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Opinioni

Fiat corre in Europa come l’Italia: a passo di gambero

Il Pil italiano doveva crescere e invece è sceso, Fiat dovrebbe correre in Europa (almeno stando ai giornali italiani) e invece arranca. Sognare è bello, attrezzarsi per concretizzare i sogni è meglio. Perchè la realtà presenta sempre i conti, prima o poi.
A cura di Luca Spoldi
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Credibilità, una bella parola di cui in Italia si è perso da tempo il significato. Non sono passate 24 ore da quando la prima stima di Eurostat del Pil dei paesi dell’Unione Europea ha mostrato come la più volte annunciata “ripresa” resti un miraggio non solo per l’Italia (che ha visto il Pil scendere di un ulteriore 0,1% anziché recuperare uno striminzito ma “incoraggiante” 0,2% come atteso) ma per gran parte del vecchio continente (chiedete a Olanda, Finlandia o Francia per conferma) che con grande squillo di fanfare i grandi quotidiani nazionali annunciano i dati (positivi) di Fiat e del mercato dell’auto europeo, scivolando su una nuova buccia di banana. La Stampa, in particolare, titola così un suo pezzo: “Mercato dell’auto in ripresa. Fiat corre in Europa: +1,5%”.

Caspita, ci voleva direte voi: finalmente un segnale di riscossa, se non dell'Italia intera almeno di una sua grande azienda. E la foto di un sorridente Sergio Marchionne che campeggia in apertura di articolo sembra confortare tale sensazione. Peccato che poi si debba fare i conti anche in questo caso con una realtà un poco più matrigna. Fiat Chrysler Automobiles (Fca), in effetti, ha immatricolato lo scorso aprile 69.508 vetture secondo i dati di Acea segnando un incremento dell’1,5% rispetto alle 68.478 vetture immatricolate nell’aprile 2013, oeccato solo che sempre secondo Acea il mercato nel suo complesso sia cresciuto del 4,2% (ossia ad una velocità quasi tripla di quella del gruppo italiano), passando dai 287.907 veicoli immatricolati dodici mesi prima a 299.767 immatricolazioni. Risultato: la quota di mercato del gruppo italo-americano si è ridotta ulteriormente, dal 6,3% di un anno fa al 6,2% attuale.

Direte voi: nel titolo del quotidiano controllato da Fiat Spa (e che secondo molti John Elkann vorrebbe fondere con Rcs Mediagroup, sostituendo anche il direttore del Corriere della Sera con l’attuale numero uno de La Stampa, vicenda che già  ho ricordato e su cui potrebbe avere qualche non trascurabile ripercussione il coinvolgimento di Giovanni Bazoli, presidente e nume tutelare di Intesa Sanpaolo, in un’inchiesta su Ubi Leasing di cui “curiosamente” si è sentito solo un flebile accenno sui grandi quotidiani italiani) si parla di Fiat, forse si fa riferimento solo a questo specifico marchio. Fiat in effetti va meglio: ha immatricolato 52.715 vetture, il 3% in più di un anno prima (54.271 immatricolazioni), ma cresce pur sempre meno di quanto cresca il mercato nel suo complesso e meno di concorrenti diretti.

La disastrata Peugeot ad esempio segna +6,3% con 67.837 veicoli (mentre il marchio Citroen pure immatricola 54.428 veicoli, +4%), Renault +9,4% con 74.263 vetture vendute (e col gruppo che nel complesso guadagna il 16,1% grazie ad un +34,6% segnato da Dacia, a quota 33.388), Ford con 82.751 immatricolazioni guadagna il 9,1%, Opel sale dell’8,1% con 71.930 vetture vendute (anche se il gruppo Gm, di cui il marchio fa parte, perde nel complesso il 5,2% a causa del tracollo di Chevrolet, che si ferma a 3.116 vetture, contro le 12.608 di un anno prima, -75,3%), Nissan guadagna il 22,1% arrivando a 36.599 immatricolazioni, Toyota si “accontenta” di un +4,8% salendo a 43.158 vetture vendute.

Il perché Fca stenti (anche se non è la sola: il marchio Volkswagen segna -0,2%, ma immatricola comunque 140.468 vetture e vede altri marchi del gruppo guadagnare terreno come Seat, +5,9% e Skoda, +21,9%) non è neppure così difficile capire, visto che tra i singoli mercati nazionali è l’Italia (tuttora principale mercato di sbocco di Fca) a restare indietro con un +1,9% (1.041.682 vetture immatricolare contro le 1.089.226 di un anno prima), peraltro superiore al dato medio di Fiat Chrysler Automobiles, e che tra i modelli più venduti del gruppo vi sono auto di piccola e media cilindrata, che competono sui segmenti più affollati e meno redditizi (e dove anche Mini, controllata da Bmw, e Smart, che appartiene a Daimler, continuano a soffrire).

Il problema per Marchionne è che anche gli altri marchi del gruppo non stanno messi benissimo: se Lancia/Chrysler con un calo del 18,4% cala a 6.155 vetture e rende sempre più probabile un futuro fatto solo di Ypsilon (o finanche una mesta uscita di scena), fa specie vedere che Alfa Romeo, che secondo il piano industriale 2014-2018 appena presentato grazie a 5 miliardi di investimenti dovrebbe sfidare lo strapotere di Bmw, Mercedes e Audi nell’alto di gamma con 8 nuovi modelli entro il 2018 (il primo dei quali tuttavia non entrerebbe in produzione che nell’ultimo trimestre del prossimo anno), segni un calo dell’8,2% e riduce le sue vendite a 5.217 vetture (furono 5.680 nell’aprile del 2013) mentre il marchio Bmw sale del 2,8% a quota 53.526 vetture, Mercedes segna +2,5% con 55.209 immatricolazioni e Audi vede aumentare le vendite dell’1,3% a quota 64.849.

Come dire che a furia di rinviare gli investimenti e il rinnovo della gamma per non bruciare preziose risorse stante la perdurenta crisi della domanda italiana ed europea, Fiat (nonostante il successo della 500) non riesce a tenere il passo di un mercato che sta tentando di ripartire, mentre Alfa Romeo vende ormai un decimo o meno dei concorrenti che dovrebbe tornare a sfidare in futuro. Avere sogni è bello, cercare di renderli concreti è anche meglio perché la realtà prima o poi presenta sempre i conti, come ha appena scoperto Matteo Renzi e come rischia di scoprire anche Sergio Marchionne suo malgrado.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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