guardia del novembre 2011 quando venne sfiorata la soglia del 7% oltre la quale paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia hanno dovuto chiedere l’intervento di Ue, Bce e Fmi in cambio di ulteriori impegni a ristrutturare i propri conti pubblici). Se invece Pierluigi Bersani dovesse farcela a trovare un’intesa e garantirsi un governo più o meno stabile (ipotesi accreditata nel complesso del 55% di probabilità), per il Credit Agricole lo spread potrebbe nuovamente calare, anche fino all’1,5%.
Ma con chi dovrebbe allearsi il segretario del Pd? L’eventuale “grande coalizione” col Pdl di Silvio Berlusconi (ipotesi cui andrebbe un 30% di probabilità) già tratteggiata negli scorsi giorni anche dagli esperti del Credit Suisse, sembra piacere di più che un’intesa “punto per punto” col Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo (cui gli esperti assegnano un 20% di probabilità).Non si tratta a quel che è dato capire di una “simpatia” politica o personale per l’uno o l’altro leader politico italiano, semplicemente nel primo caso gli analisti ritengono che l’esecutivo potrebbe avere meno difficoltà a “mantenere la linea fiscale e passare una nuova legge elettorale” (che riporterebbero lo spread sul 3%, ossia alla situazione ante-elezioni) anche se resterebbe improbabile (20% di possibilità) vedere il varo di riforme economiche (in grado se approvate di far calare lo spread al 2% secondo gli esperti francesi) e che in compenso rischierebbe (sebbene all’ipotesi venga assegnato solo il 10% di probabilità) di “non centrare i target sul deficit e collassare”, facendo così schizzare nuovamente lo spread al 4,5%.
E l’alleanza con Grillo? L’ipotesi è ritenuta poco probabile (25% di possibilità) ma non del tutto impossibile; gli esiti al momento non sembrano comunque molti dissimili dall’ipotesi di cui sopra, salvo che le possibilità di tenere fede agli impegni presi in campo fiscale e varare una nuova legge elettorale, varando anche riforme sufficienti a riportare lo spread al 2% vengono ritenute pari a circa il 15%. In compenso a quel punto l’ipotesi di un fallimento e conseguente collasso dell’esecutivo non sarebbe diversa da un’eventuale alleanza Pd-Pdl (anche in questo caso vi sarebbe un 10% di possibilità, con identica reazione in termini di spread, destinato a risalire al 4,5%).
Personalmente non sono in grado di esprimere valutazioni così puntuali sulle percentuali di probabilità dell’una o dell’altra alternativa, ma noto che oggi gli analisti del Credit Suisse, che solo ieri si erano espressi in termini molto simili a quelli dei colleghi francesi, hanno in parte aggiornato la propria visione, tornando a fare riferimento a una soluzione a livello europeo di una crisi che resta “sistemica” e che rischia pertanto di non trovare soluzioni a livello nazionale. Un’impostazione che ritengo più corretta e che porta gli uomini del gruppo svizzero a dichiarare di aver “già visto questo film”, notando “ovvi paralleli tra i risultati di ieri delle elezioni italiane e quelli dello scorso anno in Grecia che portarono a considerevoli perdite sui mercati finanziarie e a debolezza economica”.
Secondo il Credit Suisse una “prolungata incertezza circa l’abilità della politica italiana di formare un governo” potrebbe assieme alla persistente incertezza economica pesare sulle prospettive di crescita anche se l’Omt della Bce (il programma di acquisto di titoli di stato di membri della Ue in difficoltà che si impegnassero a sottoscrivere ulteriori condizioni circa la ristrutturazione dei propri conti pubblici e l’adozione di riforme strutturali in ambito economico, ndr) “dovrebbe limitare il contagio dall’Italia verso la Spagna”. Perché, chiaramente, è questo il timore di molti, che qualcuno in Italia possa pensare “tanto peggio tanto meglio” cercando di forzare la mano (solo poche settimane fa Beppe Grillo vaneggiava del resto di non ripagare il debito pubblico, come se il debito pubblico non fosse in larga parte detenuto dalle stesse banche e famiglie italiane).
In ogni caso per gli analisti il risultato delle elezioni italiane accresce le probabilità che sia Madrid a chiedere per prima un intervento di salvataggio da parte di Mario Draghi: “la crescita del supporto a partiti radicali sia in Italia e Grecia non è una coincidenza”, concludono gli esperti, quanto piuttosto “un segnale d’allarme” che potrebbe, a livello di Eurolandia, sospingere maggiormente il dibattito economico in corso verso “l’urgenza di tornare a far crescere l’economia” più che a puntare sul rigore. In caso contrario il supporto ai partiti radicali potrebbe crescere ulteriormente e portare ad un rinnovamento (distruttivo) ancora più drastico dello scenario politico.
In attesa che Berlino si ammorbidisca, un taglio di 25 punti base dei tassi ufficiali della Bce diventa, per gli esperti, “probabile più prima che poi”. Saltato un Mario (Monti), speriamo che un altro Mario (Draghi) riesca a trovare il bandolo di una matassa sempre più intricata, dando modo alla politica italiana, vecchia o nuova che sia, di elaborare finalmente una strategia di riforme del paese che non passi solo per l’ennesimo innalzamento della pressione fiscale e che offra una speranza nel futuro a milioni di giovani che ora sembrano averla persa quasi completamente.