Che tenerezza il premier Matteo Renzi che twitta: “Expo. Siamo a quota dieci milioni di biglietti venduti. I padiglioni sono molto belli. Che forte l'Italia che non si rassegna #lavoltabuona”. Peccato che solo essendo l’Expo costato 1,3 miliardi (peraltro 300 milioni meno del previsto dopo una sforbiciata decisa dal commissario straordinario Giuseppe Sala), per andare in pari di biglietti (il cui costo varia tra i 34 e i 39 euro, salvo lo sconto del 20% per chi lo acquisterà fino al 30 aprile, prima dell’apertura dell’evento), ne servirebbero 24 milioni, pari ad oltre 133 mila spettatori al giorno per ogni giorno di fiera aperta, venduti ad una media di 22 euro l’uno, quindi già tenendo conto degli sconti, come dichiarò lo stesso Sala ai primi di aprile.
Un obiettivo difficile, pechè la cifra sembra destinata a non tornare e non solo perché le stime più rosee finora hanno parlato di 20 milioni di visitatori. Sala nel valutare il suo numero ha parlato di 800 milioni di euro di spese per la gestione della “macchina Expo” che “sono recuperati se si realizzano due condizioni” di cui “la prima si è già realizzata: ci sono sponsor per circa 300 milioni”. Che messa così sembrerebbe una cifra da sottrarre agli 800 milioni riducendo il “costo” da coprire a 500 milioni circa, il che diviso appunto 22 euro a biglietto richiederebbe un po’ meno di 23 milioni di biglietti. Eppure la cifra non quadra: come detto l’evento è costato, per quel che è dato sapere, circa 1,3 miliardi rispetto agli 1,6 miliardi preventivati. Il che, sottraendo i 300 milioni coperti da sponsor, sembrerebbe indicare che sono da coprire 1 miliardo di euro di costi.
Per il solo Padiglione Italia, gli sponsor sono intervenuti per coprire la differenza tra i 63 milioni di euro preventivati e i 92 milioni spesi effettivamente per riuscire a finirlo in tempo, con una “copertura” tramite sponsor privati del 31% del costo complessivo. Se la stessa proporzione è stata mantenuta a livello complessivo (con un intervento degli sponsor che abbia coperto tra il 25% e il 30% del costo totale), l’Expo si può effettivamente stimare che il costo di tutta l’operazione (dunque spese di gestione e spese di realizzazione delle infrastrutture necessarie, la maggior parte delle quali destinate ad essere smantellate ad Expo finito) sia alla fine risultato attorno a 1-1,2 miliardi, cifra molto vicina agli 1,3 miliardi già dichiarati.
Quindi se da coprire non sono 500 milioni ma circa il doppio, anche contando le commissioni sui consumi effettuati all’interno dell’area espositiva e il merchandising è più verosimile una cifra vicina ai 28-29 milioni di biglietti (di cui un buona metà a prezzo pieno, diciamo a 35 euro di media) che non ai 24 milioni di cui si parla in questi giorni senza prendersi l’incomodo di utilizzare l’aritmetica. Messo così il numero dei visitatori al giorno necessari a mandare in pari l’operazione cresce ulteriormente e oscilla tra i 155 mila (con 28 milioni di biglietti staccati) e i 161 mila (se fossero necessari 29 milioni di biglietti). Cifre peraltro a cui ha accennato lo stesso Sala in questi giorni in alcune interviste radiofoniche.
Ora: Disneyland Paris che si estende su una superficie di 55 ettari, pari alla metà di quella dell’Expo di Milano, vende nei giorni di punta tra i 50 e i 55 mila biglietti, Milano dovrebbe venderne dal doppio al triplo in ognuno dei 180 giorni di apertura della fiera. Vi pare verosimile? Ma al di là di tutto, che file dovrebbero esserci all’ingresso dell’esposizione e dei singoli padiglioni, a partire da quello italiano? Lascio a ciascuno di voi la risposta, ma pongo una ulteriore domanda a chi come Renzi si trova peraltrro a dover gestire e finanche giustificare un'iniziativa ereditare dal governo Berlusconi, che peraltro nel 2011 presentando l’evento sparò cifre che oggi appaiono dette se non a casaccio solo a beneficio dei titoli dei giornali (1,7 miliardi di investimenti diretti per l’area espositiva, 11,8 miliardi di costo complessivo, 11,5 miliardi di gettito fiscale extra, collegabile in qualche modo alla manifestazione).
Visto che eventi come Mondiali ed Europei di calcio, Olimpiadi (quelle di Torino sono finite col costare 3 miliardi, hanno fruttato 1 miliardo di incassi, hanno lasciato una scia di polemiche dietro di sé per l’inutilità di impianti costruiti e poi non più utilizzati dopo le gare, con la beffa di un andamento turistico in calo dopo la “vetrina mondiale”) sono, come ormai ampiamente dimostrato, inutili a produrre benefici duraturi per il paese che li ospita, perché si è voluta dare tanta importanza ad una manifestazione che se andrà bene potrà forse portare benefici pari agli investimenti che tra pubblico e privati si sono messi in campo? Gli stessi investimenti non potevano essere meglio spesi per opere realmente infrastrutturali o, meglio ancora, per lo sviluppo dell’innovazione tecnologica e culturale del paese, unica vera leva strategica in grado di farci tornare a sperare in un futuro migliore?
Fino a quando i “giovani” continueranno a usare strategie vecchie di oltre mezzo secolo questo paese non avrà prospettive migliori di quelle già esistenti, perchè guarderà al futuro con le spalle rivolte al passato. Fino a quando economisti come Roberto Perrotti, che da oltre un anno ha avvertito dell’inutilità e finanche della pericolosità in termini di crescita futura (perché tutte le risorse pubbliche non possono essere considerate “gratuite” ma dovranno giocoforza essere coperte tramite ulteriori tagli di altre spese o incrementi della pressione fiscale, visto che di aumentare il debito pubblico non se ne può parlare più dato i livelli raggiunti da indicatori come il debito/Pil) dell’Expo non verranno ascoltati, l’unica strategia per tutelarsi in questo paese sarà quello di fare in modo che i propri figli possano avere un futuro all’estero, perchè in Italia di occasioni per giovani e non ce ne saranno sempre meno. Allora se davvero si vuole che sia #lavoltabuona si inizi a #cambiareverso dalle cose concrete, non solo dagli slogan, incrociando le dita.