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Fiat Chrysler Automobiles guida la riscossa di Piazza Affari

Con un balzo del 4,4% a fine seduta il titolo Fiat Chrysler Automobiles (Fca) risale sopra la quotazione di chiusura di venerdì scorso di Fiat. Un debutto nel complesso sottotono, nonostante la fiducia che Sergio Marchionne continua a dimostrare…
A cura di Luca Spoldi
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C’è voluto un mezzo“colpo di teatro” di Sergio Marchionne  per far chiudere a Fiat Chrysler Automobiles (Fca) la prima settimana di contrattazioni a Milano a 7,205 euro, in rialzo del 4,4% rispetto alla vigilia e sopra i livelli a cui venerdì scorso il titolo Fiat aveva salutato per l’ultima volta il listino di Milano chiudendo a 6,94 euro. Il numero uno del gruppo sempre meno italo e sempre più statunitense ha infatti segnalato all’Afm (l’Autorità per i mercati finanziari olandese, cui compete vigilare sul titolo dato che Fca è una holding di diritto olandese) di aver comprato 335.745 azioni del gruppo a 7,73 euro ciascuna (rivenienti dall’esercizio del recesso da parte dei soci contrari alla fusione tra Fiat e Chrysler), investendo in poco meno di 2,6 milioni di euro e portando la sua partecipazione al capitale del gruppo da lui stesso amministrato a 6.832.411 azioni (circa lo 0,4% del capitale ordinario) le quali valgono stasera poco meno di 50 milioni di euro.

In un primo tempo l’Afm aveva annunciato l’acquisto  da parte del manager italo-canadese (alla data del 14 ottobre) di ben  6.832.000 titoli, pari ad un investimento di circa 53 milioni di euro e che avrebbe raddoppiato la partecipazione del manager portandola a sfiorare lo 0,825% del capitale sociale ordinario di Fca (oltre venti volte la partecipazione che  al 12 ottobre risultava intestata personalmente al presidente di Fca, John Elkann, pari a soli 133.000 titoli). La successiva correzione dell’errore non ha impedito al titolo, che di recente aveva sottoperformato il mercato, di rimbalzare con decisione al termine di una giornata decisamente positiva per il listino italiano (che ha chiuso in rialzo di poco meno del 3,5%). Nel complesso tuttavia il debutto di Fca non può dirsi brillante, visto che la nuova entità raggruppa ora anche le attività di Chrysler i cui profitti in questi ultimi due anni hanno dato un contributo fondamentale ai conti del gruppo torinese.

Perché dunque questo apprezzamento così tiepido da parte dei mercati? In parte perché i problemi di Fiat restano assolutamente identici e irrisolti anche dopo la fusione societaria con la controllata americana e lo sbarco del titolo a Wall Street, che pure potrà contribuire a ottimizzare il capitale (ossia ad aprire maggiori possibilità di raccolta di capitali, ad esempio tramite un aumento o il collocamento di bond convertibili), e che si sostanziano: nella tuttora eccessiva dipendenza dal mercato italiano e da quelli europei, mercati che non stanno esattamente brillando anche se in settembre l’Italia ha visto un incremento del 3,3% delle immatricolazioni (con Fca che ha segnato un +6% con 52 mila vetture vendute) mentre la Ue-28 più Efta ha segnato un aumento del 6,1% medio a cui Fca ha (quasi) saputo tener testa con un +6% grazie al contributo di Jeep (+61%, ma con poco più di 3.600 vetture vendute) e Lancia (+13,2%) oltre che di Fiat (+4,2%) ma non di Alfa Romeo (-13,2%); nella altrettanto marcata dipendenza dal mercato brasiliano per quanto riguarda la presenza sui mercati emergenti, dove il gruppo sconta i ritardi accumulati in Cina e le incertezze dei mercati indiano e russo.

C’è poi un problema di mix di prodotti e relativi margini: l’offerta di Fiat si concentra su auto di piccola o media cilindrata come 500, Panda e Ypsilon, mentre Chrsler ha dovuto richiamare 900 mila vetture (operazione che si stima possa costare al gruppo fino a 120-130 milioni di euro, pari ad un 3%-4% in termini di minor Ebit, o risultato operativo netto). L’aumento dei costi industriali e ad un “pricing” non ancora ottimale rischia inoltre di pesare sui margini di Chryler nel terzo trimestre, nonostante l’incremento dei volumi. Marchionne insomma non avrà solo da badare ai risultati sportivi della Ferrari, in ritardo da troppi anni al punto che lo stesso manager ha sentito il bisogno di “suonare la carica” ai suoi dichiarando pubblicamente che “una Ferrari che non vince non è la Ferrari” e che è ora di prendere a “calci in culo” (“kick ass”) la concorrenza.

Una concorrenza che però intanto continua a muoversi su più fronti, come dimostra la notizia del prossimo acquisto di una quota tra il 15% e il 25% di Mv Agusta da parte del colosso Mercedes-Daimler, operazione che dovrebbe costare a Stoccarda 25-30 milioni di euro e che sembra la risposta all’acquisizione di Ducati Motor Holding da parte di Audi due anni e mezzo fa per 860 milioni di euro. Notare che la stessa Fiat era stata indicata ancora lo scorso marzo come potenzialmente interessata a Mv Agusta (ipotesi che aveva lasciato perplessi gli analisti, già dubbiosi dei reali benefici almeno in termini industriali del matrimonio Audi-Ducati). Da qui al 2018, quando Marchionne si è detto pronto a lasciare, il manager dal pullover blu vorrebbe far salire a 6 milioni le auto prodotte e vendute da Fca, già ora settimo maggior produttore mondiale e a qual punto forse in grado di scalare una posizione in classifica e diventare, forse, appetibile.

Per chi? Per un pool di grandi fondi d’investimento in grado di rilevare le quote di capitale in mano agli eredi dell’Avvocato Agnelli, magari confermando ancora una volta lo stesso Marchionne al timone, con un ruolo di manager-azionista che non si vede da tempo ai vertici di quello che fu il gruppo del Lingotto. O, in caso di una diversa evoluzione rispetto alle previsioni, per un concorrente, magari asiatico o di qualche mercato emergente, che volesse lanciare la sua sfida ai colossi mondiali del settore. In entrambi i casi sarà difficile a quel punto che Fca parli ancora italiano. Del resto come si dice: è la globalizzazione, bellezza. Meglio saperlo per tempo, sia come investitori sia come lavoratori.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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