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Fiat-Chrysler: da Marchionne una pioggia di promesse

Marchionne presente l’ennesimo “piano ambizioso” per cambiare volto a Fiat-Chrysler: per gli analisti gli obiettivi sono più impegnativi del previsto ma raggiungibili, ma il mercato resta cauto. In passato non sempre le promesse sono state mantenute.
A cura di Luca Spoldi
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Che Sergio Marchionne volesse puntare sempre più sugli aspetti legati al “fascino” dei singoli marchi per far recuperare redditività a Fiat-Chrysler era noto da tempo ma mai prima d’ora si era notato in modo così smaccato fin dall’impostazione delle slide delle presentazioni di questo lungo Investor Day che si tiene ad Auburn Hills (Detroit) e che si è aperto con la presentazione degli obiettivi che il piano industriale 2014-2018 assegna ai marchi a stelle e strisce: Jeep anzitutto, destinata se le cose andranno come spera Marchionne a veder salire le sue vendite dalle 732 mila vetture dello scorso anno (a fronte di 798 mila vetture prodotto negli Usa) a circa 1,9 milioni di veicoli venduti (che saranno prodotti solo per 1 milione negli Usa, mentre 500 mila vetture saranno prodotte in Cina e India, 200 mila circa in Europa e altrettante in America Latina) nel 2018. Un obiettivo che a caldo alcuni analisti giudicano “aggressivo ma realizzabile”.

Chrysler passerebbe a sua volta da 350 a 800 mila unità vendute, anche grazie al lancio di due modelli nuovi (la 200 berlina quest’anno  e la 100 nel 2016, entrambe solo sul mercato nord americano), mentre Dodge dalle 596.300 vetture dello scorso anno dovrebbe risalire nell’arco del quinquennio a quota 600.000 recuperando l’atteso calo di quest’anno (che si prevede chiuda con sole 546 mila vetture vendute). Se con Jeep Marchionne ha più che confermato le attese degli ultimi giorni, anche nel caso di Alfa Romeo non si è risparmiato, prevedendo il lancio di otto nuovi modelli (ma di questi solo uno arriverà entro la fine del 2015), con l’obiettivo di arrivare a vendere 400mila veicoli all’anno entro il 2018, contro le sole 74mila vetture vendute l’anno passato: una scommessa per la quale Marchionne sarebbe pronto a puntare fino a 5 miliardi di euro sui 9 miliardi complessivi che il piano dovrebbe prevedere (ma di dati finanziari puntuali si parlerà solo al termine della presentazione, quando in Italia saranno le 22.00).

Sembra dover partire finalmente anche il rinnovo del marchio Fiat: rispetto alla gamma prodotti del 2010, affollata da 11 vetture (più due veicoli commerciali), a fine anno negli showroom Fiat, promettono le slide odierne, resteranno solo 5 vetture (già uscite di scena le “vecchie” 600, Punto CI, Idea, Multipla, Croma e Ulysse a fronte dell’arrivo della 500L e del Freemont, usciranno ora di produzione anche il Sedici e la Bravo). Un “punto di partenza” per ridefinire una gamma attorno a sole tre famiglie di veicoli, risolvendo così uno dei punti di debolezza del gruppo, la presenza di troppi modelli e troppe piattaforme: la 500 (di cui è in arrivo entro fine anno la versione 500X), la Punto (un nuovo modello verrà lanciato entro il 2016 in America Latina e l’anno successivo in Asia, mentre sembra che non lo vedremo in Europa) e la Panda (che verrà lanciata in Europa nel 2018).

Se razionalizza l'offerta, Marchionne non intende peraltro rinunciare a volumi preziosi se non altro per ammortizzare i costi fissi che andranno sostenuti e infatti l’obiettivo del marchio Fiat è passare dai circa 1,5 milioni di vetture vendute nel 2013 a 1,9 milioni nel 2018, con una sostanziale stabilità delle vendite in Europa (circa 700 mila vetture l’anno), ma con margini migliori così da ricuperare il punto di pareggio, una moderata crescita in America Latina (da 700 a 800 mila vetture vendute all’anno) e nel Nord America (da 50 a circa 100 mila vetture l’anno) ed un più consistente sviluppo in Asia (da 70 a circa 300 mila vetture). Per riuscirci Marchionne conta di lanciare anche una serie di altri modelli (una nuova famiglia di“compatte” in Europa e in parte in Asia e America Latina, i modelli Ottimo e Avventura in Asia, una nuova Palio, una nuova Siena e Grande Siena in America Latina e in parte in Asia) pensati principalmente, ma non solo, per i mercati emergenti.

