Ecco perché Fiom ha battuto Fiat in tribunale: violati due articoli della Costituzione
UPDATE 19.50 – La replica della Fiat: "Valuteremo impatto sulle strategia per l'Italia"- La Fiat minaccia di cambiare le sue strategie in Italia dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza in cui la Consulta diede ragione alla Fiom. L'azienda si riserva infatti "di valutare se e in che misura il nuovo criterio di rappresentatività potrà modificare l'assetto delle sue relazioni sindacali". In tal senso si chiedono certezze: "È necessario che, come anche la Corte suggerisce, il legislatore affronti rapidamente il generale problema della rappresentanza sindacale garantendo la certezza del diritto e l’uniformità dell’interpretazione normativa".
La Corte Costituzionale ha reso note le motivazioni della sentenza che il 3 luglio scorso dichiarò illegittimo l'articolo 19, primo comma, dello Statuto dei lavoratori, che di fatto consentiva la rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) ai soli sindacati firmatari del contratto applicato nell'unità produttiva. Il caso era stato sollevato dalla Fiom, che era stata esclusa dalla Fiat dall'Rsa. La consulta ha parlato di una vera e propria ferita all'articolo 39 della Costituzione "per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale". La norma dello statuto dei lavoratori, inoltre, viola anche l'articolo 3 della Costituzione, "sotto il duplice profilo della irragionevolezza intrinseca di quel criterio e della disparità di trattamento che è suscettibile di ingenerare tra sindacati".
La Corte Costituzionale il 3 luglio aveva sentenziato l'illegittimità dell'articolo 19 dello statuto dei lavoratori, in particolare nella parte in cui "non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda". La violazione del principio di uguaglianza rilevata dalla Consulta sta nel fatto che i sindacati, "nell'esercizio della loro funzione di autotutela dell'interesse collettivo, sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del loro rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentatività e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l'azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa".
La Consulta, inoltre, parla di una "forma impropria di sanzione del dissenso", in violazione dell'articolo 39 della Costituzione "che innegabilmente incide, condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati, mentre, per l'altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ‘ad excludendum'".