Curioso effetto “post presentazione” del piano industriale 2014-2018 di Fiat-Chrysler, che oggi ha contribuito assieme a numeri trimestrali inferiori alle attese (il trading profit, ossia l’utile operativo, è apparso di soli 622 milioni di euro contro gli 854 milioni previsti mediamente dagli analisti) e tali da mettere a rischio già gli obiettivi 2014 (peraltro puntualmente confermati), a far colare a picco il titolo Fiat in borsa, contro un calo degli indici generali di poco superiore al punto percentuale. Più che dei numeri presentati con abbondanza di slide ieri a Detroit da Sergio Marchionne e dalla squadra di top manager del gruppo Fca, sempre meno “italo” e sempre più “americano”, il mercato sembra colpito dalle cose non dette o dalle assenze più o meno vistose notate nel corso della presentazione.
Non si parla, ad esempio, di Lancia e questo lascia immaginare che il marchio possa terminare col diventare un “monoprodotto” concentrato unicamente sulla futura Ypsilon (o sparire del tutto); non si dice come si sosterranno tra 34 e 37 miliardi di euro di investimenti entro il 2018 (anche se si esclude il ricorso a un aumento di capitale, che rischierebbe di diluire la presa del gruppo Agnelli su Fca); non si dice come si potrà abbattere un indebitamento netto industriale che dai 9,7 miliardi di fine 2013 è visto salire a 9,8-10,3 miliardi nel 2016 per poi crollare a 0,5-1 miliardo di euro nel 2018; neppure si illustra il futuro de L’Editrice La Stampa Spa (controllata al 100% da Fiat Spa).
Eppure qualche parola le attività editoriali del gruppo avrebbero pur meritato, se è vera l’indiscrezione rilanciata dal sito Dagospia che lo stesso Marchionne, mal sopportando i pochi onori e i molti oneri per Fiat derivanti dalle attività editoriali medesime, avrebbe proposto agli Agnelli di far rilevare La Stampa da Exor, la holding di partecipazione che detiene il 30,05% di Fiat-Chrysler e il 27,18% di Cnh Industrial (col 40% circa dei diritti di voto) oltre al 68,46% di Cushman & Wakefiel e che a fine 2013 possedeva oltre 2,57 miliardi di euro di liquidità su un patrimonio netto di poco superiore agli 8,85 miliardi.
Un’indiscrezione che ha una sua logica, visto che non ha mai avuto un significativo “razionale economico” il controllo di attività editoriali da parte di un gruppo specializzato nel settore trasporti, tanto più che la stessa Fiat Spa controlla anche il 20,55% di Rcs Mediagroup, editrice de Il Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport e che entrambe le società macinano perdite (27 milioni di euro persi nel 2012 da La Stampa, oltre a 14,2 milioni di svalutazioni legate alla concessionaria pubblicitaria Publikompass, a sua volta in rosso di 14,3 milioni nello stesso anno, 218,5 milioni di rosso nel 2013 per Rcs Mediagroup dopo aver chiuso il 2012 con una perdita netta di 507,1 milioni).
Un “crudele destino” che ha accumunato del resto in questi anni, complice la rivoluzione rappresentata da internet e dai new media, molte delle società operanti nella carta stampata in Italia (e non solo) e che ha fatto da tempo ipotizzare una future fusione delle due società, ipotesi peraltro sempre smentita ufficialmente e che non sembra essere gradita da altri “grandi soci” di Rcs come Diego Della Valle (poco meno del 9% del capitale di Rcs), Intesa Sanpaolo (6,54%) e forse dagli eredi Rotelli (3,37%) come pure dal direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, finora giudicato una sorta di “garante” degli equilibri tra grandi soci ma che secondo voci che circolano ormai da mesi in caso di fusione dovrebbe lasciare spazio al direttore di La Stampa, Mario Calabrsi (che sempre secondo Dagospia sarebbe affiancato da Aldo Cazzullo, ex redattore de La Stampa passato nel 2003 al Corriere della Sera, quale vicedirettore, con Marco Bardazzi, attuale caporedattore a Torino, in pole position per guidare la redazione web di Via Solferino).
Domanda: perché un investitore che vuole scommettere su Fiat e sul suo sufficientemente “ambizioso” piano industriale, nonostante i non pochi punti ancora da chiarire pienamente (uno per tutti il destino della “rilancianda” Alfa Romeo, da anni al centro di voci circa una possibile cessione e che nonostante i promessi 5 miliardi di investimenti potrebbe non avere vita facile nello sfidare lo strapotere di Bmw, Mercedes e Audi nell’alto di gamma), dovrebbe anche correre il rischio di ritrovarsi in bilancio le perdite (attuali) o gli utili (futuri) della carta stampata? Il mercato non sembra trovare per ora una spiegazione convincente e in attesa di vedere come andrà a finire (si è anche ipotizzato che Urbano Cairo, fondatore e azionista di controllo di Cairo Communication e patron del Torino Football Club 1906 e socio di Rcs al 3,67%, possa occuparsi della raccolta pubblicitaria o della gestione della Gazzetta dello Sport) punisce i titoli coinvolti, con Fiat che chiude la giornata a -11,69%, Exor che cede l’1,96% e Rcs MediaGroup che termina a -3,77%.