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Europuzzle, un altro tassello va a posto

Mercati più distesi dopo l’intesa sulla Grecia e subito ne approfittano emittenti pubblici e privati italiani per emettere nuovi bond. Intanto col via libera al risanamento delle banche spagnole un’altra tessera va a posto…
A cura di Luca Spoldi
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banche Spagna

Mentre il Tesoro italiano è tornato, ieri, a collocare senza problemi 7,5 miliardi di euro (il massimo previsto) di Bot a 6 mesi ad un tasso medio lordo pari allo 0,919%, contro l’1,347% pagato lo scorso ottobre e società come  Finmeccanica e Lottomatica hanno emesso nuovi bond a lungo termine (rispettivamente un bond a 5 anni per un controvalore di 600 milioni di euro con cedola annua del 4,375% e prezzo di emissione pari a 99,4 e un bond unsecured a 7 anni per complessivi 500 milioni con cedola annua pari al 3,50% e prezzo di emissione pari a 99,227), a conferma che nonostante una crisi finanziaria che di fatto prosegue ormai da 4 anni gli emittenti sia pubblici sia privati sono ormai pronti ad approfittare di ogni finestra che si apre sui mercati per rifinanziarsi a tassi in calo, un altro tassello del complesso puzzle che dovrebbe ridisegnare l’Europa finanziaria (prima tappa di un lungo processo che a medio termine potrebbe far ripartire il progetto comunitario arrivando ad un’unione anche fiscale e politica oltre che monetaria) è andato al suo posto, sebbene come già per l’accordo sulla Grecia non è escluso che una volta noti i dettagli qualche dubbio non possa tornare a riaffiorare.

Col via libera da parte dell’Antitrust Ue alla nazionalizzazione di quattro istituti spagnoli (Bankia, Ngc Banco, Catalunya Banco e Banco di Valencia) si avvia di fatto la ristrutturazione del sistema creditizio iberico che prevede per il prossimo 15 dicembre l’erogazione dei primi 37 miliardi di euro di aiuti (a fronte di un totale massimo di 100 miliardi promesso dalla Ue). Soldi destinati alla sola Bankia, che in cambio ha accettato di procedere alla chiusura o dismissione del 39% delle proprie filiali (si parla di oltre mille sportelli da chiudere) e di prevedere una riduzione del personale del 28% (perderanno il lavoro oltre 6 mila dipendenti), oltre a dismettere le attività di erogazione di mutui immobiliari e procedere alla cessione di 50 miliardi di euro di asset, rifocalizzandosi sulle sole attività di banca retail. Complessivamente, secondo fonti giornalistiche, Madrid chiederà a Bruxelles di sbloccare almeno 40-42,5 miliardi di aiuti:oltre ai fondi per Bankia servirebbero 2,5 miliardi di capitali per far decollare la “bad bank” cui verranno conferiti asset “a rischio” per 45 miliardi (rispetto ad un’esposizione complessiva del sistema bancario al settore immobiliare, in profonda crisi, di circa 330 miliardi), mentre altri 2-3 miliardi sarebbero necessario per ricapitalizzare e ristrutturare altri istituti minori.

Chi beneficia maggiormente di questa nuova mossa che in qualche modo consente al vecchio continente di proseguire lungo la strada di un faticoso e per ora ancora parziale risanamento? Indovinate: la Germania. Alle banche tedesche farebbero infatti capo secondo il quotidiano Der Taggesspiegel poco meno di 12 miliardi di euro a fronte di un totale di 50 miliardi di crediti concessi in questi anni dalla Germania a banche e società spagnole. Se poi Berlino troverà il modo di fare shopping per pochi euro in quel che resta del panorama economico spagnolo la cosa non dovrebbe stupire nessuno come nessuno dovrebbe stupirsi se la stessa cosa accadrà in Italia, se il governo non troverà il modo di far valere la sua più volte riaffermata maggiore credibilità rispetto alla precedente, infelicissima e poco autorevole stagione del berlusconismo.

Ci sono alternative? Chissà: per quanto riguarda alcune infrastrutture che si vogliono “strategiche” come la rete gas e quella elettrica (e secondo alcuni anche la rete telefonica, per quanto la rete fissa in rame appaia ormai più che matura e quella a banda larga ancora in là dal venire a causa degli ingenti investimenti necessari, se non per quanto riguarda il cablaggio di singole grandi città come Milano e Roma) la CdP sembra sempre più destinata ad agire da “fondo sovrano”, anche coinvolgendo (e quindi in parte limitando) eventuali fondi sovrani esteri, come sembrano prefigurare i recenti accordi col Qatar.

Al momento tuttavia sembra importante concentrarsi sui segnali positivi che finalmente giungono da Bruxelles (ossia da Berlino) dopo mesi di melina, tanto che come ha ricordato anche il commissario Ue al mercato interno, Michel Barnier, si può sperare di arrivare ad un’intesa sulle regole per arrivare ad una supervisione bancaria unica in tutta la Ue entro l’anno “se la volontà è sufficiente”. La volontà politica di Berlino, ovviamente, cui finora non andava troppo a genio di affidare ad altri il controllo delle proprie banche e che pertanto ha più volte frenato al riguardo. Problemi “insormontabili da risolvere sulla vigilanza giorno per giorno, sui poteri Bce e delle autorità nazionali, sull’equa partecipazione dei paesi euro e dei paesi non euro “ non ce ne sono, ha ribadito Barnier, come è chiaro che superare l’attuale frammentazione dei mercati non potrebbe che far bene anche agli istituti tedeschi. Chissà dunque che dopo le aperture su Grecia e Spagna la Germania non si convinca che l’ora di mostrare maggiore coesione è arrivata.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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