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Fiat-Chrysler, un piano industriale per il rilancio

Tra poche ore a Detroit Sergio Marchionne svelerà il piano industriale 2014-2018 di Fiat-Chrysler. Obiettivo: produrre almeno 6 milioni di vetture l’anno, rilanciare l’Alfa Romeo e far sbarcare Jeep in Cina.
A cura di Luca Spoldi
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Il 6 maggio sarà una data da ricordare per il gruppo Fiat-Chrysler. Mentre in Italia prenderanno il via gli eco bonus 2014 per l’acquisto di vetture elettriche, ibride, a Gpl e a metano di prima immatricolazione, il cui importo varierà, fino a un massimo di 5 mila euro, in base a tre livelli di emissioni incentivate ( fino a 50, 95 e 120 g/km), ai destinatari (privati e utenze professionali) e alla permuta o meno con vetture da rottamare, sulla base di un plafond prestabilito che di fatto limiterà il numero di vetture che saranno potranno nel concreto godere dell’incentivazione (lo scorso anno con lo stesso meccanismo gli incentivi finirono in poche ore), i vertici del gruppo italo-americano presenteranno ad Auburn Hills (a Detroit) il nuovo piano industriale 2014-2018.

Un piano molto atteso, non solo perché Sergio Marchionne potrebbe tentare di “cavalcare” la ripresa che sembra consolidarsi negli Usa e in Europa alzando a 6 milioni di vetture prodotte all’anno l’obiettivo di gruppo a fine piano (2018), ma anche perché dovrebbe proporre una doppia sfida: sbarcare in Asia (e in particolare in Cina) col marchio Jeep e rilanciare (con un occhio agli Stati Uniti) il marchio Alfa Romeo, che secondo alcune anticipazioni potrebbe seguire la strada già intrapresa con Ferrari e Maserati e dunque diventare una società autonoma concentrata sul segmento alto di gamma. Queste due sole sfide varrebbero, secondo fonti di stampa, fino a 9 miliardi di euro di nuovi investimenti.

Secondo gli analisti di Websim per Marchionne si aprirebbe ora una nuova fase, dopo quella, conclusa con successo, di salvare il gruppo Fiat e ridargli una prospettiva attraverso l’integrazione con Chrysler: “ritagliarsi uno spazio significativo in segmenti e aree dove arriva con grande ritardo rispetto ai concorrenti”. Il gruppo, settimo produttore mondiale, quarto nell’area Nafta grazie a Chrysler, primo in America Latina grazie al successo ottenuto in Brasile, già a gennaio nel corso di una presentazione agli investitori ha ricordato di voler raggiungere il punto di pareggio anche in Europa (area Emea) entro la metà decade, ossia entro la fine del prossimo anno “focalizzando l’esistente capacità produttiva in Italia su produzioni a più elevato valor aggiunto, anche per l’esportazione”.

In tale ottica, si leggeva nella presentazione distribuita a inizio anno, si sarebbe fatto leva sul marchio “iconico” Jeep e su Alfa Romeo destinata a “muoversi verso il cuore del segmento premium” del mercato, ma non solo: si voleva sfruttare il “significativo potenziale per un’espansione dei margini di Maserati”, che dunque dovrebbero tornare ad essere macchine “esclusive, eleganti, potenti” e dotate di stile così da poter spuntare prezzi di listino più elevati. Una decisa scommessa sul “lusso” che non sarebbe tuttavia possibile sostenere senza una produzione “di massa” sufficientemente ampia e redditizia da consentire l’ammortamento degli ingenti investimenti previsti.

Per questo i 4,3 milioni di veicoli venduti complessivamente nel 2013 non sembrano sufficienti (come pure i 4,5-4,6 milioni di vetture che si prevede possano essere vendute quest’anno), tanto più che ci si confronta con gruppi come Ford (6,33 milioni di veicoli venduti nel 2013), General Motor (9,7 milioni di unità vendute) o Toyota (9,98 milioni), oltre che con Volkswagen (9,7 milioni di veicoli venduti) e Renault-Nissan (8,26 milioni), tanto che periodicamente sono circolate voci di una nuova integrazione ad esempio con la pericolante Psa (2,8 milioni di veicoli venduti l’anno scorso, il 4,9% del 2012 che già aveva registrato un pesante -16,5% delle vendite).

Completata la convergenza sulle piattaforme “mini” (Panda e 500), “small” (base per 500L, 500X e Jeep Renegade) e “compact” (Alfa Romeo Giulietta, Dodge Dart, Jeep Cherokee e Chrysler 200), con cui il gruppo punta a presidiare i segmenti B e C, tocca dunque ora al polo del lusso e alla scommessa “Suv” con cui cercare di scardinare le porte del mercato cinese, ancora sostanzialmente impermeabile all’offerta del gruppo italiano. Per riuscirci di recente Fiat-Chrysler ha già annunciato di voler produrre tre nuovi modelli di Suv specificamente pensati per il mercato cinese direttamente in Cina grazie a un nuovo impianto a Guangzhou destinato a entrare in produzione entro la fine del prossimo anno. Chissà che domani Marchionne non estragga qualche ulteriore coniglio dal cilindro nel tentativo di recuperare il tempo perduto.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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