Fiat Chrysler Automobiles torna a mettersi in luce in borsa a Milano, dove il titolo chiude a 10,81 euro per azione (+4,14%) nel giorno in cui il gruppo italo-americano festeggia i 50 anni dal debutto della 124 Spider con la nuova 124 Spider America, per rendere omaggio al grande successo che il modello originale ottenne sul mercato americano. Un mercato sempre più strategico per il gruppo guidato da Sergio Marchionne che da tempo ha proposto, finora vanamente, l’idea di una fusione tra Fca e General Motors.
Per questo l’annuncio giunto oggi da Peugeot, tradizionale alleato di Fca nel settore dei veicoli commerciali e dei monovolume, secondo cui il gruppo francese sta valutando la possibilità di comprare Opel e Vauxhall da General Motors sembra aver riacceso la fantasia di trader e analisti. In verità fino al 2009 Marchionne era sembrato tentare dall’avanzare lui stesso un’offerta per Opel e Vauxhall (oltre a Saab, all’epoca controllata dal produttore americano), con la quale gli analisti vedevano la possibilità di generare sinergie grazie ad una possibile convergenza delle piattaforme su cui sviluppare la gamma di autovetture a media e piccola cilindrata del segmento B, così da realizzare economie di scala.
Non se ne era fatto nulla, così come non si sono mai concretizzate le più volte ventilate trattative per arrivare ad una alleanza globale con Peugeot, definitivamente tramontata già dallo scorso anno dopo che proprio General Motors aveva chiuso la porta in faccia ad un nuovo matrimonio con l’ex partner (dal 2000 al 2005, quando Marchionne ottenne 2 miliardi di dollari da Gm per non esercitare l’opzione “put” che gli dava il diritto di cedere agli americani il restante 90% di Fiat Auto Holding da loro non ancora detenuto).
Se le fusioni intra-europee con Opel/Vauxhall e Peugeot avrebbero comunque presentato una serie di problemi in particolare per quanto riguarda la marcata sovrapposizione della gamma, un matrimonio tra Fca e General Motors nel momento in cui il gruppo a stelle e strisce si fosse liberato delle attività europee (che d’altra parte consentirebbero a Peugeot di diventare il secondo produttore del vecchio continente dietro a Volkswagen) apparirebbe certamente più sensato e darebbe vita a minori problemi industriali, in un momento in cui il consolidamento del settore automobilistico mondiale sembra sul punto di accelerare nuovamente.
A favore del matrimonio sarebbe del resto anche il neopresidente americano Donald Trump: se andasse in porto per Sergio Marchionne sarebbe un “bis” clamoroso, visto che già l’integrazione tra Fiat Auto e Chrysler era nata grazie alla “benedizione” dell’allora presidente Barack Obama. Dato però che General Motors capitalizza quasi 56 miliardi di dollari e Fca non arriva a 13,5 miliardi di euro (circa 14,15 miliardi di dollari), non dovrebbero esserci dubbi su chi compra chi: anche ipotizzando un premio del 15% rispetto alle quotazioni di stasera, Fca potrebbe essere valutata da Gm sui 15,5 miliardi di euro (16,3 miliardi di dollari), vale a dire meno di un quarto del soggetto che nascerebbe dall’integrazione.
Vero è che Gm è di fatto una public company, controllata per il 9,34% da UAW Retiree Medical Benefits Trust (il fondo sanitario di 724 mila ex lavoratori iscritti al sindacato del settore auto statunitense) e per quote decrescenti da fondi come Vanguard (5,94% circa), Harris Associates (4,6%), State Street (3,74%) e dalla Berkshire Hathaway (3,33%) del “guru” di Wall Street, Warren Buffett, oltre che da BlackRock (3,18%) e da altri fondi con quote attorno o sotto il 2%.
Gli eredi Agnelli, che con Exor sono azionisti di controllo di Fca col 29,15%, potrebbero così ritrovarsi con una partecipazione tra il 6% e il 7% circa alle spalle solo del fondo sanitario di UAW e di fatto essere il primo azionista privato di quello che tornerebbe ad essere il primo produttore automobilistico al mondo, una situazione che potrebbe costituire il coronamento dell’opera di Marchionne, destinato a lasciare la guida del gruppo alla fine del prossimo anno.