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Opinioni

Germania-Grecia va ai supplementari

La crisi di Grecia va ai supplementari dopo il decisivo faccia a faccia di ieri tra Varoufakis e Schaeuble: affinchè l’Europa resti “forte e integrata”, Berlino e Atene alla fine troveranno un compromesso…
A cura di Luca Spoldi
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Ci hanno provato in tutti i modi, ma Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis tornano ad Atene dopo il “tour” che li ha visti incontrare i propri omologhi in Francia, Gran Bretagna, Cipro e Germania con gran parte delle proprie richieste disattese e un “avvertimento” da parte della Bce che sotto la pressione dei falchi della Bundesbank ha smesso di accettare titoli greci come collaterale per fornire prestiti alle banche in quanto, come ha ricordato Jens Weidmann (governatore della banca centrale tedesca e membro del board della Bce, spesso in contrasto con Mario Draghi) il governo greco ha scelto di “interrompere la collaborazione con la troika” Ue-Bce-Fmi e questo equivale se non a un atto di guerra ad un mezzo suicidio economico.

La stessa Bce ha finora concesso credito al sistema bancario greco , da un paio di mesi sottoposto a nuove crescenti pressioni (come testimonia la fuga di depositi in atto: dai 4 miliardi di euro di riscatti segnati in dicembre si è passati a oltre 10 miliardi a gennaio), facendo un’eccezione alle proprie regole che imporrebbero di prestare soldi solo a istituti solvibili che offrono come collaterale titoli con un rating “investment grade” (che la Grecia ha perso dopo il default pilotato del 2012) proprio perché Atene aveva finora “cooperato” con la troika. Staccare la spina, sia pure parzialmente (i 59,5 miliardi erogati dalla Bce tramite la banca centrale greca col programma di fornitura di liquidità d'emergenza, più caro dei fondi direttamente erogati da Eurotower e sottoposto a verifica quindicinale da parte del board della Bce, sono stati infatti confermati), rischia di rivelarsi molto costoso per le banche elleniche.

Nel decisivo faccia a faccia tra Varoufakis e il “prussiano ministro delle Finanze tedesche, Wolfgang Schaeuble, durato ieri un’ora più del previsto, i toni devono essere stati piuttosto accesi se lo stesso Schaeuble in conferenza stampa ha poi raccontato che si è trattato di una “lunga e intensa discussione” e che “non si è trovato l’accordo su tutto”, anzi l’unica cosa su cui sembra esserci stata identità di vedute è che “siamo d’accordo di non essere d’accordo”, salvo poi aggiungere che i due paesi restano “d’accordo sulla necessità di un’Europa forte e integrata”. Facile a dirsi, meno a farsi visto che è proprio la gestione della crisi europea che Atene rinfaccia alla Germania, avendone sperimentato gli effetti più deleteri sulla propria pelle da quattro anni. “Ho sempre ricordato ai miei colleghi di non dimenticarsi quali difficoltà vi siano state per i Greci” ammette Schaeuble, che però sottolinea come “non dobbiamo tuttavia dimenticare che la causa delle difficoltà greche sono in Grecia, non in Germania”. Uno a zero e palla al centro.

La Grecia “appartiene all’euro” ha concluso Schaeuble, aggiungendo di essere d’accordo (ma non erano d’accordo solo sul non essere d’accordo?) con Varoufakis, che il ministro tedesco definisce “un economista migliore di me”, che “è dovere morale comprenderci l’un l’altro e cercare una soluzione comune”, soluzione che tuttavia “non è stata trovata oggi e non era necessario trovarla oggi. La troika continuerà i suoi lavori in Grecia” checchè ne pensi Tsipras e si vedrà come andrà a finire. La replica di Varoufakis non si fa attendere: Germania e Grecia, spiega, hanno già sprecato un’opportunità per risolvere la crisi nel 2010 (quando l’allora premier George Papandreau, di cui peraltro lo stesso Varoufakis era “ghost writer” per i temi economici, rifiutò di varare una ristrutturazione del debito avvenuta poi due anni dopo) , “trattando un problema di solvibilità come se fosse un problema di liquidità”. Non è l’uno a uno, ma il tiro di Varoufakis fa fischiare la traversa.