Così in totale per il marchio Fiat i modelli che vedrebbero la luce nel quinquennio sarebbero otto, che sommati agli otto a marchio Alfa Romeo e ai due Chrysler portano a 18 modelli il totale del rinnovo di gamma che Fca promette al mercato di qui a cinque anni (per salire a 5,6 milioni di vetture vendute ogni anno), ma non è finita qui perché anche Fiat Professional non vuole restare indietro e così promette il lancio entro l’anno del nuovo Fiat Strada e del nuovo Ducato, l’erede del Doblò l’anno prossimo e quello del Fiorino nel 2016 assieme ad un nuovo pick-up di medie dimensioni, così da veder crescere a sua volta i volumi di vendita da 431 mila unità vendute lo scorso anno a circa 600 mila entro il 2018, cifra che più che raddoppia se si sommano i 620 mila veicoli che si prevede di vendere alla stessa data col marchio Ram (dai 463 mila venduti lo scorso anno), in parte derivati dalla stessa gamma Fiat Professional (Fiat Ducato diventerà anche il nuovo Ram Promaster, mentre il Fiat Doblò verrà ridenominato negli Usa Ram Promaster City).

E il lusso vero e proprio? Nel caso di Maserati il Suv Levante e l’Alfieri coupè già presentate agli ultimi saloni dell’auto si affiancheranno  entro l’anno alla Ghibli, alla Quattro Porte, alla Gran Turismo e alla Gran Cabrio. Più avanti arriveranno anche un’Alfieri Cabrio e una nuova Gran Turismo, per far salire le vendite dalle 15.200 unità del 2013 a quota 75 mila entro il 2018, vale a dire da 1,7 a 6 miliardi di euro i ricavi complessivi, con un Ritorno sulle vendite atteso del 10,3%. Discorso a parte per Ferrari, che dovrebbe restare un produttore di nicchia confermando le circa 7 mila vetture prodotte e vendute ogni anno (ma Marchionne precisa: c’è spazio per far crescere la produzione sino a 10 mila vetture l’anno visto che sta crescendo il numero di nuovi ricchi specie nei paesi emergenti) con margini di profitto superiori al 15%.

Nel caso del Cavallino si punta ad un rinnovo della gamma che preveda un modello nuovo ogni anno, in base ad un ciclo di vita di 4 anni per ogni nuovo modello, seguito da una versione “M” (di mezza vita) in grado di durare altri quattro anni. Una strategia che finora ha portato i broker, nota Marchionni, a stimare un valore per Ferrari tra i 3,3 e i 5,4 miliardi di euro (con un valore mediano di 4,3 miliardi che potrebbe essere utilizzato, anche se Marchionni non lo dice, quale benchmark nel caso di un futuro collocamento in borsa di una quota di minoranza). Una pioggia di numeri che per il momento non convince del tutto gli investitori, tanto che il titolo Fiat, in attesa dei dettagli finanziari (si prevede che per finanziare gli investimenti Fiat dovrà lanciare quanto meno un nuovo prestito obbligazionario, mentre viene giudicato meno probabile un aumento di capitale), chiude la giornata a Piazza Affari in calo di oltre l’1% a 8,47 euro dopo aver aperto in rialzo e aver toccato un massimo di 8,78 euro.

Tra i punti interrogativi che restano sospesi, il destino del marchio Lancia e l’attuazione concreta dell’ennesimo “progetto ambizioso, perché la mediocrità non vale lo sforzo” che il numero uno del gruppo italo-americano propone agli investitori.  Qualche dubbio è legittimo, visto che non di sola volontà ma anche dell’impatto di numerose variabili endogene ed esogene vive un’azienda. Chi ha provato, come il giornalista Marco Cobianchi (autore di “American Dream – Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat”, in uscita per Chiarelettere il prossimo 9 maggio) a fare le pulci ai precedenti piani industriali di Marchionne (otto quelli presentati tra il 2004 e il 2013) si è accorto che non sempre le promesse sono state mantenute.

Non solo è stato il caso dell’ormai celebre “Fabbrica Italia presentato nella primavera del 2010 e che prevedeva 20 miliardi di investimenti per provare a triplicare la produzione italiana di autovetture e arrivare, con Chrysler, a vendere 6 milioni di vetture l’anno grazie al lancio di ben 46 modelli nell’arco del successivo quinquennio, piano che la crisi della domanda europea ha “ucciso in culla” meno di dodici mesi dopo. Anche prima della crisi, nel 2006, a Marchionne sembrava piacere molto Alfa Romeo, al punto da preveder che il marchio del biscione avrebbe campeggiato su 5 dei 15 nuovi modelli che il gruppo avrebbe dovuto lanciare investendo complessivamente 16 miliardi di euro. Peccato se ne siano visti solo tre (di cui uno, l’Alfa Romeo 8C Competizione, è stata una “specialty” prodotta in appena 500 esemplari). Tirando le somme la Fiat di Marchionne ha promesso in questi ultimi 10 anni tanto, tantissimo (64 nuove vetture in tutto), ma ha mantenuto circa metà delle sue promesse (33 nuovi modelli e 4,3 milioni di vetture vendute nel 2013, che dovrebbero salire a 4,5-4,6 milioni quest’anno). Ce la farà questa volta Marchionne a mantenere le promesse?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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