video suggerito
video suggerito
Opinioni

Fiat scommette sull’Alfa, ma negli Usa dovrà cambiare marcia

Marchionne pare intenzionato a puntare sul “polo del lusso” e dopo il rilancio di Maserati fare investimenti importanti per l’Alfa Romeo. Ma se vorrà vincere questa scommessa sarà necessario cambiare passo negli Usa…
A cura di Luca Spoldi
314 CONDIVISIONI

Immagine

Per il lusso italiano il momento magico, almeno borsisticamente parlando, sembra per ora alle spalle, il che potrebbe costituire un contrattempo fastidioso anche per Fiat, che proprio sul “polo del lusso”, rappresentato in questo caso da Ferrari, Maserati e Alfa Romeo, punta per recuperare quei margini di redditività che non si possono ottenere producendo Panda o Fiat 500, modelli “mass market” ottimi semmai per ammortizzare i costi in ricerca e innovazione e gli investimenti in impianti e attrezzature, ma sulle quali il gruppo torinese sopporta una concorrenza accanita, specie in Europa dove i produttori si trovano da tempo a fronteggiare una crisi della domanda che solo negli ultimi mesi è sembrata migliorare leggermente.

Le ultime anticipazioni del nuovo piano industriale al 2018 (che sarà presentato il prossimo 6 maggio a Detroit), rilanciate del magazine tedesco Auto Bild, parlano del lancio di ben 7 nuovi modelli a marchio Alfa Romeo entro il 2018, e di un obiettivo di vendita ambizioso: dalle 100.000 vetture vendute nel 2013 a 500.000 immatricolazioni l’anno entro fine piano. Numeri importanti che se dal punto di vista industriale richiederanno il lancio di una nuova piattaforma (la “Giorgio”, che la stampa specializzata vuole a trazione posteriore e integrale, destinata a sostituire la 159, che sarebbe già in fase di studio negli stabilimenti di Maserati e potrebbe avere una motorizzazione Ferrari nelle versioni top di gamma), dal punto di vista commerciale presuppongono il rientro in forze, più volte procrastinato, sul mercato statunitense.

E qui nascono i primi problemi: ancora di recente la stampa estera, per la verità mai troppo tenera col gruppo di Torino, ha espresso qualche neppure troppo velata critica alla strategia di Marchionne tutta incentrata, per ora, su un solo modello, la Fiat 500, che gli americani faticano proprio a mandar giù, al punto che Marketwatch.com, sito che appartiene al gruppo Dow Jones & Co  (editore del celebre quotidiano finanziario The Wall Street Journal e controllato dalla News Corp di Rupert Murdoch), ha definito la nuova versione 500L una “gutless clown car”, ossia una “un’auto pagliaccio senza attributi”. Sperare dunque che il mercato americano accolga il ritorno dell’Alfa Romeo trionfalmente solo perché Dustin Hoffman ne “Il Laureato” guidava un Duetto è quanto meno azzardato (non fosse altro per il fatto che la pellicola è mia coetanea, essendo del 1967, e  che da allora mercato e gusti degli automobilisti americani sono profondamente mutati).

Nel piano industriale presentato da Chrysler nel 2009 si indicava un obiettivo di vendita di circa 100 mila auto a marchio Fiat entro il 2014: ebbene, nonostante dati di vendita costantemente sottolineati come “record”, di Fiat 500 ne sono state vendute lo scorso anno in tutto 43.236, ossia l’1% in meno delle 43.772 del 2012 (nel 2011 si erano fermate a 19.769) e ben distanti dalle 100 mila immatricolazioni annue e se è vero che il mese scorso ha visto la 500 segnare il miglior risultato in febbraio dal suo ritorno sul mercato americano nel 2011 con 3.465 vetture vendute, è anche vero che il bimestre pur mostrando una buona accelerazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+15% a 6.687 vetture) è ben distante dal poter lasciar presagire un raddoppio delle vendite entro fine anno.

Il che porta al secondo problema: per centrare i suoi obiettivi Torino (o forse dovremmo ormai dire Detroit) avrebbe bisogno di investire pesantemente, così da rinnovare di più la gamma e stimolare le vendite, innescando un circolo virtuoso che porterebbe a generare più cassa e avere maggiori risorse per nuovi investimenti. Troppo esposto al mercato italiano ed europeo (e presente marginalmente sui mercati emergenti, salvo il Brasile) Marchionne ha invece dovuto, o proferito, dilazionare gli investimenti e il rinnovo della gamma per non sprecare “pallottole” preziose inutilmente. Scelta comprensibile ma che ha i suoi limiti, non consentendo di attivare il circuito di cui sopra. Potrà Fiat-Chrysler sostenere un ritorno in grande stile dell’Alfa Romeo negli Usa e così porre le basi per un riequilibrio del mix produttivo verso l’alto di gamma?

Per capirlo proviamo a fare il confronto con un concorrente come Bmw: il gruppo tedesco ha visto le spese per impianti passare da 3,69 miliardi di euro nel 2011 a 5,24 miliardi nel 2012 per sostenere il rinnovo e l’ampliamento degli impianti in previsione dell’introduzione dei nuovi modelli. Allo stesso tempo le spese in ricerca e sviluppo sono passate da 3,37 a 3,95 miliardi. Sommando le due voci il gruppo Bmw ha visto crescere il peso di questi investimenti dal 9,5% circa dei ricavi al 12% circa. Fiat-Chrysler lo scorso anno ha speso quasi 7,5 miliardi di euro tra investimenti in impianti e ricerca e sviluppo e conta, secondo quanto dichiarato dal suo direttore finanziario a inizio anno di salire a 8 miliardi circa nel corso di quest’anno, oltre un miliardo in meno rispetto ai 9,2 miliardi investiti nel 2012 dalla Bmw che lo scorso febbraio nei soli Stati Uniti ha venduto in tutto 24.476 veicoli (-4,4% su base annua),  ossia oltre 20 mila vetture più del marchio Fiat.

Per lanciare un guanto di sfida credibile il marchio Alfa Romeo (insieme a Ferrari e Maserati che negli States non hanno mai smesso di vendere, ma per qualche migliaia di pezzi all’anno) dovrebbe riuscire a vendere almeno 15 mila vetture al mese, da zero, entro il 2018, ammesso e non concesso che Bmw e gli altri concorrenti non rinnovino a loro volta la gamma e non vedano crescere le proprie quote di mercato come e più di Fiat-Chrysler. Una sfida difficile, anche se non impossibile: Marchionne può e deve sperare di ripetere il “miracolo” fatto con Maserati, capace di passare da 6.000 a 15.400 auto vendute negli ultimi due anni di cui 6.900 negli Usa e 3.800 in Cina. Un passo che se proseguirà consentirebbe alla casa del tridente di quintuplicare le vendite in un quinquennio, esattamente quello che Marchionne si aspetta dall’Alfa Romeo. Se siete un azionista del gruppo iniziate a incrociare le dita e sperate che il prossimo modello dell’Alfa venga giudicato sufficientemente “grintoso” e “con gli attributi” anche dalla stampa americana.

314 CONDIVISIONI
Immagine
Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views