Varoufakis a questo punto fa melina, ribdisce che il governo a guida Syriza non indulgerà in manovre tattiche e che varerà riforme di efficientamento macroeconomico (ma Syriza non aveva vinto le elezioni promettendo lo stop delle riforme volute dalla troika?), spiega che anzi la Germania può attendersi “dal mio governo proposte che siano nell’interesse dell’Europa, non solo della Grecia”, ma poi aggiunge: “abbiamo bisogno di una soluzione a breve termine, di una rapida decisione ponte” e la Germania “deve capire cosa significhi essere presi un una morsa deflattiva e in una crisi del debito”. Da quell’orecchio per la verità Berlino, su cui pesa la memoria storica dell’iperinflazione della Repubblica di Weimar, non ci vuole proprio sentire, ma Schaeuble abbozza e Varoufakis prova un’ultima azione spiegando di non credere che la Grecia abbia “il diritto di ritardare il rimborso dei bailout”, la cui revisione terminerà il prossimo 28 febbraio.

Più tempo non significa più soldi: “Pensiamo ci sia stato dato troppo denaro, non troppo poco” conclude il ministro di Atene, che chiede che alla Grecia venga concesso “un programma ponte fino alla fine di maggio per avere un poco di respiro”. La Grecia, conclude Varoufakis “abbandonerà la lettera “D” di default”, ma questo per il momento sembra più un auspicio che una certezza. Morale della favola: Syriza deve rifare i conti, Tsipras e Varoufakis debbono preparare per il prossimo Eurogruppo (una riunione straordinaria potrebbe tenersi l’11 febbraio) una versione dettagliata del loro piano che prevede il puntuale rimborso dei prestiti ottenuti dal Fondo monetario internazionale (pari al 10% dei 323 miliardi complessivi di debito pubblico greco) e due swap: uno per i titoli in mano alla Bce (19 miliardi ovvero un 6% di debito pubblico) da sostituire con bond perpetui, l’altro per il restante 60% del debito (195 miliardi di euro) rappresentato dai titoli detenuti dal fondo “salva stati” Efsf a fronte di 142 miliardi di fondi erogati e da quelli che rappresentano i fondi concessi dai singoli governi europei ad Atene tramite accordi bilaterali (53 miliardi).

Un compromesso rimane possibile, perché si tratta di prestiti concessi fondamentalmente su base politica e proprio qui Atene si gioca qualche carta che lo stesso Varoufakis ha fatto intuire: “umiliarci è un rischio” e la Germania dovrebbe capirlo benissimo, sia perché “ci sono elezioni e legittimazioni democratiche non solo in Grecia ma anche negli altri paesi d’Europa” (e un’eventuale uscita della Grecia dall’euro potrebbe rafforzare i partiti anti-euro e anti-Ue in Italia, Francia e Spagna), sia perché “la Germania può essere fiera della nostra lotta contro il nazismo” (il riferimento è ad Alba Dorata, terminata la conferenza, spiega Varoufakis, “tornerò a casa in un paese dove il terzo maggior partito non è un partito neo-nazista, ma un partito nazista”) ma “noi ora abbiamo bisogno dell’aiuto della Germania”. Che a sua volta potrebbe aver bisogno dell’aiuto di Atene, anche se Varoufakis non lo dice.

Nelle stesse ore in cui i due ministri delle Finanze parlavano a Berlino la cancelliera Angla Merkel e il presidente francese Francois Hollande volavano a Kiev a incontrare il presidente ucraino Petro Poroshenko ed oggi i due incontreranno quello russo Vladimir Putin: la crisi russo-ucraina non mostra infatti alcun miglioramento ed anzi tornano ad intensificarsi gli scontri a fuoco, con l’amministrazione Obama sempre più tentata, se non di intervenire direttamente, di inviare armi all’Ucraina mentre la Nato (di cui la Grecia fa parte) promette nuovi “presìdi” militari dell’alleanza lungo il confine russo-ucraino (una decisione che non piace a Francia e Germania).

Improvvisamente la crisi del debito di Atene diventa una questione politica decisiva per assicurare che l'Europa resti “forte e integrata” come chiede la Germania: Varoufakis pareggia all’ultimo minuto e va ai supplementari. Ognuna delle due parti ha avuto quel che voleva, la Germania ha respinto la richiesta di “infrazione” delle regole, la Grecia sa che Berlino vuole evitarne l’uscita dall’euro e l’avvicinamento a Mosca. Un accordo, magari di basso profilo, può essere trovato, anche se la crisi resta tutt’altro che risolta.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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